La strana storia del signor Prestige: squalificato per doping

DOPING | 12/10/2014 | 08:30
Ciclisti, preparatori, direttori sportivi, massaggiatori, medici. E pure parenti. Ma fino ai costruttori l'antidoping non era mai arrivato. Fino a venerdì scorso, quando il tribunale del Coni ha squalificato per 2 anni e 3 mesi Giancarlo Di Marco, amministratore delegato della Prestigio, azienda di biciclette con sede a San Marino.
Che ha fatto dunque questo signore da meritarsi una condanna così severa? Ha frequentato lo studio del medico riminese Vittorio Emanuele Bianchi, fulcro dell'operazione Anabolandia: una sessantina gli indagati tra cicloamatori, culturisti, tennisti, calciatori (c'è anche il preparatore del Cesena calcio) e sportivi vari per molti dei quali sta per scattare il rinvio a giudizio.

«A mio carico non vi era alcun addebito preciso, se non quello di essere un paziente del dottore che io ignoravo fosse inibito», spiega l'imprenditore. Difatti la giustizia ordinaria ha sollevato Di Marco da ogni responsabilità: «Ho subito una perquisizione domiciliare nel corso della quale gli inquirenti non hanno trovato assolutamente nulla, così come da tutte le analisi effettuate in quel periodo - dal 2007 al 2009 - non è mai emersa una mia positività a qualche sostanza dopante. Per questo, la Procura di Rimini, esaminati i fatti, non ha potuto far altro che stralciare il mio nome dall'inchiesta archiviando il procedimento a mio carico».

Dunque? «Il problema è che risultavo anche tesserato per una società ciclistica e per la giustizia sportiva andavo giudicato anche come atleta - prosegue Di Marco -. Questo passaggio è destituito di ogni fondamento logico, perché io in vita mia non ho mai vinto una corsa e non ho mai gareggiato con alcuna velleità agonistica. La mia attività cicloturistica si è sempre limitata a qualche pedalata domenicale con gli amici ed il profilo di 'atleta', al di là del tesserino, proprio non mi si addice».
 
In effetti basta dare un'occhiata a questo signore - non proprio filiforme - accanto a Michele Bartoli, testimonial delle biciclette Prestigio - un modello porta proprio il nome del campione toscano - per rendersi conto che se mai dovesse meritarsi la qualifica di ‘amatore', potrebbe essere più per affari di cuore che di sellino. “Non ho mai fatto il corridore e dunque questa squalifica mi priverà, al massimo, del piacere di qualche allegra pedalata fra amici - conclude Di Marco che in passato si è inventato una specialissima in carbonio per celebrare lo scudetto della Juventus -. Ma non riesco a capire per quale ragione la giustizia sportiva proceda in modo così miope, ignorando le indicazioni dell'ordinamento penale».

Emanuele Conti


L'IMPRENDITORE SI SPIEGA

«Mi sono rivolto al dottor Bianchi nel lontano 2005 per risolvere un mio problema personale e, in tutta onestà, ignoravo che lui fosse un medico inibito dal Coni. Nel 2007, nell'ambito dell'inchiesta 'Anabolandia', sono stato indagato dalla procura di Rimini assieme ad altre 70 persone. A mio carico non vi era alcun addebito preciso, se non quello di essere un paziente del dottor Bianchi.

Ho subìto una perquisizione domiciliare nel corso della quale gli inquirenti, come si evince dagli atti, non hanno trovato assolutamente nulla, così come da tutte le analisi effettuate in quel periodo - dal 2007 al 2009 - non è mai emersa una mia positività a qualche sostanza dopante. Per questo, la Procura di Rimini, esaminati i fatti, non ha potuto far altro che stralciare il mio nome dall'inchiesta archiviando il procedimento a mio carico.

Il problema è che risultavo anche tesserato per una società ciclistica e, dunque, per la giustizia sportiva, andavo giudicato anche come atleta. Questo passaggio è assolutamente destituito di ogni fondamento logico, perché io in vita mia non ho mai vinto una corsa e non ho mai gareggiato con alcuna velleità agonistica. La mia attività cicloturistica si è sempre limitata a qualche pedalata domenicale con gli amici ed il profilo di 'atleta', al di là del tesserino, proprio non mi si addice. Inoltre, dettaglio che dovrebbe già spiegare tutto, il mio tesseramento è avvenuto in un periodo successivo agli episodi contestati.

Mi sono comunque presentato ieri (vneerdì) davanti al tribunale sportivo per spiegare, per filo e per segno, l'esatta dinamica dei fatti, convinto che le risultanze della giustizia penale alla fine collimassero con quelle della giustizia sportiva. Invece - io che faccio l'imprenditore sette giorni su sette e che vado in bicicletta solo per diletto - sono stato giudicato come un atleta professionista e, dunque, la frequentazione di un medico inibito mi è costata una condanna.

Oltre a questo, benché non vi fosse alcun elemento probatorio che lo dimostrasse, la semplice frequentazione di un medico inibito, per la giustizia sportiva, prefigura la volontà - inequivocabile e contestuale - di alterare le proprie prestazioni atletiche con l'ausilio di sostanze dopanti e per questo, con l'imputazione di "tentato uso" (visto che l'uso non era dimostrabile), la sospensione è salita a due anni e tre mesi.

Ora, io non ho mai fatto il corridore e dunque questa squalifica mi priverà, al massimo, del piacere di qualche allegra pedalata fra amici. Ma non riesco a capire per quale ragione la giustizia sportiva proceda in modo così miope, ignorando le indicazioni dell'ordinamento penale.

Mi chiedo: per quale ragione avrei dovuto essere a conoscenza dell'inibizione del dottor Bianchi? E perché mi sarei dovuto porre il problema visto che mi ero rivolto a lui per un problema di salute e non certo per chiedergli sostanze dopanti?

Il giudice - che ha apprezzato la mia volontà a collaborare e, non a caso, non mi ha inflitto alcuna sanzione pecuniari accessoria - mi ha invitato a chiedere l'immediata sospensione della pena e, dunque, fra sei mesi, di questa assurda squalifica non resterà più nulla. Ma ciò non toglie che qualcosa, nell'ordinamento sportivo, non funzioni. E, forse, è giunto il momento di ragionarci un po' su».
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COMMENTI
Fate la vera lotta al doping e non cercate di mostravi inflessibili quando non serve.
12 ottobre 2014 17:37 Bastiano
Io mi chiedo, ma è possibile che ci si debba fare pubblicità sulle spalle delle persone che non centrano nulla? Questo sognore ha frequentato un medico inibito a livello sportivo, "quando non era un tesserato" ed oggi lo si squalifica?
Forse è il caso di capire cosa deve essere la lotta al doping, io credo che sia tutt'altra cosa!!!!!

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