Fabio Aru: da Bologna al Kazakistan pensando alla Vuelta
Fabio firma la maglia dell'Astana ai suoi tifosi
PROFESSIONISTI | 18/06/2014 | 07:36 «Mi mancava la mortadella: sarà almeno un anno che non ne mangio...». Ritornando alle sue radici bolognesi, Fabio Aru non si nega nulla: nè l’affetto di chi l’ha visto nascere come ciclista e oggi se lo gode come rivelazione del Giro d’Italia, nè l’affettato. «In queste due settimane di riposo ho messo su altrettanti chili, ma farò in fretta a smaltirli: è già tempo di rimettersi al lavoro», confessa il sardo fra i piatti del Tramvia, che per questa sua tappa nel passato gli ha preparato un menu a tinte rosa.
A Casalecchio, che sette anni fa diventò il suo trampolino per il ciclocross e poi per la strada, Aru spunta intorno a mezzogiorno. ‘Vengo a trovarvi oggi’, si era annunciato di buon mattino ad Andrea Cevenini, il gioielliere che gli ha fatto da tecnico alla Ccv, da manager e un po’ da secondo padre nel viaggio che l’ha portato dall’anonimato al podio rosa. Una promessa mantenuta, trasformatasi in fretta in una convocazione alla quale, fra l’aperitivo nello storico Caffè Margherita e il pranzo, hanno risposto una trentina fra amici e dirigenti, il sindaco di Casalecchio Massimo Bosso, l’organizzatore Adriano Amici, Paolo Malini e il glorioso diesse PrimoFranchini. Oltre all’intera famiglia Cevenini, con Andrea, il fratello Mirco e i genitori Bruno e Albertina. «Mi fa piacere vedere come vengo accolto ogni volta che torno qui», dice Fabio annusando gli odori della sua ‘seconda casa’, più familiare del solito per la presenza di uno zio trasferitosi a Bologna per lavoro.
«Ma che scherzo ci hai fatto al Giro?», gli dice Mauro Ventura, il titolare del ‘Margherita’ dove Aru transitava spesso, per le colazioni e anche per firmare i primi contratti. «Spero di farvene presto uno più grosso», sorride l’uomo nuovo del Giro, rievocando i tempi in cui, studente in Sardegna, faceva base qui nei fine settimana per andare alle gare di cross in Svizzera o in Repubblica Ceca, o semplicemente per allenarsi dietro il motorino di Cevenini nel freddo della via Emilia.
«AL GIRO ho sorpreso anche me stesso perchè non sapevo cosa potevo fare. Ma è un risultato che non è nato per caso: mi sono allenato bene, ho trascorso l’inverno giusto — racconta Fabio, al quale Cevenini ha regalato il suo orologio personale con la dedica ’Monte Campione’ riferita alla tappa vinta dal sardo — Il dopo Giro è stato faticoso per i tanti impegni (oggi volerà con la squadra in Kazakistan e tornerà lunedì ndr), ma a luglio abbasserò la saracinesca e penserò solo alla bici: mi aspettano il giro di Polonia e soprattutto la Vuelta, oltre all’Emilia. Voglio chiuder bene la stagione». Se lo farà sul San Luca, mortadella per tutti.
da «Il Resto del Carlino» del 18 giugno 2014 a firma Angelo Costa
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