PIVA. «La corsa è corsa...»

GIRO D'ITALIA | 16/05/2014 | 11:07
Valerio Piva, tecnico della BMC, si è trovato a dover rispondere a diverse accuse, stamattina, Lo abbiamo incontrato e ne abbiamo raccolto i pensieri, espressi con la pacatezza che gli è consona: «La corsa è corsa, questo è il ciclismo. Ieri noi eravamo davanti quando si è verificata la caduta, i ragazzi stavano svolgendo al meglio il loro lavoro e non hanno capito quello che era successo. Certo, hanno sentito il rumore di sferragliamento, ma non è che ti fermi ogni volta che qualcuno cade. Fasi concitate, un caos incredibile: al massimno spetta ai giudici fermare la corsa, i corridori devono fare il loro lavoro».
E ancora: «Cadel sta bene, la squadra è compatta attorno a lui ma il Giro è ancora lunghissimo e tutte le difficoltà sono ancora da affrontare. I nostri avversari? Nell'ordine ora metto Quintana, Uran e Scarponi. Sì, anche Michele, che è corridore di esperienza come Cadel e con tutte le salite che ci aspettano può fare davvero la differenza».
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COMMENTI
La corsa è corsa...
16 maggio 2014 13:12 Bartoli64
...come la sportività e la signorilità sono patrimonio che non possiedono tutti.

Il nocciolo della questione? E’ che valgono tutte e due le considerazioni (cioè anche che “la corsa è corsa”).

Ieri, purtroppo, la maxi-caduta ha provocato ritiri e lesioni (anche abbastanza gravi) tra i corridori, e questo ha contribuito certamente ad inasprire ancor di più i toni della polemica, anche se c’è da dire che la BMC è stata assolutamente coerente con quanto accaduto nello “sciopero” di Bari, al quale non avevano preso parte e lo stesso ha fatto ieri nel proseguire la sua gara.

C’è però da dire, oltre a tutte le cause di natura tecnica che hanno provocato l’incidente, che nel gruppo non sembra esserci una gran solidarietà tra corridori (e men che meno c’è tra manager e tecnici delle squadre).

Ma è un po’ quello che dicevo ieri, un circo con le dimensioni di un paese che viaggia, dove spesso si ragiona sul “mors tua vita mea” e questo con buona pace dell’internazionalizzazione che il ciclismo ha conosciuto dalla fine degli anni ’90 ad oggi.

Così quello sport che, probabilmente non a torto, veniva una volta tacciato di “provincialismo” nelle mentalità e nei modi di chi lo praticava e lo amministrava, non certo da oggi si scopre ugualmente provinciale (o spietatamente agonistico a seconda di come lo si vuol vedere).

Bartoli64

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