Mosole: «Il velodromo per far ripartire l'economia»
PISTA | 30/01/2014 | 12:40 «Mollare mai». Remo Mosole, il giorno dopo aver vinto la sua personalissima, infinita e cruenta battaglia per il Velodromo, ha un'impennata di orgoglio. Aggiunge: «Siamo finalmente a livello di australiani, inglesi, francesi, tedeschi, giapponesi...». Ovvero: finalmente avremo il secondo velodromo coperto italiano., E questo sarà un impianto da cinque-seimila posti, tanta roba .La soddisfazione del re della ghiaia è giustificata. Lui, privato, ha sconfitto il progetto presentato da un pool sportivo come quello di San Vendemiano, capitanato dall'ex onorevole Guido Dussin. Il quale ironizza: «Non so chi gliel'ha passato, ma hanno copiato il progetto eliminando, per ora, le parti multifunzionali. Io non mi rammarico di nulla, in bicicletta sono sempre andato a pane ed acqua e quel che ho fatto per il nostro progetto lo so io».
Mosole intanto guarda avanti: «Bisogna che sappiamo guardare avanti e capire che il futuro del nostro territorio passa anche attraverso queste cose: turismo, sport, promozione a tutto tondo. Le Bandie possono diventare un punto di riferimento importante in questo senso, una realtà a livello internazionale, di cui essere fieri». Quella che era una ferita del territorio, ovvero una cava di ghiaia, ora è diventata molte altre cose e Mosole lo rivendica e ribadisce: «Acqua, sport, salute, ciclismo, ristorazione, svago. Le Bandie sono questo e, per assurdo, vengono apprezzate più dagli stranieri che dai trevigiani».
Di fatto, ghaia ed edilizia stanno vivendo un momento particolarmente difficile. «Mi sto inventando un altro mestiere - dice Remo Mosole - e questo a testimonianza del fatto che non siamo gente che si lascia abbattere. È dal 1978 che l'Italia ha cominciato a camminare con il passo del gambero, Se un operaio mi costa 57 mila euro e 32 finiscono allo Stato, c'è qualcosa che non quadra o no? Con i 22-23 che gli restano dovrebbe rilanciare i consumi? Ma va'».
Una volta aggiudicatosi il velodromo, ora Mosole deve fare in modo di "mantenerlo". «Intanto c'è la Mapei, poi ci sono altri imprenditori e altre aziende che volentieri si faranno coinvolgere. Bisogna guardare con fiducia al futuro e questo impianto sarà anche altro, non solo velodromo. È una scommessa in cui credo».
Antonio Frigo
TITOLO: Tra pose della prima pietra e riunione definitive
Tra pose della prima pietra e riunioni definitive, il cosiddetto Velodromo di Treviso detiene un triste record. Qualcuno dice addirittura che sarebbe bene - qualora venisse realizzato - chiamarlo La Pista delle Favole. Se ne parlava ancora nel 1984, prima del mondiale sul Montello, quando la Spa Mondiali 85 proclamò che, fossero avanzati soldi, sarebbero stati usati proprio per costruire l'anello coperto «di cui l'Italia ha bisogno». Da allora si susseguirono le amministrazioni comunali, le presidenze Fci e i governi del Coni. Ognuno si fece bello del velodromo, senza però - particolare irrilevante - mai costruirlo. Ci fu anche chi depose la prima pietra a Monigo, chi illustrò l'area San Giuseppe (con tanto di infrastrutture di supporto), ma non mancarono le indicazioni non perfettibili sul terreno di San Vendemiano. Si fece viva anche Silea, forte di un casello autostradale (a volte basta), si lustrarono i baffi capi politici e sportivi, nonchè imprenditori che sentivano profumo di urbanizzazioni e calcestruzzi vari. Furono presentati svariati progetti, di cui uno, memorabile, a nido d'ape, che fu così tanto "visto" da sembrare cosa già fatta. Intanto nasceva, con sponsor trevigiano, il velodromo di Montichiari. Nel frattempo qualcuno provò a sollevare un dubbio: quanto costava tenere in funzione un impianto del genere? E chi, privato o associazione, si sarebbe assunto a cuor leggero questo onere? Tutti usarono la stessa parola: polifunzionalità. Sarà, ma i tempi son grami. Il Nordest non è la Puglia, certo, ma che non sia come il velodromo mondiale di Monteroni (1976), ora ridotto a rudere. (a.f.)
Titolo: Bocche cucine sul fronte sanvendemianese
Delusione e bocche cucite sul fronte sanvendemianese. L'ex parlamentare leghista Guido Dussin cullava da molti anni il sogno di portare il velodromo nella località vicina a Conegliano, dove il ciclismo è religione e i praticanti non si contano. Era stato fautore del noto emendamento alla finanziaria 2007 (governo Prodi), finalizzato alla realizzazione di un anello per la pista nel Trevigiano. Ma il Consiglio federale ha valutato diversamente. Quanto all'eventualità di un ricorso, al momento non trapela nulla. Il progetto di San Vendemiano è stato presentato dalla costituenda Ati, associazione che avrebbe inglobato anche Imoco Volley e Velo Club San Vendemiano. L'inserimento del club di Piero Garbellotto era legato all'opportunità di far convivere nella nuova struttura ciclismo su pista e pallavolo: per beghe pregresse, le "pantere" si esibiscono al Palaverde e non alla Zoppas Arena, già casa dell'ex Spes. L'area individuata corrispondeva a un'ex polveriera dell'esercito e non sarebbero servite bonifiche: metratura 30mila mq. L'impianto polifunzionale avrebbe garantito 3500 posti e sarebbe stato realizzato nei pressi d'importanti arterie infrastrutturali, fra cui il casello autostradale. Il progetto preliminare era stato già approvato e prevedeva un costo di circa 24 milioni di euro. Nel piano economico finanziario, il periodo di gestione sarebbe stato di 50 anni. «La scelta è stata difficile, perché entrambe le proposte erano valide», commenta Renato Di Rocco, presidente della Federciclo, «Ma è prevalso l'indirizzo della maggiore vocazione ciclistica, il complesso delle Bandie era già noto per il cross e le altre attività sportive. Questa decisione è un fatto storico, per l'Italia e non solo: dal danneggiamento del Vigorelli (dopo la nevicata del 1985, ndr), eravamo isolati dal mondo. Il nuovo velodromo potrà ospitare le massime competizioni: dovrebbe essere costruito e utilizzabile entro due anni». (m.t.)
da «La Tribuna di Treviso» del 30 gennaio 2014 a firma Antonio Frigo
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