Alex DOWSETT. 9. L’ex portacolori del team SKY porta al trionfo la Movistar. Corsa regolare, in perfetto stile cronoman: parte forte e finisce fortissimo.
Vincenzo NIBALI. 9. La prima parte, quella che più gli si addice, la sfrutta a regola d’arte. Solo nel secondo tratto, quello più di potenza, paga vistosamente dazio, poi recupera e mette il pilota automatico.
Bradley WIGGINS. 6. Appena sufficiente solo perché lui è un fuoriclasse nell’esercizio della cronometro. Prima parte da 4, dove evidenzia in maniera smaccata le sue insicurezze in discesa (e meno male che la pista dà il colpo d’occhio e una tecnica sopraffina…). Parte a razzo, prende Di Luca e poi scende a spazzaneve anche su strade asciutte. È costretto anche a cambiare bicicletta e perde secondi preziosi che gli avrebbero consentito di vincere almeno la tappa. In ogni caso, poi, va in crescendo, dimostrando di avere in salita una gamba più che buona. Vincenzo è avvertito.
Cadel EVANS. 7. Parte molto bene, poi cala vistosamente, anche se nel terzo tratto fa registrare il miglior tempo. Negli ultimi tre chilometri, di salita, l’australiano fa registrare il miglior tempo e rifila 5” a Wiggins, 9” a Scarponi, 18” a Gesink, 24” a NIbali e 33” a Hesjedal.
Ryder HESJEDAL. 4. Ha davanti a se la grande occasione rosa, se la fa sfuggire, disputando una crono vistosamente sotto le sue possibilità.
Michele SCARPONI. 9. Era dato da tutti come superbattuto, invece si batte come un leone, tirando fuori risorse che pochi conoscevano. Assieme a Nibali, è davvero la grande sorpresa di giornata.
Robert GESINK. 7. L’olandese volante finalmente vola. Chiude con l’11° tempo: Nibali dovrà fare i conti anche con questo olandesino della Blanco che generalmente finisce in bianco.
Michele ACQUARONE. 5. Lui e il suo staff stanno facendo molto bene. Però c’è un però. Sul traguardo di Margherita di Savoia ho provato un brivido scorrere alla schiena. Ho avuto un sussulto. Forse non tutti hanno potuto riconoscere chi ha vestito la maglia rosa a Luca Paolini. Pochissimi se ne sono accorti, ma qualcuno, come il sottoscritto, l’ha notato e ce l’ha anche segnalato. Sul palco è salito nella veste di responsabile del comitato di tappa Ruggiero Torraco, ex professionista con qualche disavventura di doping, successivamente grande accusatore e moralizzatore (a Striscia la Notizia ha regalato le sue verità) del mondo della bicicletta. Oggi ce lo danno promotore finanziario (qualche anno fa è stato anche sospeso “per due mesi in via sanzionatoria dall'albo dei promotori Finanziari”, si legge nel sito della Consob). Insomma, lui moralizza, ma forse non ha tanto da insegnare. Insomma, non la figura migliore per una premiazione. Però il problema non è lui che è salito sul palco, ma chi gliel’ha permesso.
SALTARA. 10. Ormai non è più una novità, ma una dolce e rassicurante consuetudine: arrivi a Saltara e vieni accolto, coccolato, rassicurato. Qui il ciclismo è religione e l’amicizia è una ragione di vita. Basta dire: sono del Giro. Ed entri a far parte della comunità animata dalla Polisportiva Omicioli (quest’anno 90 anni, auguri!) di Alighiero Omicioli e Sabino Pellegrini. Da Gabicce Mare (voto 8) a Saltara: è tutto un fiorire di drappi, palloncini, stendardi e fiocchi rosa. Passi da queste parti e vai in un “brodetto” di giuggiole…
Philippe BRUNEL. 7. Inviato de «L’Equipe», ci confida: «Amo il ciclismo della tradizione, della storia e del racconto. Amo incontrare i corridori, raccogliere le loro storie, anche se oggi non è più come qualche anno fa. La differenza la fa lo spirito anglosassone, meno generoso, più chiuso e diffidente. Wiggins non m’incatena il cuore, è un corridore che non trasmette niente e niente da. Oggi si è passati dal francese all’inglese, si è passati dalla lingua del racconto a quello del business, degli affari. Si parla tanto del patrimonio del ciclismo, ma prevale il patrimonio: inteso come capitale. È giusto guardare al mondo, rendere universale questo sport, mondializzare, ma i team di lingua anglosassone dovrebbero capire che la forza del ciclismo è tutta racchiusa nella strada, loro però preferiscono rinchiudersi nei motorhome. Così il ciclismo perde la sua specificità. La sua riconoscibilità».
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