Evans: «Sì, correrò il Giro, la corsa che ho nel cuore»
PROFESSIONISTI | 30/03/2013 | 13:37 Gli indizi sono sul tavolo del soggiorno. Il primo è il programma del Giro d'Italia 2013 tappa per tappa. Il secondo è la maglia rosa con la grande scritta Mapei al centro che indossò, per un giorno, nell'edizione 2002. Così l'annuncio del padrone di casa — Cadel Evans — arriva di conseguenza e toglie i dubbi che erano naturalmente venuti all'ingresso in casa: «Sì, parteciperò al Giro. E lo dico subito, non vengo certo per allenarmi, ma per tornare al mio massimo livello». L'unico rumore che rompe la pace di Stabio è quello della pioggia che non la smette più di cadere. Evans finisce di addentare una mela e si prepara il caffè sotto il vigile sguardo della cagnolina Molly. La moglie Chiara Passerini e il figlioletto Robel torneranno più tardi e allora il re del Tour de France 2011 comincia a spiegare dettagliatamente, in anteprima alla Gazzetta dello Sport, che cosa lo ha portato a prendere questa decisione a sorpresa.
Evans, lei aveva detto che avrebbe puntato il 2013 sul Tour. Come e perché è arrivato il cambio di programma? «Me lo ha cominciato a proporre la Bmc il giorno prima della Milano-Sanremo. Il team manager Jim Ochowitz e non solo. In pratica il mio 2012 era finito proprio con la delusione del Tour (7°, ndr). Ho partecipato all'Olimpiade, mi sono ritirato al Giro del Colorado. Basta. E' venuta questa idea allora di aggiungere al programma una gara importantissima come il Giro d'Italia. Ci ho pensato e ho detto sì. Mettere nelle gambe più giorni di corsa non mi farà male. Anzi».
Ma significa che non farà il Tour, allora? «No, farò Giro e Tour. Adesso andrò in ritiro. Poi parteciperò al Giro del Trentino, probabilmente alla Liegi-Bastogne-Liegi e conto di essere pronto per il via di Napoli. Come vede (indica il programma delle tappe, ndr) ho già cominciato a studiare...».
Con quali ambizioni viene al Giro? «Non certo per allenarmi. Voglio tornare al mio massimo livello. So che molti sono scettici, perché ho già compiuto 36 anni, ma fa nulla. Non posso pretendere di essere il favorito, un ruolo che si divideranno, sulla carta, Wiggins e Nibali. Ma spero di essere un forte outsider. Un "underdog", come si dice in inglese e come spesso sento dire anche in Italia ormai. Questa maglia rosa del 2002 non l'ho messa in un quadro perché ne vorrei altre...».
Da quel Giro d'Italia sono passati undici anni, ma il ricordo dell'edizione 2010 è molto più fresco. Che cosa le è rimasto dentro? «Un'altra maglia rosa, innanzitutto, anche in quel caso indossata soltanto per un giorno (dopo la seconda tappa, ndr). La vittoria di tappa di Montalcino in maglia iridata. Spettacolare. Stavo andando fortissimo e sì, pensavo alla vittoria finale».
Cominciarono però le dolenti note a quel punto... «Ricordo che il giorno in cui vinse Goss (Cava de' Tirreni, nona tappa, ndr) diluviava e l'acqua mi entrava dappertutto. Arrivai in camera che ero finito, non avevo neppure la forza di cambiarmi. E due tappe dopo, mi svegliai con la febbre. Era il giorno che sarebbe diventato famoso per la fuga-bidone verso L'Aquila, e in squadra mi consigliarono di non partire. Tra l'altro, ancora acqua tutto il giorno. Dovevano essere 260 chilometri ma sul mio computerino della bici ne furono di più... Non lo dissi apertamente, ma avevo capito che non potevo essere più competitivo per la rosa finale. Strinsi i denti sullo Zoncolan (quando perse il duello con Basso, ndr). Alla fine, quinto. E l'orgoglio di avere concluso la corsa comunque».
E che cosa gliene pare del Giro 2013? Quanto lo ha già studiato? «Mi pare più equilibrato di quello di tre anni fa. Le tappe al Sud non penso che saranno facili. La cronometro di 55 chilometri sembra fatta per Wiggins, ma mi pare di capire che non sia piattissima. Il Galibier lo conosco bene. Altre montagne come il Montasio, no. Ma spero che la partenza di Napoli arrivi il prima possibile e sa perché?».
Dica pure. «Perché io amo il Giro d'Italia. E, glielo assicuro, non vedevo l'ora di tornarci».
Come giudica finora il suo 2013? Le indicazioni sono state contrastanti. «E' vero, perché in Oman per esempio sono andato piuttosto bene. Alla Tirreno-Adriatico e al Criterium International invece non tutto è andato bene, ma in ogni caso non sarei stato al livello dei migliori. Non me ne preoccupo troppo comunque. Quando vinsi la Tirreno (2011, ndr) il percorso era molto diverso. Fare una salita lunga oltre 14 km come Prati di Tivo a marzo cambia parecchio le cose. Io dovrò essere pronto più avanti e non ho dubbi che lo sarò».
da «La Gazzetta dello Sport» del 30 marzo 2013 a firma Ciro Scognamiglio
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