L'INTERVISTA. Fanini: Armstrong? Lo dicevo da tempo...
| 12/10/2012 | 12:17 L'Usada (agenzia statunitense antidoping) ha pubblicato il dossier su Lance Armstrong. Oltre duecento pagine in cui sono raccolte tutte le accuse mosse dallo sport americano a uno dei suoi campioni più importanti. Sono in bilico tutti i suoi successi dal 1998 in avanti, a partire dai sette Tour de France vinti consecutivamente dal 1999 al 2005. In queste pagine ci sono ventisei testimonianze giurate, comprese undici di ex corridori della US Postal, per svelare con prove “conclusive ed innegabili” quello che l'Usada definisce “il doping di squadra più sofisticato, professionale e riuscito mai visto nella storia dello sport”. Ovviamente al cuore di questo sistema c'era il campione sopravvissuto al cancro. L'Usada ha ringraziato gli ex compagni di squadra di Armstrong, coraggiosi “a fare la scelta di smettere di avallare questa frode”. Oltre alle testimonianze, nel dossier si possono trovare anche prove finanziarie del doping di squadra alla Us Postal, e-mail, analisi e risultati di laboratorio che dimostrerebbero anche come Armstrong fosse dopato durante le vittorie dei suoi sette Tour de France. Per commentare queste vicende, abbiamo sentito Ivano Fanini, che con la sua squadra “Amore & Vita” è padalino della lotta al doping nel ciclismo: la sua appassionata analisi va ben oltre il singolo caso. Intervista in esclusiva per IlSussidiario.net.
Fanini, come commenta la vicenda di Lance Armstrong? «Io sono contento, sono anni che dico queste cose su Armstrong... Sono contento perché sono la persona che più di tutte si è esposta per la lotta al doping nel ciclismo. Inoltre, noi come italiani possiamo essere orgogliosi del fatto che tutto questo è venuto fuori grazie ai Nas, a partire da quelli di Firenze».
L'Italia è all'avanguardia nella lotta al doping? «Sì, perché c'è stato qualcuno che ha fatto venire fuori il marcio. I Nas nel ciclismo li ho portati io denunciando tutto quello che non andava. Hanno fatto un bel lavoro, anche se mi dispiace che tanti corridori ci abbiano rimesso. Ma è il prezzo che bisogna pagare per avere un ciclismo più pulito. Però bisogna stare attenti, perché la strada da fare è ancora lunga: ci sono tanti corridori che ancora ricercano nuovi prodotti, e la ricerca deve sempre inseguire chi fa il furbo...».
Il ciclismo oggi è meglio di allora? «La situazione è migliorata, anche se le medie sono sempre troppo alte. Chi vuole andare avanti barando, una strada la trova sempre. Il miglioramento è dovuto ad una sola cosa: tutti i più grandi campioni sono stati beccati. Questo farà riflettere la nuova generazione, che spero capisca che si deve gareggiare puliti, come minimo perché si ha la certezza che - se si bara - prima o poi si viene scoperti... E la vicenda di Armstrong insegna che si può venire smascherati anche dopo la fine della carriera».
Quindi questa vicenda può avere anche un valore educativo? «Certamente sì, anche perché verrà ricordata per sempre nel mondo del ciclismo e dello sport. Togliere sette Tour de France a uno dei personaggi più famosi dello sport mondiale farà storia e verrà ricordato anche quando noi che ci siamo oggi saremo tutti morti... Quindi spero proprio che sia di monito e di insegnamento per tutti. Mi dispiace solo che tutto questo poteva succedere già nel 1996...».
Il mancato blitz alla partenza del Giro d'Italia? «Esatto. I Nas di Firenze erano pronti a bloccare a Brindisi la nave in partenza verso la Grecia con tutta la carovana (quell'anno il Giro partiva da Atene per celebrare il centenario delle Olimpiadi, ndR). Se quell'operazione fosse andata in porto, saremmo stati molti anni avanti nella lotta al doping: si sarebbe scoperto in fallo l'intero gruppo e avrebbero dovuto esserci cambiamenti radicali e immediati. E magari si sarebbero salvate le vite di alcuni corridori che sono morti, compreso Pantani...».
E invece? «Purtroppo la Lega Ciclismo e gli organizzatori fecero saltare la retata e impedirono di fare una pulizia drastica. Gli interessi in ballo erano troppo grandi, ma il ciclismo avrebbe potuto cambiare totalmente già 16 anni fa».
Potrebbe succedere ora? «Speriamo di sì. Speriamo che tutti capiscano che si deve correre puliti, ma se allora si fosse bloccato tutto il Giro d'Italia l'impatto sarebbe stato ancora più forte. Senza contare tutti i casi che ci sono stati da allora in poi – e naturalmente quando li beccano tutti professano di essere innocenti... Anche sul caso degli “uomini in nero” che andavano dal dottor Ferrari avevo ragione io. Bertagnolli alla Usada ha confermato che per andare da lui i corridori si vestivano in nero: bugie non ne ho dette, anche se poi magari non so esattamente chi andava da lui e chi invece si allenava solo insieme a questi ciclisti coinvolti».
Quindi è anche una soddisfazione personale per lei? «Sì, io ne sono contento. Facendo la guerra al doping credo di avere dato un contributo importante a far cambiare in meglio il ciclismo rispetto all'immobilismo dei tempi di Verbrugghe. Io sono uscito dall'omertà e sono stato isolato da tutti».
Questa battaglia le è costata molto? «Ho fatto 16 Giri consecutivi e abbiamo sempre vinto qualcosa. Poi, per la carità, anche i miei corridori potevano essere coinvolti: ma quando ho beccato un mio corridore in fin di vita per emotrasfusioni che si faceva da solo in camera, ho cambiato vita totalmente anche a costo di uscire dal giro del grande ciclismo. Sì, sono soddisfatto per quello che sta succedendo».
Si dovrebbe ripartire da zero? «Sarebbe la cosa migliore. D'altronde, in ogni settore della vita umana c'è chi bara, chi vuole diventare più ricco, più potente, più famoso, più bello, più forte... Bisognerebbe cambiare il cuore degli uomini, più che il ciclismo».
Lei è ottimista? «Più se ne parla, meglio è. Io credo che le cose possano cambiare: questa è una grande vittoria dello sport pulito su chi vuole bluffare e pensa di averla fatta franca. Invece la giustizia può arrivare anche dopo anni: e speriamo che questo convinca anche i tanti Riccò che ci sono nel mondo del ciclismo. Lui ha pagato, ma ce ne sono ancora tanti in giro...»
Bè il Sig. Fanini Ivano dopo aver in continuazione sparato invano, stà ottenendo una risposta a tutto, il mosaico si stà ricomponendo, lentamente tutti dobbiamo dargli ragione per le sue battaglie.
Avendo avuto il piacere di conoscerlo e parlargli , sembrava impossibile che un vero appasionato di ciclismo come lui e non un mercenario come molti invece ci sono in questo sport, sparasse a tutto e a tutti.
Confermo
12 ottobre 2012 13:54Bufalino
Confermo, Fanini mi ha detto più volte di Armstrong e di averne assoluta certezza. Il lavoro dell'Usada è finalmente riuscito a smascherare Lance.
Michele Bufalino
repulisti
12 ottobre 2012 13:57Bario75
Doveva essere beccato anni fa.. meglio tardi che mai. Grande Fanini, è giusto che se ne parli, e che adesso ci sia un altro repulisti generale.
Marco
GIUSTO!
12 ottobre 2012 14:00passion
Non entro nel merito dell'impegno di Fanini nella lotta al doping, perchè non ne conosco bene la storia, ma credo che gran parte di quello che sostiene nell'articolo sia da tenere in grande considerazione. LA LOTTA E' DURA MA NON CI DEVE FAR PAURA. BASTA IPOCRISIA A COMINCIARE DALL'ALTO E PIU' TUTELA PER I NOSTRI RAGAZZI.
ARMSTRONG : IL CICLISMO HA UN ALTROFASCINO e Fanini ha fatto una bella intervista
12 ottobre 2012 19:55renzobarde
ARMSTRONG : un pseudo corridore
Tutto quel che dice Ivano Fanini è vero e sacrosanto. Ineccepibile. Emerge che decenni di storia del ciclismo vanno riscritti : e tutti i giornalisti del ciclismo dovrebbero farsi un po’ di esame di coscienza. Chi ha mai scritto che Armstrong, il corridore di una sola corsa all’anno ( il Tour de France ) NON poteva né doveva essere considerato un corridore credibile ? Presto ripubblicherò il mio libro “Mondo doping”(Editore Bradipo Libri) nel quale contestavo Armstrong come “non corridore”….per ovvii motivi. Il fascino del ciclismo è nato con l’agonismo da febbraio a ottobre :non onorato quindi da chi si limitava a gareggiare ( dopato !) per 20 giorni all’anno.
L’intervista bella e motivata di Ivano Fanini è una piccola perla da incastonare tra i suoi meriti ( di uno sponsor che ha dovuto accettare di gareggiare ma di non vincere più le classiche….) Renzo Bardelli- Pistoia
Andrea
13 ottobre 2012 04:21AndreaTino
Non se ne può più di certi giornalisti e media "schierati" in favore di corridori dopati. Dovete capirlo, l'informazione non è quello che vuole la gente, è dire la verità, anche a costo di essere scomodi. Imparate dal direttore Stagi, da Fanini, Bufalino, Capodacqua, Bardelli e tutti quei giornalisti e personaggi del mondo del ciclismo che si impegnano fermamente per combattere le magagne che ci circondano.
Andrea
intervista interessante
13 ottobre 2012 10:02pietrogiuliani
Complimenti al sig. Mantegazza per l'intervista. Penso infatti che oggi ci siano ancora troppi giornalisti "corrotti" dal sistema che si guardano bene di scrivere certe cose che potrebbero danneggiare i "potenti" del ciclismo. Pertanto un plauso anche a chi ha il coraggio di fare interviste di questo genere. Tuttavia sarei stato curioso di chiedere ad Ivano Fanini cosa ne pensa di ex tecnici e manager che proprio a causa del doping (o comunque in parte a causa di questo) sono finalmente spariti dalla circolazione (vedi Ferretti, Pevenage, Saiz, ecc.) e altri che invece presto ne usciranno proprio come Bruyneel e forse anche Rjis (se le accuse di Hamilton si dimostreranno veritiere).
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