DA LA GAZZETTA. Petacchi: «Ancora due anni a grandi livelli»
| 30/10/2011 | 11:19 Alessandro Petacchi ci accoglie a pranzo, tra un test e l'altro al
Centro Mapei. Una pizza margherita, una birra media e un caffè.
Alessandro parla, spiega, racconta. E' il «fratello» sorridente di
Alejet, quello conosciuto alle corse.
Petacchi cominciamo dal 2011. Che stagione è stata? «Insomma...
Non sono molto contento. Sono arrivato troppe volte secondo: sei (e
sette volte 3°; ndr). Non è facile perché ero abituato a vincere».
Programmi per il 2012? «La
Lampre mi ha chiesto di cominciare in gennaio al Down Under, in
Australia, e io ho storto un po' il naso. Vedremo, ma potrebbe essere.
Intanto dopo il ritiro di Boario (dal 4 al 7 dicembre; ndr) partirò per
due settimane di allenamento a Maiorca. Ha organizzato Hondo e spero
venga qualche altro compagno. Forse prima passerò dal chirurgo per
farmi togliere una verruca alla mano destra».
Obiettivi? «Sempre
i soliti, vincere il più possibile. In questo ciclismo contano solo i
punti e se voglio continuare un paio d'anni ad alto livello li devo
fare anche a costo di spostamenti lunghi e faticosi. Dovrò studiare
bene il calendario e vedere dove posso raccogliere più punti possibile.
A questi aggiungerò come momenti clou Sanremo, Gand e il Fiandre. Poi
ci saranno Giro e Tour ma dovrò fare delle scelte. Se vincere una corsa
minore porta più punti che una tappa al Giro potrei andare a fare
quella».
Intanto la squadra s'è attrezzata per aiutarla. «Viganò
l'ho voluto io perché è giovane ma ha già esperienza. In più avrò
Cimolai e forse Ongarato, che potrebbe fare il regista del mio treno.
Del resto Hondo è fortissimo, il migliore nel suo ruolo, ma da solo non
può fare tutto».
Che ne pensa di Cavendish in maglia iridata? «Meglio
che abbia vinto lui che Goss: ora se batterò di nuovo Mark, batterò il
campione del mondo, una soddisfazione in più. Voglio quella foto».
Il 3 gennaio compirà 38 anni, chi glielo fa fare di continuare? «A volte me lo chiedo anch'io. Credo la passione. Io faccio questo sport con una serietà totale, al 110%».
Chi sono i suoi eredi? «Non
mi pare ci sia in gruppo qualcuno che tecnicamente mi somiglia, che ha
la mia progressione. Guardini è uno sprinter, del tutto diverso da me:
ha una punta di velocità altissima, ma in salita va veramente piano.
Viviani non ha quella punta, ma è più completo: Se cresce ancora
diventa un grande».
Nel gruppo chi la conosce bene ha un'enorme stima di lei. Perché? «Credo
e spero per l'uomo che sono, più che per l'atleta. Non so se oggi sia
un pregio o un difetto, ma sono molto buono. Forse a volte troppo e
questo mi ha portato qualche delusione. Cerco di tutelarmi, di
difendermi, ma non sempre ci riesco. La cosa che mi ammazza è l'invidia
degli "amici"».
Un corridore è un po' zingaro. In questa stagione senza corse, invece, sta molto tempo a casa. Come vive questo periodo? «Mi
piace e mi stanca. Mio figlio (3 anni e mezzo, ndr) è iperattivo, una
belva, una macchina da guerra. Io ci sono poco, quindi questi giorni li
vivo intensamente. Però stare un pomeriggio con lui è più faticoso che
una tappa di cinque ore al Tour. La tata non gli parla in italiano, ma
in russo e in inglese. Lui risponde in italiano ma capisce tutto alla
perfezione».
Alessandro junior ha già iniziato con la bicicletta? «Ci è salito, ma dice che non funziona. Forse è più intelligente del papà».
da «La Gazzetta Sportiva» del 30 ottobre 2011 a firma Claudio Ghisalberti
Cosa dire, un grande uomo ed un grande professionista!
Credo che con molti Petacchi avremmo un ciclismo molto migliore, ha subito delle grosse ingiustizie e non si e' mai lamentato piu' di tanto. Ai giovani prof. di belle speranze dico di non sentirsi delle star, dopo una o due belle stagioni ma di prendere questo atleta come esempio.
30 ottobre 2011 13:15lele
Un'atleta serio cerca compagni seri e affidabili. Ottima scelta. Bravo Peta.
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