WEYLANDT. La lettera di Marco Cattaneo

| 10/05/2011 | 17:40
Abbiamo ricevuto questa lettera scritta dall'ex professionista ed ex presidente dell'ACCPI Marco Cattaneo. Ve la proponiamo

Quando parte il Giro o si corre il Tour, il televisore nel mio ufficio rimane acceso tutto il pomeriggio.
Il volume è a zero, e mi spiace non sentire le voci ed i commenti dei miei “ex soci” Davide Cassani e Sivio Martinello, ma solo così posso continuare a lavorare.
Lo sguardo, ritmicamente va alla corsa, in attesa di scoprire il momento decisivo della gara.
Quando ieri ho visto il ragazzo a terra (non lo conosco personalmente, e mi va di chiamarlo così uno di 26 anni) ho sentito improvvisamente la pelle raffreddarsi.
Anche per chi come me non ha una gloriosa carriera alle spalle, ma tanti chilometri nelle gambe ed anni passati in bici, bastano pochi istanti per capire che in quel momento, nella discesa del passo del Bocco si stava consumando una tragedia.
Sedici anni fa ero seduto sulla stessa poltrona..
Il televisore è cambiato ovviamente, era luglio e c’era il Tour. Quindi era acceso. L’ufficio invece, è sempre lo stesso.
Anche allora, ricordo bene, sentii un freddo intenso nel vedere Fabio Casartelli a terra. Un rivolo di sangue, che la TV francese insisteva nel mostrarci, scorreva lentamente sull’asfalto.
Ero Presidente dell’Associazione Corridori ai tempi, e conclusosi il dramma in diretta dovetti, istituzionalmente, correre in Francia, consolare la giovane moglie al funerale del marito, vivere da vicino il dolore dei genitori.
Oggi la storia si ripete. Tutto triste, ma tutto vero purtroppo. Perché così è la vita.
Oggi la mia voce, anonima, si confonde con le innumerevoli altre che hanno visto la tv ieri, con il pensiero della gente che tutti giorni aspetta i corridori ai bordi della strada.
Ma la voglio far sentire lo stesso la mia voce, perché, a differenza di ciò che fece la tv transalpina 16 anni fa, e sapendo di vivere oggi in un mondo sempre alla ricerca dell’esasperazione del tutto, voglio fortemente dire che in una cosa siamo stati più bravi dei francesi di allora. E di questo il merito va al Direttore del Giro.
Angelo Zomegnan ha saputo gestire il tragico evento nel modo che definisco con l’unico aggettivo possibile: civile.
Ha tenuto lontana la morbosità di chi, trovandosi nella stanza dei bottoni in questi casi, mette abilmente sotto la lente di ingrandimento il sangue ed il dolore altrui a vantaggio dello share. Non ha trasformato la morte di Wouter in una sorta di Grande Fratello delle due ruote. Con la rete televisiva, e con i suoi collaboratori più stretti, ha saputo coordinarsi, e dare la corretta informazione alla gente, senza offrire il fianco agli avvoltoi dell’audience.
Bravo Angelo, una lezione di stile.
Oggi è un giorno triste. Per il Giro, per lo sport, ma soprattutto per la giovane moglie di Wouter e per un figlio che non vedrà mai suo padre.
Per i corridori non sarà facile ritrovare gli stimoli di una sana competizione. Ma devono farlo. Non possono non farlo.
Devono asciugare le lacrime e risalire in bici nel nome di quel giovane ragazzo.

Marco Cattaneo

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COMMENTI
A volte ci sono persone...
11 maggio 2011 07:50 donromano
... che sanno estrarre dal cilindro della loro umanità i gesti giusti.
Cristiano gatti lo chiamava il "Mago Zom"; un paio di anni fa, quando aveva fatto sparire le salite dall'Italia. Stavolta il "mago" è tornato, ma per compiere un'impresa davvero bella, gestire con umanità un momento umanamente fra i più delicati.
Ringraziamolo di questo, perché è di questo che abbiamo bisogno, di umanità sensibile, di delicatezza d'animo.
Ringraziamo lui, e la troupe della rai, i corridori e i loro direttori. Per una volta nella tragedia si è visto qualcosa di bello. Mi è piaciuta la De Stefano che chiedeva aiuto, nei momenti tremendi della diretta, ai suoi colleghi, e loro erano attoniti. Sì, perché in quei momenti non c'è altro, si può solo essere attoniti, come eravamo attoniti tutti noi davanti al televisore, quando nessuno ci chiedeva di dire nulla, quando ci sarebbero solo uscite parolacce di maledizione verso la malasorte, e quindi avremmo scelto lo stesso, giustamente, il silenzio.
E grazie a te, Marco, per aver dato voce a questo grazie.

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