Non c’è nessuno come Diego Ulissi che si tiene stretto il suo piccolo grande primato. Solo il livornese è stato capace di vincere almeno una corsa ogni stagione da professonista: è arrivato a 49 successi. Diego, che si chiama così in onore di Maradona del quale il papà era grandissimo tifoso, ha iniziato nel 2010 con il successo nel Gp Prato e nel 2025 ha centrato il Giro dell’Appenino, più la gioia enorme di vestire la maglia rosa al Giro d’Italia nella tappa di Castelraimondo. Uomo-squadra di grandissima esperienza, regista della sua Xds-Astana, Ulissi ha 36 anni e non si vuole fermare. Intanto ha portato il compagno di squadra Scaroni alla vittoria nella classifica finale della Coppa Italia delle Regioni
Ulissi, come vede il suo 2026?
«Presumibilmente farò ancora il Giro d'Italia, perché ormai a 36 anni non è più tempo di fare altri esperimenti. Il Giro per me è tutto, è la gara dove ho fatto meglio in carriera (8 tappe vinte, nessun corridore in attività ne ha conquistate di più, ndr), quella alla quale tengo di più e nella quale mi sono riuscite le cose migliori».
Il tuo contratto scade proprio a fine 2026.
«Beh, la XdS Astana è contenta di me. C'è la voglia di continuare, adesso dovrò essere io a decidere, in base a quelle che sono le mie condizioni fisiche e mentali, se voglio continuare o fermarmi. L'età c'è. C'è un’anima italiana in squadra superiore persino al gruppo italiano dei tempi di Nibali. Siamo un bel gruppo, quest’anno penso che l'abbiamo dimostrato ampiamente. Insomma, siamo molto contenti e vogliamo continuare così».
Vuoi fare intanto un bilancio della tua carriera?
«Il bilancio è veramente buono. Sono passato professionista in punta di piedi perché avevo vinto molto nelle categorie giovanili (due Mondiali juniores, ndr), però sapevo che poi diventando professionista si azzerava tutto, bisognava ripartire da zero. Mi sono trovato il mio spazio e sono riuscito a regalarmi delle belle gioie e emozioni. Quasi 50 vittorie, e ti dico rifarei tutto dall'A alla Z».
Tu sei in gruppo dal 2010: come sta cambiando e come lo vedi dall'interno? Che cosa ti piace e non ti piace?
«Sicuramente il gruppo è cambiato moltissimo da 16 anni a questa parte. Prima ai giovani serviva più tempo per maturare e imparare il mestiere, adesso li vedi che passano già pronti. Quello che si faceva nei primi anni del professionismo, adesso viene fatto già nella categoria allievi e juniores».
Il dilettantismo non esiste più, perché gli juniores più forti passano già professionisti: per te questo può portare poi ad avere anche carriere più brevi?
«Beh, certamente sì, perché se spingi il fisico sempre al lmite, la durata sarà breve. Non so dire se è meglio o è peggio, io sicuramente preferivo quello di prima».
C’è qualcosa che ti è mancato nella tua carriera?
«No, assolutamente niente, perché ho dato il 100% in tutto e rifarei tutto. Una vittoria che mi è mancata? Sono arrivato secondo in una tappa del Tour de France, diciamo che era alla mia portata vincerla, questa è l'unica nota che mi viene in mente».
E i nostri giovani italiani come li vedi? Cosa ti aspetti da loro?
«Credo che ci siano ragazzi forti, volenterosi, che hanno voglia di venire fuori. Magari ci vorrà più tempo rispetto ad altri, però penso che il percorso che stiamo facendo sia quello giusto».
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