McQuaid ai corridori: sicuri di non essere manipolati?
| 18/03/2011 | 19:00 Il presidente dell'Uci Pat McQuaid ha scritto una lunghissima lettera aperta ai corridori sul tema radioline. Ve ne proponiamo la prima parte, in attesa di completare la traduzione. Ma di carne al fuoco cee n'è già tanta...
Cari corridori, il dibattito sul divieto progressivo di utilizzo delle radioline si surriscalda. Ed è per questo che ritengo importante rivolgermi a voi collegialmente, per chiarire alcuni punti di un dibattito che sfortunatamente non è più né sereno né costruttivo. Intanto mi complimento con la maggior parte di voi per la capacità (finora) di restare ragionevoli di fronte ad una questione che altri hanno deciso di rendere tesa e di conseguenza difficile. Il rispetto reciproco deve regnare sempre su qualsiasi problema e vi poco assicurare che le lettere aperte dei vostri colleghi Grisha Niermann e Jens Voigt hanno ottenuto la mia attenzione. Anche se non condivido in alcun modo la loro opinione e non sono d'accordo con le loro spiegazioni, apprezzo la loro volontà di contribuire al dibattito senza perdere di vista le regole del dialogo. Ed è per questo che cercherò di rispondere, ben consapevole che la minaccia di «misure drastiche» e gli ultimatum non porteranno da nessuna parte e non faranno che inasprire la questione. Non è un segreto per nessuno che negli ultimi anni il nostro sport sia stato oggetto di questioni dilanianti e questo, in attesa di sapere quale sarà il prossimo argomento dopo le radioline, nuoce all'immagine del ciclismo. Ora, vi informo che nel 2008 sono stato invitato ad una riunione con il più importante produttore di immagini di ciclismo, France Télévision, i cui responsabili mi hanno chiaramente indicato che se le radioline fossero state utilizzate come lo erano a quel tempo, avrebbero ridotto la loro copertura ciclistica degli avvenimenti. Mi hanno fornito diversi esempi sulle loro ragioni, ma ne parleremo poi. Dopo questo colloquio inquietante, ne ho parlato con altri media che mi hanno fornito punti di vista simili. Voi sapete che la tv tedesca non trasmette più corse ciclistiche. Il doping spiega in gran parte questa decisione, ma non è la sola ragione. Se il prodotto ciclismo fosse stato sufficientemente interessante, ARD e ZDF non avrebbero deciso in quel modo. L'Uci ha così avviato un processo di consultazioni. Un gruppo di lavoro studio la questione radioline dal 2008 e ci sono corridori che hanno parte di questo gruppo: Cédric Vasseur e Dario Cioni erano i vostri rappresentanti, mentre Serge Parsani, Joxean Matxin e John Lelangue rappresentavano le squadre. Leggendo le motivazioni delle vostre proteste, si potrebbe credere che la decisione di vietare le radioline sia stata presa in maniera unilaterale e frettolosa: in realtà essa è il frutto di una riflessione durata due anni. I vostri rappresentanti avrebbero dovuto informarvi. Mi piacerebbe ricordarvi che nel 2008 e nel 2009 il CPA ha condotto un'inchiesta a riguardo tra i suoi 865 membri. Il presidente di allora, Vasseur, potrà confermare - sorprendentemente - di non aver ricevuto che 200 risposte (meno di un quarto) con esito molto equilibrato fra favorevoli e contrari. Aldilà dell'inquietante indifferenza che mostrano le cifre, un altro aspetto risulta curioso: benché la situazione non sia cambiata, il 90% di voi oggi è convinto che le radioline siano indispensabili. L'Uci prende nota di questo cambiamento di tendenza sorprendente e si chiede: cosa è successo in gruppo? Siete davvero liberi di esprimere le vostre opinioni? Quanto alle ragioni che hanno condotto l'UCI alla decisione di vietare l'uso delle radioline, esse sono note a tutti. Le riassumo: rimettere il corridore al centro dell'azione, renderlo responsabile della sua strategia di corsa ed evitare che sia controllato dall'esterno, per esaltare l'emozione che il ciclismo sa regalare. Il nostro sport è un mix di intelligenza e forza fisica, con un pizzico di fortuna a completare il tutto. Il sostegno dei media alla nostra decisione dimostra la necessità di intervenire su questo punto: troppo spesso abbiamo visto corse prevedibili e questo nuoce all'interesse del ciclismo. Noi vogliamo solo cercare di ritrovare l'interesse perduto per far crescere la popolarità del ciclismo. Quanto alle lettere dei vostri colleghi: il paragone di Jens con la Formula 1 è interessante, ma è propio quello che vogliamo evitare! Veniamo alla questione della sicurezza, vi chiedo di non cadere, come fa Jens, nella demagogia. Un incidente è un incidente e le sue conseguenze, soprattutto se gravi, non devono essere manipolate per far pendere la bilancia da una parte o dall'altra. Il ciclismo non è più pericoloso da quando ci sono le radioline, vi posso assicurare che l'Uci ha valutato bene questo punto e sono pronto ad autorizzare qualsiasi forma di comunicazione che consenta di informare i corridori su questioni di sicurezza. (continua)
Questa lettera e proprio un colpo di genio..Dopo un accenno alle radio cerca subito di sviare il discorso portandolo sul doping colpevolizzando i corridori,ma poi ancor di più cerca di dividerli,dicendo che nel 2008 i rappresentanti dei corridori (cioè quelli che invitava lui che sapeva già dalla sua parte) erano x l'abolizione, ma quello che e più GENIALE vuole mettere i corridori contro i loro direttori sportivi e le loro squadre.Ma forse non si ricorda bene chi paga i corridori.Lui di certo solo ci guadagna dal ciclismo. E voi volete cedere a tutto questo? il ciclismo siete voi se vi fermate l'UCI non esiste più. allora forza e avanti così e forza pure Bruinel. Ve lo dice un'ex non dovete mollare adesso che questo è un buffone!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! E MI SEMBRA LA LETTERA DI UNO PIENO DI PAURA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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