| 30/07/2010 | 08:55 Nel giorno in cui Torino annuncia il Giro del 2011 nell'anniversario dei centocinquanta anni dell'unità d'Italia, il Piemonte perde un altro pezzo della sua storia a pedali. Dopo Nino Defilippis, ieri è morto Giancarlo Astrua. Ricoverato, dopo un incidente in auto, da qualche settimana all'ospedale di Biella, Astrua si è spento nella serata. Un paio di settimane (l'11 agosto) e avrebbe compiuto 83 anni. Professionista dal 1948 al 1958, ha vestito le maglie di Benotto, Taurea e Atala (sette stagioni). Era l'icona del ciclismo biellese, lui che da tempo viveva a Torino ma che era nato e aveva abitato a Graglia (là dove sta il santuario dei ciclisti), dove pure tornava spesso. Gli almanacchi lo ricordano passista scalatore: alla storia è passato come un uomo duro ma al tempo stesso umile. Un uomo vero che in bicicletta ha sfidato Coppi e Bartali prendendosi qualche bella soddisfazione. Una dozzina le vittorie in carriera, ma come amava dire lui «c'erano i secondi posti che valevano come primi dietro a quelli là». Nel '49 fu quinto al Giro, maglia bianca degli Indipendenti e gran protagonista nella mitica Cuneo-Pinerolo. Nel '51 vinse la cronometro Rimini - San Marino su Coppi e fu maglia rosa per un giorno. L'anno seguente vestì cinque giorni il simbolo del primato al Giro. Primo, con Defilippis, al Baracchi. Nel '53 chiuse terzo al Tour e partecipò al campionato del mondo di Lugano. Nel palmares tre tappe al Giro e una alla Vuelta. Negli ultimi anni era la memoria storica del ciclismo biellese, sempre presente e pronto ad incantare con la sua vèrve in tutti gli appuntamenti. Mancherà a tanti, Giancarlo Astrua, il campione che inseguiva Coppi, Bartali e apprezzava Bobet. Adesso li ha raggiunti in cielo, perché come diceva scherzando sull'età: «Anche là loro hanno voluto arrivare primi».
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