Dal «Corriere della Sera». Uran: corro per salvarmi dai narcos
| 12/05/2010 | 12:08 A correre contro il tempo, «Rigo» ci è abituato anche perché la sua prima gara è stata una cronometro. Non a squadre, come quella con cui oggi riparte il Giro d’Italia, ma poco importa: Rigoberto Uran l’ha affrontata con gli abiti che indossava tutti i giorni, perché «avere una tenuta sportiva era impensabile. Eravamo poveri. Ho iniziato a gareggiare a 14 anni. Mio padre era molto appassionato e la bicicletta me la regalò mio zio. Quando ho iniziato non sapevo nemmeno cosa fosse una cronometro: mi dissero di pedalare a testa bassa fino a quando avessi visto tanta gente assiepata. Quello era il traguardo: andai più veloce di tutti e vinsi. Ma tre mesi dopo ammazzarono mio padre». Uran, che oggi ha 23 anni e corre con la ricca Caisse d’Epargne, è cresciuto in un pueblo a 1800 metri d’altitudine non distante da Medellin, il cui nome, Urrao, sembra un grido di gioia e invece no: Rigoberto senior venne ucciso da pallottole vaganti negli anni neri della guerriglia tra narcotrafficanti. «Accadde nel 2001. Aveva 52 anni. Era un periodo violento e difficile. Per mantenere mia mamma e mia sorella ho continuato il lavoro di papà: vendevo biglietti della lotteria per le strade del Paese». Uno scalatore nasce anche così, allenandosi su e giù per le salite, promettendo agli altri un colpo di fortuna che non arriva mai. Nel ciclismo serve soprattutto il talento e Uran, cresciuto alla scuola di Medellin, conquista 5 medaglie su pista ai Giochi Panamericani e diversi titoli giovanili a cronometro e su strada. Corre e v ince per pagare l’affitto alla madre e alle sorelle, finché non è costretto a farle piangere: quando emigra in Europa è un’altra mezza tragedia, per Rigoberto, prima alla Tenax e poi stagista alla italo belga UInibet, invece, è la scoperta di un nuovo mondo: «Dopo due mesi mi mandano in gara sul pavè e mi rompo subito la clavicola. Però a fine stagione il contratto arriva. Merito anche di Melania e Beppe, la mia “famiglia” italiana di Brescia. Mi hanno sempre aiutato, anche quando ho fatto un incidente gravissimo al Giro di Germania 2007, che mi costò diverse fratture. Anche grazie a loro il rapporto che ho con l’Italia è speciale». Oggi, dopo una tappa vinta al Giro di Svizzera 2007, il terzo posto al Giro di Lombardia 2008, l’esperienza al Tour e in tutte le corse principali (pavè escluso) Uran studia con grande interesse le salite di questo Giro: «Per me la corsa inizia oggi. In Olanda è stata dura, a causa del vento ma soprattutto del freddo, che non mi piace. Sono caduto nella prima tappa, ma sto bene. Non vedo l’ora che la strada inizi a salire per misurarmi con i migliori. Non so ancora se sono in grado di puntare alla classifica o di essere protagonista in qualche tappa. L’obiettivo più importante è quello di conquistare la maglia bianca di miglior giovane. È vero che non conosco tutte le vostre montagne, ma quella che mi ispira maggiormente è comunque la cronoscalata di Plan de Corones». Non a caso: il ragazzino che vendeva biglietti della lotteria cercando di conciliare lavoro e studio è abituato a vivere con un occhio alal salita e l’altro all’orologio: «Uscivo alle sette e rientravo alle dieci di sera Ma con la pancia piena perché chi comprava i biglietti mi dava spesso anche da mangiare: la gente era molto buona con me». «Rigo» è un giovane molto ambizioso («Simpaticissimo e sempre scherzoso» aggiunge Marzio Bruseghin, capitano da quest’anno della squadra spagnola), ma allo stesso tempo anche più maturo dei colleghi della sua età: «Da quando ho quindici anni la mia vita va molto veloce. Sono cresciuto in fretta, ed è vero che le esperienze, anche quelle più drammatiche, mi hanno aiutato ad affrontare lo sport e a non mollare mai. Ma è anche vero il contrario: la bicicletta è stata ed è un mezzo importante per migliorare la mia esistenza e quella della mia famiglia. Cerco di godermi ogni momento della mia carriera, anche se restare tranquilli, a volte è difficile: a me piace vincere». In pantaloni e camicia, o con un’attrezzatura da campione, non fa tutta questa differenza.
dal Corriere della Sera a firma di Paolo Tomaselli
peccato che a rovinare il bel lavoro di Tomaselli ci sia un titolo che getta fango su una nazione. Come se Uran andasse forte perché in allenamento schiva le pallottole.
Chissà se un giorno scriveranno in Russia che Napolitano (Team Katusha) è forte in volata perché in Sicilia scappava dai colpi di lupara.
Tutti luoghi comuni...
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