Radioline: ecco lo studio di Adispro, CCP e ACCPI

| 23/04/2010 | 11:29
Questo studio vuole essere un elemento chiarificatore di quanto espresso da ADISPRO, CCP e ACCPI nelle differenti sedi di discussione in merito all’utilizzo dei supporti tecnologici nel rapporto direttore sportivo - ciclista nelle competizioni di alto livello.
La necessità di raccogliere numeri e in­formazioni corrette, reali e corredate da eventuali statistiche è stata indispensabile al fine di controbattere le opinioni mai supportate da “numeri” (documentazione UCI 27.01.10) che hanno portato l’utilizzo del mezzo tecnologico nel rapporto direttore sportivo - ciclista e ciclista - ciclista ad essere considerato il limite unico nell’esecuzione tattica della competizione.
Questo studio è stato redatto in tempi e modi successivi alla stesura della documentazione sopracitata, poiché il dibattito è stato iniziato attraverso una commissione istituita nel 2008, anno in cui ADISPRO INT non risultava ancora ri­conosciuta da UCI. Inoltre - proprio per­­ché, come riconosciuto dalla Com­mis­sion Route UCI, che ha stilato il pa­re­re tecnico su cui si è basata la decisione UCI della graduale messa al bando del­le radioline, una sperimentazione vera e propria non è stata finora rea­liz­za­ta - ri­teniamo che ci possa essere lo spazio per convincere gli addetti ai la­vo­ri, i media e il pubblico che il mez­zo tecnologico denominato radiolina non ha gli effetti negativi che gli sono imputati, mentre ha fondamentali qualità po­sitive in termini di sicurezza e capacità di comunicazione.  
Lo studio vuole quindi avere un carattere propositivo e evidenziare soluzioni che possano rendere ancor più attiva e piacevole la gara in considerazione delle eventuali richieste di sponsor e organizzatori, senza però do­ver sacrificare aspetti di sicurezza e tecnici che coinvolgono Direttori Sportivi e Ciclisti.

Capitolo 1
Andamento dei risultati in relazione al massiccio utilizzo dei supporti tecnologici nelle competizioni di alto livello

1.1 Tattica di corsa e risultati
di Stefano Piccolo
Con il seguente intervento si vuole di­mostrare che l’argomentazione principale sostenuta contro l’utilizzo delle ra­dio in corsa risulta priva di fondamento reale. Si è sostenuto infatti che la fantasia dei corridori, la loro capacità di proporre azioni spettacolari e agonisticamente intense si sia ridotta, se non an­nullata, a causa della presenza delle ra­dio che piloterebbero i corridori verso soluzioni di corsa non rischiose e poco spettacolari.
    Ammettendo che questa tesi sia corretta, dovremmo rilevare - soprattutto nel­le corse a tappe - a partire dall’introduzione delle radioline, una diminuzione graduale delle fughe e in particolare una diminuzione delle fughe vincenti, cioè quelle che hanno portato i protagonisti a giocarsi la vittoria. Il predominare degli aspetti tattici dovrebbe quindi portare all’annullamento di tutti i tentativi di evasione dal gruppo, con corse poco attraenti e arrivi per lo più in volata.
    I dati analizzati riguardano alcune tra le più grandi competizioni (n=72) di un giorno (1D) definite dall’UCI corse monumento come Milano-San Remo (MSR), Paris-Roubaix (PR), Liegi-Bastogne-Liegi (LBL) e uno dei tre grandi Giri (n=517) nello specifico Giro d’Italia (GDI).
Le tabelle proposte (da 1 a 8) sintetizzano quanto qui verrà brevemente accennato.
È stata proposta una suddivisione dei quinquenni dal 1985 al 2000, con un quadriennio finale dal 2005 al 2008.
I risultati delle corse sono stati poi suddivisi in due grandi tipologie: gli arrivi in gruppo (in violetto), gli arrivi solitari o con gruppo ristretto di massimo 5 unità (in azzurro).
Le tre corse in linea prese in considerazione hanno caratteristiche tecniche profondamente differenti in grado di in­fluire sull’andamento della corsa. Se la Milano-Sanremo, nonostante la lunghezza del percorso, è più adatta ai ve­locisti dotati di forza e tenuta in salita, la Parigi-Roubaix premia essenzialmente le grandi doti di fondo e le capacità di resistenza, mentre la Liegi-Ba­stogne-Liegi ha un andamento tattico più vario, con difficoltà altimetriche in sequenza, che selezionano piccoli gruppi che si contendono la vittoria finale alle porte della città belga.
L’analisi dei risultati degli anni ’80 e primi anni ’90 mostra assoluta uniformità di risultati rispetto al periodo successivo, anzi sono semmai aumentate e non diminuite le soluzioni individuali o di gruppi ristretti.
1.2 Analisi degli arrivi
di Luca Guercilena
I dati di cui al punto 1.1 sono stati poi suddivisi in due gruppi con la linea di demarcazione nel 1996, anno dell’apparizione delle prime radio in gruppo (tab. 1).
Le tappe del GDI sono state invece ana­lizzate per ordine d’arrivo, così co­me specificato dagli organizzatori stessi nel volume di analisi di gara.
L’analisi ha utilizzato la relazione dell’anno considerato verso il numero di corridori sul traguardo, indicando con indice 5 la diversificazione tra arrivo in fuga ed arrivo in volata.
        
1.3 Statistica dei risultati
    L’analisi delle gare 1D evidenzia differenza significativa per la MSR con un numero di arrivi in volata in netto au­mento nei due periodi analizzati, mentre per PR e LBL non risultano differenze significative (Fig. 9, 10 e 11)
Le gare a tappe analizzate con test T, nei loro parametri espressi in tab. 2 e riportati in valori assoluti in Fig. 12 con riferimento ai punti “arrivo in volata”-“arrivo in gruppo” hanno evidenziato una non significatività dei dati (Tab.3); oltre ad aver evidenziato un valore me­dio pressochè identico.
1.4 Conclusioni
Risulta evidente che l’utilizzo delle ra­dio in competizioni di alto livello, non ha modificato in alcun modo l’an­da­mento tattico delle gara, in particolar modo nelle gare a tappe. Inoltre, proprio perché la radio è un elemento tecnico in più, che può essere usato in ma­niera vantaggiosa, ma anche svantaggiosa, arricchisce invece di impoverire il ventaglio di possibili soluzioni tattiche che si possono avere nel corso di una manifestazione complessa come una gara ciclistica. La tesi che senza l’ap­porto tecnologico delle radio le fughe avrebbero maggiori possibilità di “an­dare in porto”, è inficiata dal fatto che non esistono prove significative che nel periodo precedente al 1996 il numero di fughe all’arrivo fosse maggiore del periodo successivo.

Capitolo 2
Analisi statistiche dei questionari relativi alle opinioni dei soggetti in causa

2.1 Il questionario
Lo studio ha previsto di fornire un questionario in accordo con ACCPI ad ogni corridore avente licenza per una squadra professionistica ProTour o Professional, che in modo libero e dopo attenta spiegazione avesse voluto ri­spondere alle seguenti domande a ri­sposta chiusa:
1) Sei consapevole che l’utilizzo delle radio auricolari non è obbligatorio per gli atleti come da regolamento?
a) si
b) no
c) non so
2) Sei favorevole all’utilizzo delle radio auricolari in gara?
a) si
b) no
c) non so
3) Sei favorevole al divieto delle radio auricolari in gara (regolamento tecnico 2010)
a) si
b) no
c) non so
4) Pensi il tuo lavoro sia influenzato dall’utilizzo delle radio auricolari in gara?
a) in modo positivo
b) in modo negativo
c)     non influenza il mio modo di lavorare
5) Pensi che il numero di informazioni che ti vengono passate in gara attraverso l’utilizzo delle radio auricolari sia:
a) Alto
b) In linea con le aspettative
c) Basso

2.2 L’analisi
Ogni atleta aveva la facoltà di compilare il questionario con i propri dati e di redigere una copia con firma in calce: al progetto hanno aderito 107 corridori professionisti appartenenti a 4 squadre ProTour e 2 squadre Professional; i corridori si suddividono per nazionalità secondo quanto espresso in Tabella 1.
2.2 Conclusioni
I risultati evidenziano come per la maggior parte dei corridori sia consapevole che l’utilizzo delle radio non sia obbligatorio, come la quasi totalità sia favorevole all’utilizzo delle stesse perché queste influenzano in modo positivo o neutro il loro modo di lavorare.
Si evince inoltre come il numero di informazioni passate ai corridori sia reputata per il 60% in linea con le aspettative. Essendo come espresso al punto 2.1 l’estrazione, la caratura e la nazionalità degli atleti nonché la loro appartenenza a squadre di categoria e nazionalità diversa, si suppone che l’utilizzo delle radio sia utile allo svolgimento della professione del ciclista.
In allegato allo studio ci sono le mail di risposta da parte di n. 30 direttori sportivi attualmente in attività che hanno risposto alle seguanti domande:
1) ritenete che il fatto di non poter comunicare via radio con gli atleti influisca sulla sicurezza in gara?
2) ritenete che la situazione tattica possa cambiare oggettivamente in se­guito alla mancanza di comunicazione via radio con l’atleta?
3) ritenete corretto limitare il rapporto tecnico atleta nello svolgimento delle mansioni?
    Le risposte pressoché unanimi hanno evidenziato la necessità dell’utilizzo delle radio per questioni di sicurezza, che tatticamente la corsa viene impostata precedentemente per cui le radio al massimo velocizzano la comunicazione ma non cambiano la strategia che co­munque verrebbe comunicata direttamente all’atleta, e di conseguenza ogni limitazione ulteriore sarebbe solo mirata ad una inefficace gestione del rapporto atleta-tecnico.(Documenti presentati alla commissione UCI regole e sicurezza 30.06.2009)

Capitolo 3
Analisi degli aspetti generali

3.1 Aspetti assicurativi
di Roberto Damiani
Gli ambiti di ricerca si sono rivolti a tre diverse compagnie di assicurazione e i regolamenti e normative assicurative che interessano il calcolo del rischio  sono le seguenti :
4 Aggravamento del rischio: L’assi­cu­rato deve comunicare in forma scritta alla Società ogni aggravamento del ri­schio. Gli aggravamenti non comunicati o non accettati dalla società possono comportare la perdita totale o parziale del diritto all’indennizzo/risarcimento e l’As­si­curazione stessa può cessare ai sensi dell’art. 1898 del Codice Civile.    
4 Dichiarazioni relative alle circostanze del rischio: Le dichiarazioni inesatte o le reticenze dell’Assicurato e/o Con­traente relative alle circostanze che influiscono sulla valutazione del rischio, possono comportare la perdita totale o parziale del diritto di indennizzo, nonchè la stessa cessazione dell’assicurazione, ai sensi dell’art. 1892, 1893, 1894 Codice Civile.
4 Variazioni del rischio: L’As­sicurato e/o Contraente deve comunicare per iscritto alla Società ogni aggravamento del rischio.
Gli aggravamenti di rischio non noti o non accettati dalla Società possono com­portare la perdita parziale o totale del diritto di indennizzo nonchè la stessa cessazione dell’assicurazione ai sensi dell’atr 1898 Codice Civile.
4 Assicurazione per conto al­trui o per conto di chi spetta: Se l’assicurazione è stipulata per conto altrui o per conto di chi spetta, il contraente deve adempiere gli obblighi derivanti dal contratto, salvi quelli che per loro natura non possono essere adempiuti che dall’Assicurato (963)
4 Dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave: Le di­chia­ra­zioni inesatte e le reticenze del contraente relative a circostanze tali che l’Assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, sono causa di annullamento (1441 SS) del contratto quando il contraente ha agito con dolo o colpa grave (1894-1898).  
4 Dichiarazioni inesatte e reticenze senza dolo o colpa grave: Se il contraente ha agito senza dolo o colpa gra­ve, le dichiarazioni inesatte e le reticenze non sono causa di annullamento del contratto ma l’Assicuratore può recedere dal contratto stesso (1363).
Se il sinistro si verifica prima che l’ine­sattezza della dichiarazione o la reticenza sia conosciuta dall’Assi­cura­tore, o prima che questi abbia dichiarato di recedere dal contratto la somma dovuta è ridotta in proporzione della differenza tra il premio convenuto e quello che sarbbe stato applicato se si fosse conosciuto il vero stato delle cose (1932).
Questi sono alcuni punti relativi ai contratti assicurativi che possono essere impugnati dalle compagnie di assicurazione per ridurre o annullare i risarcimenti per aggravamento del rischio o dichiarazioni inesatte.
Risulta d’obbligo quindi verificare: “chi si assume l’onere dell’eventuale rischio dovuto al mancato avviso agli atleti tramite radio”.
I datori di lavoro che non mettono in atto tutte le possibilità di diminuzione del rischio sono perseguibili dalle leggi Nazionali o anche Comunitarie.

3.2 Analisi rapporto mezzo tecnologico
lettera aperta del dottor Enrico Fagnani
pubblicata da tuttoBICI numero 8 dell’agosto 2009 pag 92.

3.3 Aspetti di sicurezza
di AA.VV
Gli aspetti della sicurezza sono uno de­gli elementi più contrastanti relativamente all’utilizzo del supporto tecnologico; l’asserzione che nelle gare juniores e under non si siano verificati problemi pur non utilizzando le radio, risulta quanto meno fuorviante. Si evidenzia infatti che le competizioni junior normalmente si percorrono in circuito così come le competizioni under 23 e che il seguito a dette gare sia abbastanza limitato rispetto alle competizioni professionistiche sia per numero di partecipanti che per pubblico presente. Que­sto consente al tecnico innanzitutto di muoversi con maggiore facilità nel “pas­saggio del” ed “in gruppo” e se­condo di valutare dei posti fissi per co­municare con gli atleti; inoltre il relativo pubblico e la non chiusura delle strade consente co­me d’abitudine di poter “ta­gliare” i percorsi per repentine comunicazioni evitando così la risalita del grup­po. È evidente che tutto ciò in campo professionistico risulterebbe impossibile per chiusura delle strade, gare normalmente in linea e senza box chiusi, e gare percorse normalmente su strade statali con numero elevato di passaggi difficili (rotonde, spartitraffico etc…) che limitano l’eventuale passaggio per comunicare con atleti in testa al gruppo.
Fatto eclatante è che in più occasioni le motostaffette normalmente addette alla sicurezza si sono espresse in modo contrario alla mancanza di possibilità di av­vertire gli atleti di pericoli presenti sulla strada grazie all’intervento della comunicazione tramite i direttori sportivi (lettera aperta motostaffette pubblicata sul sito tuttobiciweb in data 3.12.09). Gli stessi organizzatori usano sempre comunicare i pericoli attraverso radio tour chiedendo espressamente ai Di­rettori Sportivi di avvertire gli atleti in gara.
3.4 Comunicazione diretta
tecnico-atleta
di Luca Guercilena
L’analisi del rapporto tecnico - atleta sul campo attraverso i mezzi tecnologici è pratica comune in tutte le discipline sportive del ventunesimo secolo.
Lo stesso utilizzo è stato promosso nel recente corso di studi per Direttori Sportivi presso la sede UCI di Aigle da parte del board UCI Academy nella sessione Athlete services tenuta dal coach internazionale Andrew Logan (pag. 19-20 - allegato 1).
La situazione appare quanto meno com­plessa poiché questo è in netto contrasto con quanto dichiarato da UCI in merito allo studio condotto per l’a­bo­li­zione delle radio, essendo la UCI Aca­de­my una società di carattere universitario e divulgativo improntata alla formazione di tecnici e dirigenti che svolgono la loro professione all’interno dell’UCI o delle organizzazioni affiliate all’UCI.
In altra istanza è utile valutare come il rapporto tecnico - atleta sia garantito sul campo nelle altre discipline sportive; gli sport di squadra svolti sul campo hanno un contatto diretto tecnico - atleta svolto in modo orale indiretto durante l’esecuzione dell’esercizio, nonché di­retto nei time out previsti per regolamento. In alcuni sport il contatto diretto è mantenuto per tutto il periodo del­la gara, ne sono esempi football americano e gli sport motoristici.
L’atletica, sport individuale per eccellenza, garantisce all’interno degli stadi spazi riservati agli allenatori in modo che questi possano interagire durante l’esercizio o nelle pause ad esso concesse, in particolar modo durante i concorsi; in alcune discipline di endurance vengono concessi permessi ai tecnici di muoversi sul percorso con biciclette in modo da poter comunicare con gli atleti stessi.
Risulta pertanto difficile capire come nel ciclismo il rapporto tecnico - atleta debba essere così fortemente ri­dotto e pressoché limitato durante la competizone.

3.5 La responsabilità delle squadre e della Federazione per la mancata adozione di idonee misure di sicurezza nell’ambito dello sport professionistico.  
di Federico Scaglia
Con la storica e importante sentenza n. 85 dell’8.01.2003, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha espressamente e testualmente statuito che “nell’esercizio di attività sportiva a livello professionistico, le società sportive (e/o le Federazioni con riferimento agli incidenti avvenuti nello svolgimento di competizione delle squadre nazionali) so­no tenute a tutelare la salute degli atleti, adottando tutte le cautele necessarie, se­condo le norme tecniche e di esperienza, a tutelare l’integrità fisica del lavoratore, tenuto conto in particolare del fatto che le cautele a tutela della salute cui è tenuto il datore di lavoro devono parametrarsi alla specifica attività svolta dallo sportivo professionista e alla sua particolare esposizione al rischio infortuni” .
Secondo i giudici di legittimità, l’atleta professionista deve dunque essere considerato a tutti gli effetti come un normale lavoratore a cui spettano le stesse tutele in tema di salute e sicurezza che l’ordinamento italiano riconosce a tutti gli altri lavoratori. Ne deriva che alle squadre e alle Fede­ra­zioni (nel caso di competizioni in cui sono coinvolte le squadre nazionali, ad esempio i mondiali) incombono gli stessi oneri e obblighi che gravano su tutti gli altri datori di lavoro: tutelare la salute dei propri lavoratori adottando, ai sensi dell’art. 2087 del codice civile e del D. Lgs. n. 81 del 2008 , tutte le mi­su­re che, secondo l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare la loro integrità fisica.
In particolare, una delle principali mi­sure di tutela elencate nel D. Lgs n. 81 del 2008 è quella della cosiddetta “riduzione al minimo dei rischi”.
L’art. 15 del predetto decreto prevede infatti che, ove non sia possibile eliminare del tutto i rischi specifici cui sono sottoposti i lavoratori in funzione della propria attività, il datore di lavoro deve comunque fare il possibile affinché tali rischi siano ridotti al minimo. E ciò utilizzando le attrezzature e gli strumenti che il progresso tecnico e le conoscenze del momento gli consentono.
Ora, tale circostanza ha indubbiamente un peso notevole nella questione relativa all’utilizzo degli auricolari in corsa.
Se infatti quest’ultimi devono considerarsi quali strumenti idonei a garantire (secondo l’esperienza e la tecnica acquisite) una miglior tutela della salute e sicurezza dei corridori in corsa, ecco che il loro mancato utilizzo potrebbe co­stituire - sulla base dell’assunto espresso dalla Corte di Cassazione - un’ipotesi di inosservanza del principio di massima cautela prescritto dall’art. 2087 del codice civile e dall’art. 15 del D. Lgs. n. 81 del 2008.
La circostanza non è secondaria. In ca­so di infortunio di un corridore in cor­sa, infatti, quest’ultimo, laddove emergesse che l’incidente si sarebbe potuto evitare mediante l’utilizzo degli auricolari, ben potrebbe, richiamando le nor­me suddette, citare a giudizio la propria squadra o Federazione affinché la stessa venga dichiarata responsabile dei danni provocati per mancata adozione di una idonea misura di cautela.
Non solo. È opportuno ricordare che, per la legge italiana, cagionare colposamente una lesione ad un lavoratore per inosservanza della normativa in tema di sicurezza costituisce uno specifico reato ai sensi dell’art. 590, comma 3, del co­dice penale, punibile con la reclusione fino a tre anni. La mancata adozione da parte della squadra o della federazione di idonee mi­sure atte a garantire la sicurezza in corsa dei propri atleti può pertanto comportare una duplice responsabilità:
4 civile, in relazione ai danni subiti dal corridore;
4 penale, in relazione al reato di lesioni colpose di cui all’art. 590, 3° comma, del codice penale.
Ne deriva che la decisione se consentire o meno gli auricolari in corsa non può limitarsi ad un’analisi dei soli aspetti sportivi, ma deve altresì estendersi ad una corretta ed attenta valutazione delle responsabilità civili e penali che possono ricadere, in tema di sicurezza e tutela della salute sul lavoro, sui gruppi sportivi, sulle federazioni, nonché sui rispettivi team manager e direttori sportivi.

Capitolo 4
Conclusioni

4.1 Conclusioni generali
Dietro l’affermazione che le squadre enfatizzino l’utilizzo delle radio per mo­tivi di sicurezza per poi nascondere mo­tivazioni tattiche occulte si nasconde un grande equivoco: il ciclismo è essenzialmente uno sport di squadra e non individuale. Ogni corridore, proprio perché inserito in una struttura fondamentale riconosciuta dall’UCI, quale la squadra, agisce ovviamente in modo da massimizzare non l’interesse personale, ma quello del team di cui fa parte. Da sempre nel ciclismo ci sono capitani e gregari e nessun campione è in grado di vincere senza un team di supporto. So­stenere un ciclismo individuale significa negare la realtà del nostro sport.
Le mo­tivazioni tattiche non sono occulte, ma palesi. In ogni corsa c’è chi avrà come obiettivo la vittoria finale, chi un traguardo intermedio, chi una classifica generale o parziale, chi ancora di un traguardo volante. Le strategie e le tattiche saranno in funzione degli obiettivi che ciascuna squadra si è posta e devono essere spesso adattate strada facendo. Le strategie di corsa sono molto più influenzate dai percorsi che non dall’azione dei DS, quindi un percorso piano avrà come soluzione una maggiore percentuale di arrivo in volata, rispetto ad un percorso mosso che favorirà le fu­ghe, mentre un arrivo in salita avrà una maggiore percentuale di arrivo solitario o di un gruppo sparuto di atleti. Infine è d’uopo sottolineare come gli interessi economici e relativa visibilità garantiti grazie ad una vittoria in una delle maggiori competizioni possano, in­sieme ad un percorso relativamente facile, essere un fattore che influenza la corsa in modo importante; fattore questo che ad ogni modo esula dall’utilizzo del supporto tecnologico.
Se volessimo poi portare alle estreme conseguenze la tesi che il ciclismo deve lasciare spazio alle individualità do­vremmo sopprimere le squadre, e creare una classifica solo individuale dei ciclisti (come ad esempio esiste nel tennis) i quali correrebbero grazie a sponsor personali. È questo il ciclismo che vogliamo?

4.2 Proposte
Il gruppo di studio che ha curato questo documento, consapevole che i dati espressi sono di carattere divulgativo in difesa della necessità di molti addetti ai lavori di salvaguardare il rapporto tra atleta e tecnico, e vuole essere ad ogni qual modo propositiva al fine di migliorare la visibilità del ciclismo e garantire maggior apporto di pubblico per tutto il movimento.
Si propone per tanto che i produttori televisivi che sono i maggiori oppositori all’utilizzo del mezzo tecnologico, concentrino il loro sforzo su una maggiore dinamicità delle riprese, inserendo nel broadcast la registrazione delle frazioni di gara più interessanti quali le prime ore di gara dove la competizione è più attiva.
Sarebbe utile anche inserire un numero maggiore di statistiche per atleta che spesso attirano l’interesse degli appassionati e rendono più leggibile la gara, così da co­prire anche le fasi più monotone di corsa.
La visione di schede tecniche sarebbe altresì cosa utile a entrare nel dettaglio delle squadre e dei metodi di lavoro, fattore utile alla promozione di tutte le componenti stesse.
La stessa trasmissione dei dialoghi atleta - tecnico potrebbe essere una delle componenti maggiori che garantirebbero pathos alle trasmissioni, ne sia di esempio la trasmissione del 2005 durante il Tour de France relativa al dialogo Madiot - Mengin (http://www.you­tube.com/results?search_query=+tour+de+france+mengin+2005&search_type=&aq=f).

da tuttoBICI di Aprile
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