Il Centro. «Di Luca non c'entra con l'inchiesta di Padova»

| 28/11/2009 | 13:39
Danilo Di Luca non ha nulla a che fare con l’indagine della procura di Padova che ruota attorno all’ex ct serbo, Aleksandar Nikacevic. E’ stato indagato dal pm Benedetto Roberti solo perchè il magistrato padovano ha avocato a sè tutti i casi di Cera.
«Di Luca non ha mai conosciuto l’ex ct serbo», tiene a precisare Flavia Tortorella, avvocato del campione di Spoltore, che insieme al collega Ernesto de Toni lo tutela nella vicenda della presunta positività al Cera nel Giro del Centenario.
«Danilo non è entrato nella vasta indagine che ruota attorno a Nikacevic e coinvolge corridori di fama come Sella e Rebellin. E’ accaduto che il pm di Padova, Benedetto Roberti, ha avocato a sé tutte le vicende legate al Cera. Tra l’inchiesta di Padova e Di Luca non ci sono relazioni, non ha mai comprato Cera dall’ex ct serbo perché non l’ha mai conosciuto. In base alla legge del 2000 sulla frode sportiva una procura ha l’obbligo di indagine davanti a un riscontro di positività che altera la prestazione sportiva».
Indagato sì a Padova, ma non correlato alla mega inchiesta veneta che a luglio ha portato anche ad arresti.  Resta il macigno della presunta doppia positività al Cera nel Giro del Centenario. Di Luca ha chiuso la corsa rosa al secondo posto dopo un lungo duello con il russo Menchov e dopo ben 12 prlievi di sangue o di urine nel corso dei 20 giorni della corsa.
«C’è un elemento che differenzia notevolmente le posizioni di Riccò e Sella (quest’ultimo coinvolto nell’inchiesta padovana), e quella di Di Luca», prosegue l’avvocato Tortorella.
«Danilo è l’unico corridore che si è dichiarato innocente, mentre gli altri due hanno ammesso l’assunzione di Cera».
Insieme al collega de Toni avete presentato un ampio dossier alla procura antidoping anche sulla base delle relazioni di un tossicologo di fama, Santo Davide Ferrara, docente dell’università di Padova. Su che si basa la vostra difesa?
«Ci sono aspetti della vicenda che non si possono rendere pubblici se nono dopo le decisioni del procuratore Ettore Torri. La nostra difesa ruota attorno ai dubbi che permangono sulle risultanze del laboratorio di Chatenay-Malabry. La metodologia dell’sitituto parigino non ha una convalidazione scientifica. E’ l’unico isitituo che pratica questo metodo e, quindi, si capisce gli interessi che vi ruotano attorno. E’ un metodo ambiguo di accertamento, non viene detto che metodo si usa, ci sono troppi falsi positivi, cioè casi di positività apparente. Su 12 prelievi sangue-urina durante il Giro, a Danilo sono state accertate due presunte positività in altrettanti prelievi del sangue, mentre le analisi delle urine non presentavano nessuna traccia di prodotti proibiti. Come la mettiamo?».
Che aspettative avete sulle decisioni di Torri?
«Speriamo che trionfi la certezza del diritto. Non ci può essere convalidazione di un risultato se l’attendibilità di un metodo è messa in dubbio. In questo caso non i fracesi non svelano neppure che metodo usano», aggiunge l’avvocato Tortorella.
Vi siete posti un obiettov?
«In luglio, vogliamo far tornare a gareggiare Danilo entro luglio».

da Il Centro
a firma di Paolo Smoglica
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