Anche dal ciclismo, in questa vita che incede troppo vana, ci facciamo più in là. Sarà la discrezione, sarà che il nostro passato appare una bibliografia più seria del presente sfogliato in corso, sarà quel che sarà, ma così di Michele Dancelli, un ricordo unico, due volte unico, ci viene da dettarlo solo più in là della sua recente scomparsa.
Quante volte ne abbiamo scritto, lo avete fatto anche meglio in tanti, della ‘Sanremo’ onirica del 1970, leggenda fatta verità, una rappresentazione senza eguali del ciclismo, 55 anni e troppe primavere in più, da ravvivare.
Certo, ma in fondo al calice degli svuotati ricordi, degli applausi scroscianti, per tutti loro Dancelli come Molteni Torriani come Raschi De Zan come Ormezzano, era il 21 marzo 1970, primo giorno di primavera dei Dik Dik, in fondo all’ esito della storia che canta, a noi giova ricordare il Dancelli minore di una giornata particolare che conta, per decifrare la sua umana grandezza.
Ed è il mercoledì 24 maggio del 1967, e a Napoli arriva il Giro e all’Arenaccia vince allo sprint Willy Planckaert, e Michele Dancelli, ancora maglia ‘’Vittadello’, vi conquista la maglia rosa. Dancelli sarà quel giorno solare l’ultima maglia rosa a Napoli, fra l’altro, prina che vi arrivi Eddy Merckx nel 1968.
Ma quel giorno, Dancelli indossò una maglia rosa aspra e graffiata, carica di dubbi in carovana, perché chi la indossava dal mattino, lo spagnolo Gomez del Moral, la avrebbe persa solo perché vittima di una caduta rovinosa sul ponte del Volturno, poco lontano in fondo dal traguardo, che ne avrebbe determinato un ritardo incolmabile all’ arrivo.
E Michele Dancelli nel dopo corsa si superò, da giovane che da ragazzino aveva conosciuto ben altra fatica dal ciclismo stesso, imparava da muratorino, andando a chiedere scusa a Gomez del Moral, lacero e sofferente, una pietà, una ferita dalla pelle fino al cuore…’Non sono stato io ad attaccare, ti giuro, sono stati Marino Basso e i belgi della Romeo per Planckaert, io non l’avrei mai fatta questa vigliaccata, credimi’. E Gomez del Moral gli strinse la mano, nel congedo dalla maglia rosa e nella certezza di una trasparente onestà. Quella di Michele Dancelli, da Castenedolo, di cui l’Italia usurpata di oggi e dello sport e’ solo l’ultima provincia.
Gian Paolo PORRECA
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