Il Giro d’Italia si deciderà in Friuli. Lo farà nel cinquantesimo anniversario della sua più grande tragedia, il terremoto del 1976, onorando i mille morti e celebrando la rinascita di una terra che, nel frattempo, nella seconda metà di questo mezzo secolo, si è legata a filo doppio alla storia della Corsa Rosa essendo di casa nell’estremo Nord Est praticamenteogni anno.
Il 30 maggio 2026, e i rumors che ci arrivano sono affidabilissimi, si correrà una tappa interamente friulana, la Gemona del Friuli-Piancavallo. No, di più, perché la montagna sopra Pordenone, ed è un fatto inedito, nella penultima tappa del Giro sarà scalata due volte per un gran finale che calamiterà sopra Aviano migliaia di persone, che non vorranno perdersi l’ultima lotta alla maglia rosa in una specie di stadio all’aria aperta.
Migliaia di persone a bordo strada, e la salita è di quelle toste con i suoi quasi 15 km, una pendenza media del 7,4 % ma punte nella prima parte del 14 per cento. Tecnicamente è l’erta perfetta per attaccare da lontano e prendere vantaggio nella parte più agevole dopo le antenne, quando il fuggitivo vola col vento in poppa e magari i corridori staccatisi nel tratto più impegnativo fanno fatica a rincorrere.
La discesa non facile verso Barcis e la Valcellina, già percorsa dalla tappa del Giro del 2011 – il giorno dopo il mancato Crostis che puntò verso le Torri del Vajolet in Trentino - e tristemente famosa perché in quei boschi l’ignobile assassino si liberò del cadavere di Giulia Cecchettin, potrebbe rendere ancora più frizzante il finale. Difficile che le due scalate siano da Barcis, tutti gli indizi portano al versante nobile.
Memoria, attualità e grande sfida sportiva: il Giro d’Italia non si smentisce. Del resto, da oltre un secolo, sta accompagnando la storia dell’Italia.
Vero, la prossima edizione, la numero 109, non è stata ancora presentata, ma la grande partenza sarà ancora una volta dall’estero, stavolta in Bulgaria dopo la non certo memorabile Albania dello scorso maggio. Poi i rumors riferiscono del trasferimento in Calabria e di una prima salita vera in Abruzzo, il temuto Blockhaus.
Scontato il ritorno a Napoli (un must dell’ultimo quinquennio), quindi il giorno di riposo in Toscana a Viareggio, una tappa ligure e un’unica cronometro in Piemonte, al solito legata a un celebre vino. Poi le Alpi con una frazione in Val d’Aosta forse con arrivo a Cervinia e una in Valtellina.
E quindi il gran finale. Da brivido per il Nord Est. Perché il 29 maggio, terzultima tappa, la Corsa Rosa inaugurerà la dura salita di Pian di Pezzè sopra Alleghe, ascesa probabilmente preceduta dal Passo Fedaia con magari il ritorno dei celebri e suggestivi Serrai, spazzati via dalla tempesta Vaia e ricostruiti dopo laboriosi e costosi anni di lavori. Un tappone dolomitico, dunque, prima del gran finale interamente in Friuli aperitivo alla passerella finale che ancora una volta sarà a Roma.
Perché Piancavallo e non, ad esempio, lo Zoncolan, attesissimo e che manca sulla mappa del Giro dall’edizione 2021, quella post Covid, e addirittura, per quanto riguarda il più celebre versante di Ovaro, ormai dalla cavalcata di Froome del 2018? Presto detto: il Kaiser fa paura, ormai è vittima della sua fama. Metterlo nella tappa finale vorrebbe dire rischiare di paralizzare il gruppo, per tre settimane in attesa della scalata più temuta. Un po’ come avvenne per la crono del Lussari nel 2023. Mauro Vegni, amico del Friuli di lungo corso e all’ultimo ballo come direttore della corsa (la sta disegnando, ma in maggio non ne sarà al timone), ha optato per una soluzione più “morbida”.
Paolo Urbani, l’organizzatore delle tappe friulane in Fvg, l’erede di Enzo Cainero – che lavora sempre in sinergia con la presidenza della Regione, e in particolare col portavoce del governatore Massimiliano Fedriga, Edoardo Petiziol –, oltre ad assicurarsi una indimenticabile partenza da Gemona, peraltro dalla caserma degli alpini Goi-Pantanali, teatro di una delle tragedie simbolo del sisma e rimessa a posto dalla Regione pro prio per il cinquantennale delle scosse, ha ottenuto una frazione che simbolicamente attraverserà il cratere di quella tragedia. Buja, Majano, Colloredo di Monte Albano, forse Forgaria, Clauzetto, la montagna pordenonese prima del Piancavallo. E ha ottenuto la doppia scalata alla montagna che fu di Pantani nel 1998, un colpo di teatro non da poco.
Lui, Urbani, dice che i rumors non li commenta. Ma anche in questo caso vale il detto inglese: follow money. Segui il denaro. Che calza a pennello per le tappe del Giro. La Regione paga la metà, l’altra sono gli sponsor, più di 500 mila euro, ma poi assicura finanziamenti per la sistemazione e la riasfaltatura delle strade, una sorta di lascito del Giro sul territorio. Basta leggere i finanziamenti per Fvg Strade e le due Edr, totale 14,7 milioni, e praticamente il percorso della tappa è fatto. Buon divertimento.
dal Messaggero Veneto

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