
Cosa resterà, al netto del podio finale Vingegaard - Almeida - Pidcock, della Vuelta España 2025? Cosa resterà, al netto del silenzio assordante dei media televisivi e non sull’evento ciclistico a tappe terzo nel mondo ma nullo nello spazio, e al netto altresì delle clamorose proteste ProPal che hanno negato addirittura lo sprint finale e la congrua premiazione ieri di Madrid?
Cosa resterà, fra scioperi e dunque blocchi stradali in difesa della pace che offendono l’unico sport indifeso che in tutta onestà conosciamo, oltre la vaga attenzione tricolore dedicata al successo in una tappa di montagna di Giulio Pellizzari e in una crono pateticamente ridotta nel chilometraggio, a Valladolid, di Filippo Ganna?
Bene, molto curiosamente, o solo perchè di ciclismo non ci si ammala mai abbastanza seriamente, a noi resta stretta la maglia bianca di miglior giovane conquistata da un ragazzo nato a Tucson, in Arizona, States ratificati, che correva (guarda un po’, sino a fine Vuelta) per la Israel Premier Tech, e si chiama - lieve dei suoi 23 anni - Matthew Riccitello. O anzi o forse Riccitiello.
E che ribadisce ancora, come una volta dichiarò a Giulia De Maio, di indossare orgoglioso un cognome di eloquente matrice italiana, «si, mio padre me lo raccontava sempre, che questo mio cognome tanto poco statunitense è assolutamente originariamente italiano. E ricorda che si ricorda che gli diceva suo nonno che erano venuti loro, emigranti, dal profondo Sud dell’ Italia. E credo proprio, sapete, dalle zone di Napoli…».
E se allora un giorno, in questa Napoli porosa da re Mida contagiosa, diventasse pure nostro suddito - oriundo o con doppio passaporto - il campione giovane del ciclismo mondiale maggiore a venire? New entry, Riccitello, post-Pogacar…O meglio, Riccitiello. Come si chiamava sacrosanto quel monsignore di Giugliano, nostro paziente amico negli anni ‘80, che tanto amava da non credere proprio il ciclismo, il parroco indimenticabile don Francesco Riccitiello…..