
Si conclude domani in Belgio la settimana dedicata ai festeggiamenti per Eddy Merckx, che lo scorso 17 giugno ha compiuto 80 anni. Tanto si è detto su questo straordinario campione e tanto ancora si può dire, ma ci sono aspetti che forse più di altri meritano di essere conosciuti e che appartengono alla sfera intima e familiare del Cannibale. Quella incredibile voglia di vincere che aveva in ogni gara ha una sua motivazione ben precisa che va ricercata negli anni in cui Merckx era un bambino e nei primissimi anni da ciclista, quando era ancora adolescente.
In pochi probabilmente sanno che Eddy Merckx era un bambino iperattivo con diagnosi di ADHD, ovvero quel disturbo di neurosviluppo caratterizzato da difficoltà di attenzione, iperattività e impulsività. Oggi l’ADHD è ben conosciuta e i bambini che ne presentano i sintomi ricevono molti supporti: va assolutamente sottolineato, che l’ADHD non ha nulla a che fare con l’aspetto cognitivo e spesso i bambini con deficit dell’attenzione e iperattività sono estremamente intelligenti.
Bisogna però immaginare un bambino iperattivo negli anni Cinquanta: Merckx quella sua iperattività non sapeva come indirizzarla e i suoi atteggiamenti venivano spesso puniti dal padre, che per placare le sue crisi aveva l’abitudine di mettergli la testa sotto il rubinetto dell’acqua fredda, oppure gli faceva sbattere la testa sul lavandino o gli dava sonori ceffoni. Quindi bisogna entrare nella testa del piccolo Eddy e capire il suo rapporto con la famiglia che mal vedeva e mal gestiva il suo essere perennemente irrequieto.
«Non sei buono a niente – ripeteva il padre al piccolo Eddy – nella vita non riuscirai mai a fare qualcosa di buono». Queste sono le dure parole che Merckx si sentiva dire di continuo da suo padre in tenera età, parole che quasi sempre erano accompagnate da atti punitivi. Tutto ciò che Merckx sentiva dire sul suo conto, con il passare del tempo scatenò un indomito bisogno di dimostrare il suo valore. Da questi episodi, è nata quella fame che non si sarebbe mai saziata, con il desiderio irrefrenabile di dimostrare tutto quello che poteva fare e offrire. Questo suo stato doveva prima trovare l’assoluzione in casa e poi nel mondo al di fuori delle mura domestiche. Quando Eddy Merckx riuscì ad avere una bici, ebbe la possibilità di dimostrare prima di tutto a suo padre, che lui qualcosa di buono sapeva farlo e queste sue straordinarie capacita vennero immediatamente colte dal genitore, che subito divenne il suo primo tifoso.
La famiglia Merckx era umile e tutti lavoravano nel negozio di alimentari che avevano e quando il giovane Eddy riuscì a conquistare il padre, si trovò di fronte ad una madre che odiava il ciclismo per la sua pericolosità e voleva assolutamente, che suo figlio abbandonasse l’idea di diventare un ciclista per continuare gli studi.
Ma anche lei alla fine fu costretta ad arrendersi davanti a quel talento: «Se vinci la gara domani, puoi lasciare la scuola». E così accadde. Merckx che aveva 16 anni, vinse con quattro minuti di vantaggio sul secondo classificato e poté dedicarsi completamente al ciclismo.
E’ in questo momento esatto che cambiò completamente il suo ruolo in famiglia. Lui che era sempre stato considerato l’ultimo, il bambino problematico che non sapeva far nulla, all’improvviso divenne il migliore.
Tutto ruotava attorno alla sua carriera: il cibo veniva preparato appositamente per lui, il padre gli puliva la bicicletta e persino il fratello Michel e la sorella Micheline dovevano accompagnarlo ovunque. L'impegno della sua famiglia fece sì che Eddy diventasse un vero campione. Ma quella sete disperata di farcela, la portò sempre dentro di se’. Quel desiderio di essere il migliore, il più forte e il più bravo, lo sentiva ad ogni corsa e così come da bambino aveva dovuto dimostrare al padre la sua bravura, Eddy Merckx ad ogni gara si trovava di fronte alla necessità di dimostrare a tutti gli altri il suo valore.
Il Cannibale vinceva non solo per il suo fisico straordinario, ma per delle motivazioni che sono superiori a qualunque altra forza. A dirlo è stato lo stesso Merckx ai suoi biografi e il tutto è raccolto nel libro che celebra i suoi 80 anni: “Eddy Merckx. De Ultieme Biografie”, scritta da Johny Vansevenant insieme a Merckx. In questo libro si parte proprio dalla sua infanzia e da quella sofferenza che lo ha portato a diventare il più forte di tutti.
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