
Sonnolenza. Tanta sonnolenza. Un immane sbadiglio da Biella a Champoluc, cinque colli scalati inutilmente, calmi, regolari, come un cammino a Santiago di Compostela. E per fortuna che qui doveva scoppiare la guerra mondiale. E meno male che Del Toro lo facevano nero. Alla faccia dello spacciato. Di fatto, senza farla tanto lunga, giocano tutti compatti per lui. Yates e Carapaz consumano la squadra per ritrovarsi soli e spossati al momento di chiudere il conto. Il bambolo messicano invece gioca d'attesa, si tiene vicini i fedelissimi, poi a meno 7 dal traguardo è freschissimo e prontissimo per rispondere al telefonatissimo attacco di Carapaz, cui comunque va il cavalierato di Mattarella al valor civile per essere sempre l'unico, in questo Giro, a scattare da qualche parte. Stavolta, il risultato concreto di Carapaz è aiutare il Bambolo a far fuori Yates. Altro da segnalare, il solito grande grandissimo Caruso, gira e rigira primo degli italiani a quasi 38 anni, ancora un buon (non eccezionale) Pellizzari, più un segnale di reazione del martoriato Tiberi. Fine della trasmissione, fine della tappa che dovrebbe mettere in mezzo la maglia rosa e che invece si rivela una lenta processione di reduci in parata, cattivi più di testa che di gambe.
Difatti, puntuale come il 730, sul traguardo parte lo spot di sempre: cosa pretendi, c'è troppa stanchezza. Dio santo, come cosa pretendo: mi raccontate per due settimane e mezza che aspettate la terza settimana per sconvolgere il mondo, mi dite che bisogna risparmiare le energie in vista del finale atroce, poi ci arriviamo per sentirci dire cosa pretendi, c'è troppa stanchezza. Ma per piacere. Persino a Champoluc, persino dopo la tappa più noiosa del secolo, sul palco gli opinionisti di Stato non provano il minimo imbarazzo nel voltare disinvoltamente pagina, come se niente fosse, ma certo, la tappa decisiva è domani, vedrai sul Colle delle Finestre, chiaramente oggi pensavano tutti a domani. Teneri, loro: ancora trovano il coraggio di spararle a questo modo.
E va bene, comunque voglio crederci. Anche dopo aver visto decine di Giri arrivare bolsi e sderenati ai tapponi, con gente buona solo per attaccare quadri alla parete, mai più la maglia rosa, voglio crederci. Voglio pensare che sul Colle delle Finestre e sul Sestriere i Carapaz, gli Yates, i Gee manderanno a casa il Bambolo con una serie di attacchi da strappare la pelliccia alle marmotte stravaccate in quota. Voglio crederlo, però mi corre l'obbligo di avvertire che poi la musica è finita, si spengono le luci, gli amici se ne vanno, raccontarci che c'è ancora domani sarà un po' più difficile.
Prima della fine del mondo sul Sestriere, doveroso rimarcare solo un paio di ultime cose. Uno: nel primo dei due tapponi sabaudi, quanto meno il Bambolo rosa dimostra di non essere poi così limitato in fatto di resistenza e lunghe salite, come peraltro mi avevano garantito le massonerie tecniche prima di salire in quota. Due: non so perchè, ma a me questi tapponi in mesta processione scatenano una profonda nostalgia per l'ultima settimana di un anno fa, con quel tizio in rosa capace senza alcuna necessità di classifica comunque di confezionare capolavori, spendendosi e concedendosi, esultando ed esaltando.
Ovviamente sono sicuro che nell'ultima sfida i fenomeni di quest'anno spazzeranno via a modo loro le mie nostalgie, facendomi rimangiare questi stupidi paragoni, tra attacchi e contrattacchi. Però lo facciano. E' vero che questo sta diventando il Giro di domani, ma dopo il Sestriere i domani sono sold-out. Resta solo tanta fede in un miracolo con le benedizioni papali. Anche se è forte l'impressione che neanche Sua Santità riuscirebbe mai a rianimare il Giro degli sfiancati.