Elia Viviani il Profeta, il Capitano: chiamatelo come volete. Il campione veronese vanta dei trascorsi fondamentali per la sua carriera ciclistica, guarda caso, nella provincia di Treviso, dove sono passati diversi atleti nelle squadre dilettanti che poi sono diventati campioni nell’Olimpo della bici. D’altronde l’ultimo iridato d’Italia dei professionisti è il castellano Alessandro Ballan che corse con la Fior di Castelfranco Veneto e con la Trevigiani.
L’ingresso a Treviso Elia Viviani lo fa nel 2008 nella Marchiol-Liquigas-Site Under-23 della quale presidente è Gioacchino Francescutto, vice presidente Giuseppe Lorenzetto, ora consulente tecnico dell’Uc Trevigiani Energiapura Marchiol, Team Continental, diesse l’ex professionista Biagio Conte, sacilese di origini siciliane. Elia fa valere subito le qualità da velocista vincendo due corse: il Gran Premio della Rinascita a Roncadelle e il Trofeo Comune di Acquanegra sul Chiese al Gran Premio d'Autunno.
L'avventura prosegue nel 2009 con la Marchiol-Pasta Montegrappa-Site-Heraclia Under-23 e ben 7 vittorie: Circuito di Paderno di Ponzano, Gran Premio Ceda a Mareno di Piave, ma soprattutto la Popolarissima a Treviso davanti ad Andrea Menapace e Davide Cimolai. Si aggiudica anche Coppa Caduti di Reda, Giro dei Tre Ponti a San Donà di Piave, Alta Padovana Tour a Cittadella Gran Premio di San Luigi a Sona.
Nel 2010, nella Marchiol-Pasta Montegrappa-Orogildo, prepara il grande salto tra i prof vincendo prima la settima tappa-seconda semitappa della Vuelta a Cuba (Ciego de Ávila-Sancti Spíritus) e in Italia il Giro delle Tre Province e ancora una volta la Popolarissima, beffando Giacomo Nizzolo che, sicuro di avere vinto, aveva alzato le braccia al cielo prima dell’arrivo e Davide Gomirato. Curiosità, anche Nizzolo ha smesso di correre pochi giorni fa.
A metà stagione passa professionista con la Liquigas-Doimo, seguita da diesse trevigiano Paolo Slongo. Si aggiudicò tre corse: la 7ª tappa del Giro di Turchia (Finike-Antalya), il Memorial Marco Pantani e il Memorial Frank Vandenbroucke.
Quando era con la Marchiol viveva nella casetta a San Polo di Piave con gli altri atleti: “Usava la testa, capiva come muoversi nei momenti decisivi delle gare come ha fatto anche nella sua ultima eliminazione iridata - racconta Giuseppe “Bepi” Lorenzetto, a quel tempo il vice-presidente della Marchiol, papà di Mirco ex professionista - nel ritiro trevigiano ha conosciuto con Peter Sagan. C’erano ragazzi che possedevano “motori” molto più potenti di lui, ma Elia ha lasciato un bel ricordo nella mia squadra. Era un ragazzo rispettoso che si faceva voler bene da tutti, dagli atleti fino agli accompagnatori. Basta guardare come ha vinto l’ultimo mondiale: un capolavoro”.
Quando passò nella Liquigas incontrò Paolo Slongo, già allora uno dei tecnici più preparati d’Italia, preparatore di Vincenzo Nibali e adesso di Elisa Longo Borghini, tanto per citare i nomi più in vista. Il loro rapporto risaliva a cinque anni prima, quando Slongo aveva convocato l’allievo Viviani per gli Eyof, l’European Youth Olympics Festival, che in quel 2005 si svolgevano a Lignano Sabbiadoro. In Friuli il sedicenne Elia aveva vinto due medaglie d’oro: nella prova in linea e in pista, nella corsa a punti. E soprattutto si era innamorato dei Giochi Olimpici, il sogno che un giorno sarebbe diventato realtà. «Io sono un velocista, la pista mi serve» insisteva Viviani. «In pista sei solo dentro a una specie di ottovolante spaziale nel quale contano soltanto le tue forze, dove tutto il resto intorno è sfumato».
Slongo lo difendeva, e alla fine la loro linea di multidisciplina prevalse. Anche perché Viviani cominciò subito a vincere anche su strada, e furono tutti silenziati, felici e contenti. Ci volle tempo perché il suo metodo – lavoro, lavoro e lavoro: Viviani è uno dei corridori più secchioni che si siano mai visti – portasse al massimo risultato.
Ancora nella Marca, gareggiò con la bici della Dogma Pinarello nelle squadre Sky (2015-2017) e nella Ineos (2022-2024); poi in tutti i titoli su pista, da 15 anni, li ha ottenuti con la “Ferrari della bici” di Fausto Pinarello di Treviso, figlio di Nane, maglia nera al Giro d’Italia del 1951 con la quale costruì il suo impero. “Elia è stato un grande uomo e atleta - spiega Fausto Pinarello - è stato il precursore della seconda generazione della pista che ha portato i successi di Ganna, Milan, Lamon e Consonni e anche delle giovani virgulte che hanno mietuto successi a raffica. Ha contribuito anche nello sviluppo delle bici dandoci preziosi suggerimenti tecnici. Ha corso anche alla Marchiol con le nostre bici. Penso che il “capitano” farà molta… strada anche nel futuro. Magari avendo un ruolo nella Federazione”.
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