
Così si fa. Questo si intendeva. Adesso, se Dio vuole, possiamo chiamarlo Giro d'Italia. Senza vergogne e senza imbarazzi. D'altra parte, se non si danno una mossa da soli, basta mettere la ghiaia sotto le ruote e la polvere in faccia per vederli saltare come grilli. Strade bianche e strade rosa, dopo otto tappe di nulla, finalmente una tappa. La Tappa.
Rivedere le cadute e le forature (leggi quel poveraccio di Roglic), rivedere il duello tra Del Toro e Van Aert sulla rampa finale nel cuore di Siena (pulsazioni a duemila, voto undici), e alla fine guardare la nuova classifica, tutto questo rivedere porta a una sola conclusione, anzi alla più solare conferma: al giorno d'oggi, una Strade Bianche può incidere e lasciare il segno molto più di tanti passi alpini. Nota a piede di pagina: fino all'ottava tappa i primi dieci erano dentro un minuto, guardare in un giorno solo lo sconquasso del polverone senese.
Da uno a dieci, tappa di livello massimo: dieci. Con un decoro quasi giottiano: questo Del Toro, 21 anni, spaventosamente forte. Certo non è nuovo, certo lo si era già visto, ma quello che combina sulle strade romantiche e bastarde del senese resta affrescato come un'opera d'arte. Certo non vince la tappa, perchè negli ultimi chilometri si tira dietro un pessimo cliente come Van Aert (ancora tu, non dovevamo vederci più?), praticamente una sentenza. Ma tutto il resto è consacrazione. Ovviamente, diventa anche trippa per la mentalità gossippara del giorno d'oggi, immediatamente questa fantastica rivelazione passa sullo sfondo, a favore del polemicone in casa Uae: ma tu guarda che tattica ubriacona, Del Toro corre per sé e nessuno gli dice di aspettare il capitano Ayuso, ma che gioco di squadra è, ma tu pensa in albergo il polverone quando si ritrovano tutti a tavola.
Opinioni. Libere e creative. Certo sta in piedi la teoria gufona dei due galli nel pollaio, col rischio che alla fine abbiano ragione gli antichi romani col loro “troppi galli a cantare non fa mai giorno”, ma sta in piedi anche la teoria opposta ben chiarita in casa Uae da Matxin, andiamo al riposo primi e secondi in classifica, Del Toro e Ayuso, cosa vuoi di più dalla vita?
Siccome qui non siamo democristiani di una volta, o magari timidi opinionisti Rai, andiamo subito a schierarci: due è meglio di uan, averne di questi problemi. Mancano ancora due settimane, manca la settimana alpina, manca tutto e sinceramente appare un po' stupido adesso buttarla subito in guerra interna. Io intanto me li tengo lì tutti e due, certo non uno contro l'altro, ma come minimo verifico strada facendo quale sia la carta migliore. Tanto per dire: già nella crono di martedì, senza tattiche di squadra, tutti contro tutti, si capirà ancora di più chi dei due ha più birra. E comunque: io un Del Toro così non lo spreco e non lo sacrifico, non si soffoca in culla una simile creatura, un Del Toro così lo tengo lì finchè dura, e se dura fino a Roma tanto meglio, vorrà dire che mi toccherà vincere il Giro con un prodigioso ragazzino messicano anziché con Ayuso. Mi sembra il minore dei mali.
Nel dopogara si sente dire tra commentatori vari non vorrei essere nei panni dei direttori sportivi Uae, adesso. Pensa un po', io vorrei starci comodo e beato, in quei panni. E credo che i Matxin, i Baldato, i Guidi, i Mori non siano gente da perderci il sonno davanti all'idea di giocare a due punte: una grande squadra abituata a Pogacar, unico e solo che basta per tutti, dimostra di essere grande davvero anche gestendo una situazione (felice) come questa. Nel caso, chiedere in casa Roglic se non farebbero cambio.