L'ORA DEL PASTO. TORRIANI E L'ITALIA DEL GIRO (CHE NASCE DOMANI)

LIBRI | 12/01/2025 | 11:25
di Marco Pastonesi

Per 47 volte è stato lui il signor Giro d’Italia. Le prime tre volte lo diresse con Armando Cougnet, caporedattore della Gazzetta dello Sport, settore Ciclismo, che il giorno dell’assunzione andò da casa al giornale in bicicletta, il bello è che lui abitava a Reggio Emilia e il giornale aveva sede a Milano. Le altre 44 volte lo governò da solo, anche se gli ultimi anni lo sosteneva valorosamente Carmine Castellano, avvocato, che però dalla natia Sorrento all’adottiva Milano preferiva andare in macchina.


Così, ogni volta che si annuncia la presentazione del Giro d’Italia (domani, finalmente, a Roma), è aritmetico (e anche doveroso, e anche ovvio, e anche storico) ripensare a Vincenzo Torriani. Tirannico, despotico, irascibile, ma scaltro, inventivo, geniale. Adrenalinico, fumantino, audace, il meglio lo dava sotto pressione. Quella sigaretta, quell’impermeabile, quel mezzobusto. La voce roca, lo sguardo agguerrito, la risposta pronta. Doti affinate e affilate in tempi in cui non esistevano computer e telefonini, internet e wifi, ma colpi d’occhio e strette di mano, parole date e favori reciproci. In cui era indispensabile prendere decisioni istantanee, escogitare soluzioni immediate. Un regno fatto di conoscenze, e anche di cinismo.


Tre anni fa Sergio Giuntini ha scritto “Vincenzo Torriani e l’Italia del Giro” per Prospero Editore (400 pagine, 19 euro, con la prefazione di Sergio Meda). Un saggio che comincia a Novate Milanese, in un cortile detto dell’ouiliè, perché lì gli avi di Torriani avevano un frantoio con rivendita di oli, vini e granaglie, e si conclude a Milano in via Mauro Macchi, dove lui fu spento dall’Alzheimer. Pochi chilometri in linea d’aria, ma nel percorso dei suoi quasi 78 anni, l’equivalente di una quarantina di giri del mondo disegnando labirinti dallo Stelvio all’Etna, da Città del Vaticano a Venezia, dall’Isola d’Elba a Lago Laceno, fra strade silenziose e viali trionfali, tornanti dolomitici e piazze d’armi, con Montanelli e Fossati, Zavoli e Raschi, da Coppi e Bartali a Merckx e Indurain. La storia del ciclismo e la storia d’Italia.

Ma Giuntini ci dona molto di più. Da storico, scava e scandaglia, fruga e trova. Le due volte in cui Torriani fu candidato alla Camera dei Deputati, sempre per la Democrazia Cristiana, entrambe le volte bocciato, anzi, “trombato”. La volta in cui Torriani – la sua ammiraglia aveva investito e ucciso due bambini - fu visto piangere da Raschi. La volta in cui Torriani offrì cento biciclette a Paolo VI da destinare a bambini poveri. Quella volta in cui Torriani fece transitare la corsa da Erto, travolta dalla tragedia del Vajont, dove un gruppo di tifosi aveva esposto il cartello “I superstiti salutano il Giro”. Quella volta in cui Torriani, in una vertenza con la Federazione ciclistica italiana, fu salvato da un dissidente, Dante Garioni, che lui avrebbe promosso da operaio all’Alfa Romeo a rappresentante della Salvarani e infine a vicedirettore del Giro d’Italia. Quella volta in cui Torriani partecipò a una riunione in un ristorante milanese per discutere del “recupero morale” di Coppi, ed era già stato individuato un appartamento (a Milano – per coincidenza - in via Napo Torriani, nessuna parentela), dove il Campionissimo avrebbe potuto vivere senza la Dama Bianca.

Torriani teneva il coltello dalla parte del manico. Squadre e corridori ubbidivano. Magari mugugnando, magari brontolando, magari sbuffando, ma ubbidivano. L’unica trasgressione, collettiva, liberatoria, comprensibilissima, era quel “paga Torriani” con cui i gregari, alla ricerca di qualsiasi bibita, saldavano i conti con baristi trafugati, cantinieri scippati e osti disperati.


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COMMENTI
Il Giro con Torriani ,grande visibilità
12 gennaio 2025 18:33 marco1970
Mi ricordo che la presentazione del Giro ai tempi di Torriani era un grande evento.Dopo la presentazione poi,lui lo andava a promuovere anche in trasmissioni popolari di Rai uno come Dome nica In.Oggi di questo sport non se ne rinvengono tracce.Non se ne parla più come se si fosse estinto.Eppure il ciclismo ha campioni grandissimi e coraggiosi anche se non sono italiani.Quando noi non avevamo tennisti tra i big,di tennis se ne parlava.Tenevano banco i Federer,i Djocovic.ecc..Adesso il grosso pubblico conosce Pogacar? Conosce Vingegrad o Van der Poel.Ho i miei dubbi.

Postuma...
14 gennaio 2025 12:11 canepari
Caro Cesare (Sangalli ndr).
Purtroppo te ne sei andato qualche anno fa. Ti ho amato tanto e anche tu non potevi fare a meno di me. Ti piacevo, ti piacevo così tanto che, spesso la notte , con la musica della radio in sottofondo, stilizzandomi, mi ritraevi bellissima e sinuosa. Dicevi sempre che grazie a me hai girato quel magnifico paese che abbiamo e che non ci rendiamo conto di avere. Ma io amavo anche un altro: un tipo focoso, istintivo, agitato sempre. Il nostro era un triangolo perfetto. Si chiamava Vincenzo e ci ha lasciato una ventina di anni fa’. Al contrario di te mi teneva poco in considerazione, ma anche lui aveva bisogno di me; l’ho portato sul Gavia, sullo Stelvio, all’Arena di Verona e perfino in Piazza San Marco. Noi tre, un triangolo perfetto, siamo entrati nella leggenda e continueremo a vivere in essa. Si, negli ultimi tempi sono molto più bella e curata, ma vuoi mettere quando ero giovane, ruspante, inesperta, e voi perlustravate le mie curve con pazienza e passione. Quanta passione! Grazie di tutto ragazzi, grazie per tutta la gioia che ho ricevuto da voi.
La “vostra” Strada del Giro d’Italia

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