IL CICLISMO PIANGE LA SCOMPARSA DI MINO DE ROSSI

LUTTO | 19/01/2022 | 09:20
di Massimo Lagomarsino

Avrebbe compiuto 91 anni il 21 maggio prossimo, Mino De Rossi un grande atleta e soprattutto un grande uomo che purtroppo è mancato il 7 gennaio scorso: la notizia è trapelata solo oggi Da tempo abitava a Quinto al Mare nel levante genovese, dove sino a pochi anni fa non disdegnava girare in sella ad un motorino perché la passione delle due ruote gli era rimasta nel cuore. 


Il fisico asciutto come quando nel 1951, ancora dilettante, al Vigorelli di Milano conquistò la maglia iridata nell'inseguimento individuale. Che tempi, gli occhi sono tutti puntati su questo ragazzo, nato ad Arquata Scrivia, nella terra di Fausto Coppi che a due anni con la famiglia si trasferisce a Genova. Al Campionissimo assomiglia persino nei modi fare, composto ed elegante.


Si ripete l'anno seguente ai Giochi olimpici di Helsinki dove insieme a Marino Morettini, Loris Campana e Guido Messina vince la medaglia d'oro nell'inseguimento a squadra. De Rossi se la cava bene anche su strada, nello stesso anno domina la Coppa Caldirola, una classica dell'epoca, con credenziali del genere inevitabile finire alla corte di Fausto Coppi alla Bianchi.

Continua a correre in pista, ma sul suo percorso troverà un irresistibile Leandro Faggin, in compenso su strada comincia a farsi valere e diventa uno dei più fedeli compagni di Coppi. Nella Bianchi di quegli anni c'è un certo Raphael Geminiani da Clermont Ferrand, nasce una buona amicizia che si è spezzata solo il 7 maggio. La consacrazione giunge nel 1954, terzo al Giro di Lombardia, alle spalle di Coppi e Magni. “Si arrivava al Vigorelli – raccontava De Rossi – nonostante avessi aiutato Fausto per tutta la giornata, sfruttando le mie doti di pistard, ottenni un ottimo terzo posto”.

Coppi è sicuro di poter contare su di lui anche l'anno successivo, ma De Rossi gli confida di aver firmato per la Chlorodont di Domenico Piemontesi. I rapporti con Biagio Cavanna “l'orbo di Novi Ligure” non sono dei migliori, preferisce cambiare aria, potrebbe essere l'anno della consacrazione.

Al Giro di Campania è in ottima forma, da del filo da torcere a Coppi e Magni che all'arrivo saranno rispettivamente primo e secondo. Piemontesi non vuole perdere l'attimo fuggente, decide di partecipare alla Parigi–Roubaix. De Rossi può fare bene, molto bene. La giornata è piovosa, gelida, ogni tratto di pavè nasconde un'insidia, finisce a terra, il referto non lascia dubbi: frattura del bacino. Un brutto colpo, decisivo per il proseguo della carriera.

Riprende l'attività, ma non è più lo stesso. Riesce ad ottenere un buon 12° posto al Giro dell'Appennino che quell'anno rappresenta l'ultima grande vittoria in una corsa in linea di Coppi. Ancora un paio di stagioni su strada, ma decide con sempre maggior frequenza di dedicarsi alla pista e in modo particolare alle “Sei Giorni”. Era stato ingaggiato dalla Ignis di patron Borghi che aveva ottenuto l'autorizzazione a vendere elettrodomestici in Germania dove ilciclismo su pista era molto seguito, per questo motivo aveva bisogno di diversi pistard in squadra. Con lui ci sono Maspes, Gasparella, DeLillo, Arienti. Di “Sei giorni” ne vince due a Buenos Aires nel 1959 con Jorge Batiz e a Montreal nel 1963 con Fernando Terruzzi.

Alle “Sei giorni” è legato un aneddoto curioso che riguarda la manifestazione che si svolgeva nel velodromo di Grenoble in Francia. Giunto in treno alla “gare” della cittadina francese gli venne incontro un ragazzo biondo, educato, gentile e rispettoso: “Bonjour, monsieur De Rossi, je suis JacquesAnquetil nous courrons ensemble”. Quanti ricordi, quanti racconti di un'epoca ormai lontana, storica ed epica per il ciclismo che riusciva ad infiammare le folle, su strada e su pista.

Con De Rossi scompare una bandiera del ciclismo ligure, pur essendo nato ad Arquata, era genovese a tutti gli effetti. Finita l'attività agonistica aveva intrapreso in corso Gastaldi, a pochi passi dalla pista dello stadio Carlini, una rivendita di pneumatici del marchio francese Michelin molto legato al ciclismo nella seconda metà del secolo scorso. Nella seconda metà del secolo scorso con l'amico Angelo Gnecco aveva collaborato all'organizzazione del Giro della Liguria per amatori. Tra i suoi più cari amici che ha frequentato sino a quando le condizioni di salute glielo hanno permesso, Imerio Massignan, Luigi Zaimbro e Giulio Ricciardi.

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COMMENTI
Ciao Mino, “mandrogno”;
19 gennaio 2022 13:52 canepari
sei nato “in fondo alla campagna”. …E allora vorrei ricordarti per la tua faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così con la quale, bambino, sei venuto a Genova col padre che lavorava la gomma; vulcanizzatore, si diceva. Ma la tua faccia peggiore me la immagino quando la notizia della morte di Coppi ti coglie a Colonia, durante una sei giorni. A dirtelo fu Van Steenberger. L’avresti ucciso…
Tu hai continuato per anni a tramandare il ricordo di Fausto in ogni occasione ti fosse chiesto. “Già; Fausto Coppi…dicevano tutti che io fossi la sua fotocopia: Ma io pedalavo, lui volava…” Ti schermivi così.
La storia dice che hai cominciato a pedalare ragazzino, finita la guerra. Ti allenavi in pista, alla pista della Nafta dove affinavi le tue qualità sotto le direttive del “maestro” Aldo Beccari. Ma alternavi con successo anche la strada gareggiando nelle sagre paesane e allenandoti in Riviera dove conoscesti Coppi. O meglio: “il Signor Coppi…” che a un certo punto, quando hai conquistato il titolo mondiale dell’inseguimento ti obbligò a dargli del tu promettendoti in cambio una maglia della Bianchi allorchè, superato il blocco olimpico e dopo aver trionfato nel quartetto a Helsinki, passasti professionista. De Rossi, Morettini, Campana, Messina: 4’46”1. E poco importa se adesso le ragazzine vi doppierebbero facilmente. La pista italiana cominciava l’epopea che l’avrebbe portata ai fasti romani e alle epiche sfide Maspes Gaiardoni. Una volta mi confessasti: “Vedi, la pista e le Sei Giorni sono come la politica; tutto si basa sulla valutazione delle forze in campo, la presa d’atto del peso agonistico, speculando sulla convenienza portata agli estremi fino al ricatto; si arriva così facilmente al compromesso… Oggi vinco io ma domani ti devo qualcosa. C’è sempre una questione di opportunità a capire quando uno è più forte per autorizzarlo a vincere facendogli credere di rendergli la vita dura. Intanto avrebbe probabilmente vinto lo stesso, e tu maturi un credito”. Mino, chapeau! Un vero stratega del pedale. La tua scomparsa ci addolora profondamente perché perdiamo un amico sincero e un grande campione del “900.

Complimenti
19 gennaio 2022 20:12 Robtrav
Per il bel commento che fa capire l uomo che fu e il ciclismo che si viveva. Complimenti davvero

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