IMELDA CHIAPPA E QUELL'ARGENTO OLIMPICO CHE VALE SEMPRE DI PIU'

DONNE | 30/07/2021 | 08:15
di Alessandro Brambilla

Passano gli anni, tuttavia la miglior italiana nella prove su strada delle Olimpiadi è sempre la mamma d’arte di Calusco d’Adda. Imelda Chiappa, signora cinquantacinquenne, nella corsa su strada dell’Olimpiade di Atlanta 1996 è arrivata seconda, preceduta dalla fuoriclasse francese Jeannie Longo. Quello di Imelda ad Atlanta è tuttora il miglior risultato ottenuto da un’italiana nelle gare su strada dei Giochi Olimpici.


La bergamasca Imelda Chiappa (nella foto in maglia tricolore, al fianco di Fabiana Luperini) è originaria di Sotto il Monte, paese di Papa Giovanni Roncalli, il “Papa buono”, e ora vive col marito Marco Colleoni - ex corridore dilettante - e i figli Maurizio e Kevin. Il passista scalatore Kevin Colleoni è uno dei migliori giovani del ciclismo professionistico italiano: gareggia nella Bike Exchange, team catalogato World Tour.


Imelda ha partecipato a due edizioni dei Giochi, Seul 1988 e Atlanta ’96. A Seul conquistò l’oro Monique Knol (Olanda). “Il percorso dell’Olimpiade in Corea – fa notare Imelda – era  pianeggiante. C’era solo un cavalcavia come dislivello e riuscire a interpretare bene la gara creando selezione era difficile”.

Negli anni successivi Imelda ha ottenuto buoni risultati, oltre a sposarsi con Marco. “Avevo molte possibilità di gareggiare all’Olimpiade di Barcellona 1992 - spiega - però quell’anno sono diventata mamma di Maurizio, e così mi sono dedicata alla famiglia”. Nel 1995 la mamma di Calusco d’Adda era stata brava, però Alessandra Cappellotto e altre note ciclogirls  italiane avevano vinto di più.

Nel ’96 la signora Chiappa Colleoni è andata allOlimpiade in sordina. “Prima di Atlanta – sottolinea – il tam tam mediatico in Italia era a favore di altre atlete. Però io ho comunque fatto la  titolare”. Il caldo tropicale caratterizzò i Giochi 1996. “Il caldo mi piaceva e nei giorni che precedevano la corsa mi sentivo serena, ottimista. Durante la corsa su strada di colpo si mise a piovere e la situazione per me si stava mettendo male: non ho mai avuto un buon rapporto con la pioggia. Fortunatamente il temporale durò poco e il percorso si adattava alla mie caratteristiche, con numerosi saliscendi anche ripidi. Il tratto che più mi piaceva era quello dell’arrivo, un lunghissimo rettilineo con salita dal 4-5 % di pendenza costante. Il guaio è che piaceva moltissimo anche alla Longo che all’ultimo giro sul quel rettilineo finale ci staccò. Io pigiai sui pedali con tutta la forza che avevo, tagliando il traguardo in seconda posizione. Avevo distanziato una forte canadese e altre atlete”.

Oltre l’arrivo Imelda non esultò benché sommersa dall’abbraccio dei dirigenti azzurri. “Ero alla mia seconda Olimpiade, eppure non mi rendevo conto dell’importanza del piazzamento da medaglia d’argento. Per me quel secondo posto era una vittoria buttata via, un risultato tutt’altro che da celebrare”. Poi però le fecero cambiare idea: “Mi spiegarono che la Longo in quel periodo era praticamente imbattibile, e che la seconda posizione nella gara su strada era il miglior risultato ottenuto da un’italiana nella storia dei Giochi Olimpici. L’Olimpiade si corre ogni 4 anni, andare sul podio ha un prestigio maggiore rispetto ad altri cimenti internazionali. E così dopo la premiazione mutai atteggiamento e sul mio volto comparve il sorriso”.

Nessuna italiana è riuscita finora a migliorare il risultato nella gara su strada, nemmeno Elisa Longo Borghini. “Ciò – ammette Imelda – ora mi rende orgogliosa. A distanza di anni mi rendo conto d’aver effettivamente compiuto un’impresa. Sono primatista tuttavia auguro alla Longo Borghini e alle altre azzurre di quest’epoca di vincere molto a livello internazionale”.

Del secondo posto di Imelda ad Atlanta non si è parlato molto. “Ero e sono una persona schiva, relativamente alle feste mi limitavo ad andare a quella che Renato Fossani organizzava annualmente per presentare il suo libro. Per il resto preferivo stare in famiglia anche perché sono diventata mamma presto. Già giravo 9 – 10 mesi l’anno per corse e allenamenti, d’inverno rinunciavo volentieri a premiazioni e pubbliche relazioni pur di fare la mamma al 100%”.

Su strada soprattutto la signora Imelda Chiappa di soddisfazioni ne ha avute molte: 3 maglie tricolori a cronometro, due in linea. E su pista nel 1986 a Monteroni di Lecce si laureò Campionessa d’Italia dell’inseguimento individuale battendo in finale la favoritissima Rossella Galbiati. “Su strada – aggiunge Imelda - mi manca un titolo Mondiale: l’avrei meritato. Il mio miglior risultato è un terzo posto nel Campionato del Mondo della cronosquadre sui 50 chilometri. E ci tengo a menzionare vittorie che ottenni in gare a tappe come Giro di Toscana e Giro del Trentino che allora duravano una settimana. Erano lunghe quasi quanto il Giro d’Italia femminile di adesso”. Al Giro d’Italia oltre a trionfare in svariate tappe è giunta terza nelle edizioni del 1993 e ’96.

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