GIRO D'ITALIA | 20/05/2018 | 07:10
Se io scrivessi «tradimento di Sappada», a molti di voi scapparebbe un sorriso. Ma certo, Visentini e Roche, il Giro dell’87. Invece il tradimento a cui stavo pensando è un altro. Quando questo Giro d’Italia è stato presentato, il 29 novembre dell’anno scorso, con tanto di carrambata (il videomessaggio di Chris Froome), la tappa di oggi arrivava in Veneto, come quella di Nervesa della Battaglia. Due settimane più tardi, il 16 dicembre, la geografia del Giro ha subìto un piccolo terremoto, perché Sappada - e con Sappada l’arrivo della quattordicesima tappa - è passata al Friuli-Venezia Giulia. Merito - o colpa, fate voi - di un referendum che si era svolto addirittura nove anni prima, il 9 e 10 marzo 2008: su 1.199 aventi diritto erano andati a votare 903 elettori, cioè il 75,3%. Di questi, 860 - il 95% - avevano votato sì, 41 no.
Di Sappada, provincia di Belluno, sono alcuni grandi campioni: i fondisti Silvio Fauner e Pietro Piller Cottrer e l’azzurra del biathlon Lisa Vittozzi. D’ora in avanti tutti friulani. In un territorio che sembra un paradiso, vivono il gallo cedrone, la pernice bianca, l’ermellino, il fagiano di monte, la lepre alpina. E due coppie di aquila reale. Milletrecento abitanti e sei nomi diversi - noi diciamo Sappada, nel dialetto tedesco che si parla in paese è Plodn, nel tedesco ufficiale Bladen, in ladino Sapada, in friulano i nomi sono addirittura due, Sapade e Ploden - Sappada chiedeva soltanto di poter entrare a far parte del Friuli-Venezia Giulia, in provincia di Udine. Il motivo era sentimentale - Sappada era stata separata dal Friuli nel 1852 - ma anche economico: le regioni a statuto speciale come il Friuli garantiscono aiuti alle zone di montagna. Così hanno votato, e oggi il Friuli-Venezia Giulia ha una tappa in più, il Veneto una in meno.
P.s.: Chi non avesse mai sentito parlare del tradimento di Sappada, quello vero, è pregato di andarsi a ripassare il Giro del 1987. Quel giorno, il 6 giugno, in rosa c’è Roberto Visentini, che ha già vinto il Giro l’anno prima. La sua squadra, la Carrera, è una corazzata: ci sono Chiappucci, Leali, Ghirotto, Bontempi, Cassani, e l’irlandese Stephen Roche. La maglia rosa è già passata da Visentini a Roche, per tornare a Visentini. A quel punto le gerarchie sono chiare: il capitano è il detentore del Giro. Chiaro per tutti, meno che per Roche. Che pensa agli affari suoi. Quel 6 giugno la corsa va da Lido di Jesolo a Sappada (in Veneto, si capisce). E Roche attacca, addirittura due volte: prima sulla discesa dalla Forcella di Monte Rest (lo riprendono ad Arta Terme, dopo 45 chilometri) poi prova ad allungare sulla Sella Valcalda assieme e un gruppetto. Gli altri della Carrera provano a ribellarsi, ma senza successo. Anche perché sulla salita finale, da Forni Avoltri a Cima Sappada, Visentini va in crisi di fame e si perde. A Sappada vince van der Velde, Roche dà quasi sei minuti a Visentini e gli prende la maglia rosa. Accuse, minacce, scene da malavita. Il giorno dopo, nella tappa che da Sappada porta a Canazei, Roche viene scaricato dai compagni ma trova altri alleati. Visentini prova ad attaccarlo, sul Pordoi ci scappano ia pugni, poi nella tappa di Pila Visentini cade, si rompe un polso e il giorno dopo Roche vince crono e Giro.
In quell’anno l’irlandese vinse tutto, anche il Tour e il Mondiale. Da allora invece Visentini non si è più dato pace: dopo Sappada non ha più amato il ciclismo, anche se ufficialmente lo ha lasciato soltanto tre anni più tardi. E questa Cima, Veneto o Friuli che sia, è diventata sinonimo di tradimento.
Alessandra Giardini
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