BUSTO ARSIZIO E I CIMELI DI COPPI

STORIA | 26/11/2017 | 07:02

Non è un mistero che Fausto Coppi fosse di casa a Busto Arsizio. Per undici anni, tra i migliori della sua carriera, fu tesserato (come il fratello Serse) per il glorioso Velo Club Bustese. E il Campionissimo in città passava sovente, per un saluto, una cerimonia, una pedalata. Molto più misteriosa, invece, è la sorte che hanno avuto i suoi cimeli dell’epoca. E con essi quelli che hanno riguardato altri atleti che allo stesso sodalizio si sono legati. Star del tempo che hanno riempito le bacheche di allori, per la gioia dei mecenati che li vollero ingaggiare.


Alla soglia dei cent’anni. Ora si scopre che una buona parte di quel tesoro (storico) è rinchiuso nella cassetta di sicurezza di una banca, lontano dagli occhi ma non dal cuore di alcuni cultori della disciplina. Sono coloro che hanno voluto, poi creato e adesso curano il Museo del ciclismo, esposizione permanente di una storia che nel 2019 compirà cent’anni (proprio come Coppi, nato il 15 settembre 1919 a Castellania, provincia di Alessandria, ndr), prendendo come punto di riferimento l’anno di fondazione della società più eccellente: il Velo Club, appunto, affiancato nel 1952 (per dodici anni) dal Velo Club Tre Ponti, trasformatosi nel 1965 in Unione Ciclistica Bustese e fusosi nell’87 con un altro team per diventare l’attuale Bustese Olonia. Sono proprio i dirigenti di questa realtà ad avere le chiavi del caveau, «ma la nostra speranza - dice Luigi Celora, animatore della mostra installata al Museo del Tessile - è che finalmente si capisca che il passato è un patrimonio di Busto e dei suoi sportivi». Per dirla chiara «vorremmo avere il materiale a disposizione, sotto la regia del Comune, offerto al godimento di tutti».


Speranze, appelli e progetti. Così, con il traguardo del secolo di pedali ormai all’orizzonte, ecco il desiderio espresso da Celora, ma anche da Gianpiero Reguzzoni, Antonio Piran, Massimo Merlo ed Ernesto Malgrati: «La sala è aperta da due anni, siamo contenti del percorso fatto, ma anche consapevoli che ci mancano documenti». Come specifica Reguzzoni, «spesso ci sentiamo abbandonati, lo stesso Comune ci rassicura ma poi non è incisivo. E celebra le recenti vittorie della Bustese Olonia (che, ricordiamolo, ha sede a Olgiate Olona) senza però cercare di valorizzare il nostro ruolo, riottenendo quel materiale». Certo il recente incontro con il neo-assessore allo sport Gigi Farioli è servito per lanciare un progetto del centenario («Vorremmo una corsa importante in città, che può essere una tappa del Giro, l’arrivo della Tre Valli Varesine, un campionato italiano») ma il cruccio e la speranza corrono verso un’altra direzione, ovvero quella cassetta di sicurezza che conterrebbe cimeli dal valore straordinario. «Stanno lì - dice quasi commosso Celora - ma in realtà il loro posto è il museo».

L’uomo che possiede le chiavi. Ma esiste davvero questo caveau delle meraviglie su due ruote? «Una cassetta di sicurezza esiste, le chiavi le ho io», conferma Alessandro Cardi, attuale presidente della Bustese Olonia. «Anche a me non fa piacere che materiale che descrive il passato glorioso del ciclismo resti chiuso lì. Però non è che sia una distesa sterminata di cimeli». Non ci sarebbe, ad esempio, la maglia di campione del mondo di Coppi: «Quella non so dove sia, però ci sono diverse medaglie vinte dal Campionissimo e da altri atleti, divise prestigiose, una lunga serie di attestati che venivano conferiti a corridori e club». Un patrimonio che «non vedo da tempo». Semmai «prometto che farò un censimento, per sapere cosa abbiamo di preciso e anche valutare cosa si possa fare».

Si apre uno spiraglio. Da qui a dire che il materiale finirà un giorno in esposizione, ce ne passa: «Ma io - rilancia Cardi - non pongo ostacoli preconcetti, sono il primo a considerare la storia un elemento da valorizzare e al museo ho sempre dato massimo appoggio. Però dev’essere una cosa fatta bene, bisognerebbe capire in che condizioni di sicurezza sarebbero conservati, fermo restando che comunque si tratta di reliquie appartenenti alla società che ho l’onore di guidare. E non sapete quante, purtroppo, vennero gettate quando la sede della Bustese lasciò il Palariosto. Oggi comunque sono il primo a volere che la festa dei cent’anni sia speciale». E chissà che, sullo sfondo delle celebrazioni, non rispunti qualche pezzo del Campionissimo.

Marco Linari, da La Prealpina del 24 novembre

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