ALPECIN, VOLATE, PREPARAZIONE E RIVALI: I PENSIERI DI PHILIPSEN

INTERVISTA | 07/11/2025 | 08:30
di Federico Guido


Con 7 vittorie, 14 podi e 19 top ten quella appena andata in archivio è stata, in puri termini di rendimento, la peggior stagione di Jasper Philipsen dal 2020 a questa parte.


Erano cinque anni, infatti, che il velocista belga non raccoglieva così poco ma a sua parziale discolpa bisogna dire che, questa stagione, le cadute di cui è rimasto vittima a marzo, alla Nokere Koerse, e soprattutto a luglio, al Tour de France (occasione in cui si è fratturato la clavicola) non sono state di poco conto e certamente hanno inciso sul bilancio conclusivo e sull’andamento della sua annata.

Nonostante i vari intoppi, Philipsen nel 2025 si è comunque tolto soddisfazioni non indifferenti vestendo la prima maglia gialla proprio alla Grande Boucle, facendo sua la Kuurne-Bruxelles-Kuurne e conquistando ben tre tappe alla Vuelta España.

Con l’idea di capire dunque in definitiva come valutare la stagione del classe ‘98 di Mol abbiamo approfittato della sua presenza al Tour de France EFGH Singapore Criterium per interpellarlo di persona sull’argomento e, allo stesso tempo, conoscere i suoi programmi per il 2026, il suo punto di vista sugli avversari, la preparazione invernale, il futuro delle volate e non solo.

In termini di vittorie, non è stata la tua migliore degli ultimi anni, ma sei comunque riuscito ad ottenere dei risultati di tutto rispetto con la ciliegina della maglia gialla nella prima tappa del Tour de France: qual è dunque il tuo bilancio del 2025?

Penso che nel valutare una stagione non conti solo il numero di vittorie ottenute. Ci sono stati anni dove, ad esempio, ho vinto di più ma la qualità dei successi è stata inferiore, perciò, personalmente sono molto contento di esser riuscito a indossare negli ultimi mesi sia la maglia gialla al Tour e che quella rossa alla Vuelta, credo sia qualcosa di speciale all’interno di una singola stagione. Detto questo, è stata sicuramente un’annata travagliata per me. Ho avuto due brutte cadute in momenti sbagliati, momenti in cui ero in ottima forma dopo essermi preparato a lungo per inseguire obiettivi importanti, e da queste non ho avuto molto tempo per recuperare. Ciò ha sicuramente avuto un grosso impatto tanto nell’immediato quanto su quella che complessivamente è stata la mia stagione, ma non ci posso fare nulla, è andata così. Nonostante le circostanze e questi periodi complicati, sono comunque felice di aver ottenuto alcuni bei risultati ed essere riuscito a tornare in sella in poco tempo per disputare la Vuelta”.

Ci puoi parlare un po’ di questo ritorno dopo la caduta al Tour? Come hai fatto a reagire così in fretta?

Non è semplice. Passi molto tempo a preparare al meglio un obiettivo, il Tour nel mio caso, ti concentri a lungo solo su quello, senti di aver raggiunto un’ottima forma, vai là con l’intenzione di far bene e dopo tre giorni finisce tutto finendo con lo stare a letto per tutto il resto del mese di luglio senza poter fare molto. Tutto ciò è mentalmente molto duro da affrontare: lavori tanto per partecipare a quella corsa, vorresti essere lì e invece ti ritrovi costretto a rifocalizzarti su altro attraverso un processo che, quando il Tour è ancora in corso, è piuttosto complicato da portare avanti”.

Cosa ti ha aiutato a cambiare mentalità?

Semplicemente stare con gli amici. Nelle tre settimane successive alla caduta non ho potuto andare in bici, poi ho ripreso ad allenarmi lentamente e allora sono andato in Spagna con Mathieu (van der Poel, ndr), Gianni  (Vermeersch, ndr) e gli altri miei compagni di squadra. Lì abbiamo trascorso un bel periodo assieme divertendoci, uscendo senza alcun tipo di pressione o stress e godendoci gli allenamenti in compagnia. Tutto questo mi ha aiutato a superare le difficoltà del momento e a ritrovare giorno dopo giorno la motivazione per allenarmi. Penso che in quel frangente se fossi stato da solo per me sarebbe stato molto più complicato recuperare”.

Hai ottenuto vittorie alla Vuelta e al Tour de France per cui non posso non chiederti quando ti vedremo al Giro per completare il cerchio.

Sarebbe bello partecipare alla Corsa Rosa ma personalmente trovo che abbia un posizionamento in calendario un po’ complicato per me perché si trova a metà tra l’impegnativo periodo delle classiche, che è un obiettivo molto importante per la nostra squadra, e un evento altrettanto importante per noi come il Tour de France. Vedremo in futuro come incastrarlo nei miei programmi perché, questo è sicuro, prima o poi al Giro voglio andare”.

Hai già definito il calendario per la prossima stagione?

No. Penso che con la squadra ci troveremo a discutere dei programmi per la prossima stagione a partire da dicembre”.

I tuoi programmi per le prossime settimane quali sono?

Dopo Singapore starò un po’ a casa perché è stato un anno impegnativo, con tante trasferte, poi probabilmente a dicembre volerò in Spagna, dove le condizioni meteo dovrebbero essere buone per fare buoni allenamenti e cominciare la preparazione in vista del 2026”.

Come gestirai a livello di preparazione quest’inverno?

In squadra siamo piuttosto autonomi nel gestire come vogliamo la nostra preparazione e questo da un lato è bello, perché siamo un po’ più liberi e mentalmente, potendo anche avere le nostre famiglie al seguito, il periodo risulta meno impegnativo ma dall’altro comporta un’assunzione di responsabilità maggiore perché spetta a te prepararti come si deve e costruire una buona condizione per riuscire a ottenere dei risultati nelle classiche”.

Preferisci avere questo tipo di autonomia piuttosto che seguire un approccio più rigido?

Sì, ma dipende anche dal periodo dell’anno. In inverno molte squadre si ritrovano una prima volta a dicembre e poi di nuovo a gennaio, ma a dicembre siamo ancora molto lontano dall’inizio della stagione ed essere già super concentrati in quel frangente, quando poi i veri obiettivi sono a marzo, credo sia un po’ troppo presto”.

Cosa pensi di aver imparato dagli incidenti che ti sono successi quest’anno?

Che hai bisogno di essere mentalmente forte per tornare e ritrovare la motivazione ma questo, in ogni caso, fa parte del ciclismo moderno. Lo sono anche le velocità che, mentre la sicurezza è rimasta la stessa che si aveva in passato, si sono impennate e questo sicuramente rende tutto più rischioso e aumenta anche le possibilità che certi incidenti possano avvenire. Uno cerca sempre di restare in sella, ma in determinati frangenti la competizione è alta e questo fa sì che riuscirci sia più difficile”.

Come gestisci oggi le tue emozioni? Ora sei più maturo rispetto al passato quando sappiamo che, a prescindere da come andassero le cose, le lasciavi trasparire tutte: cerchi ancora di farlo perché ti aiuta a essere un corridore migliore?

Sì, assolutamente. Il ciclismo è uno sport di emozioni, lo sport in generale è emozione ed è quella, al pari della passione, che ti consente di andare avanti. Se non hai passione e non possiedi quella motivazione intrinseca che genera emozioni, non raggiungerai i tuoi obiettivi. È tutta una questione di passione e di emozioni, di ciò che dentro di te”.

Parlando dei tuoi rivali, è evidente ci sia una nuova generazione di giovani sprinter che stanno emergendo in maniera forte: Paul Magnier, Olav Kooij, Matthew Brennan...oggi chi vedi come più difficile da battere?

Magnier si è dimostrato molto forte nella parte finale della stagione vincendo davvero molte gare per cui il suo livello, dato che sappiamo quanto sia difficile oggi imporsi, è sicuramente molto alto. Vedremo in futuro cosa combinerà. Di sicuro questi ragazzi crescono ogni anno di più e molto presto saranno a livelli di eccellenza, il tutto mentre tu ogni stagione invecchi, ti avvicini un po’ alla fine della carriera e devi cercare sempre di più di spingerti al limite per competere contro tutti, giovani o veterani che siano”.

Tu comunque sei ancora giovane. C’è qualche aspetto in cui pensi di poter ancora migliorare?

Certamente. Uno cerca sempre di migliorare, ma a un certo punto è più difficile farlo perché, raggiunto un certo livello, per quanto il tuo corpo si sviluppi non è come quando hai 15 anni e senti che riesci a produrre 20 watt in più ogni anno. Parliamo quindi di piccoli miglioramenti utili per far crescere ancora di più il motore e la forza”.

Preferiresti migliorare la tua potenza massima per vincere più tappe, contro corridori come Merlier o Milan, o migliorare altre tue qualità per vincere più classiche?

Questo è qualcosa di cui stiamo discutendo anche con la squadra. Il team sta cercando di spingermi maggiormente verso le classiche, specialmente a inizio stagione, e questo ovviamente fa sì che mi concentri meno sulle volate pure ma non è un problema: poter competere per la vittoria in gare che sogno come la Roubaix è qualcosa di molto bello che rende facile concentrarsi su quel tipo di appuntamenti. Nella seconda parte della stagione le cose comunque cambiano perché l’obiettivo è sempre quello del Tour, una corsa impegnativa dove serve avere motore e un livello di base molto solidi per essere veloci e competitivi anche nella terza settimana”.

Non posso non chiederti di Pogacar visto che hai menzionato la Parigi-Roubaix: quest’anno lo sloveno vi ha partecipato per la prima volta e ha fatto molto bene. Quanto la sua presenza influisce sul tuo modo di correre?

In realtà noi non guardiamo molto gli avversari, ma sicuramente, se Tadej si presenta al via, lui è sicuramente uno dei principali favoriti, sia che si tratti di una classica pianeggiante o, ancor di più, con delle salite. È quasi imbattibile ma penso che noi, con la squadra che abbiamo e la presenza Van der Poel, abbiamo le carte in regola per far valere il nostro gioco di squadra e provare a batterlo”.

Sappiamo che ami l’adrenalina delle volate. Trovi ci sia qualcosa al di fuori del ciclismo che ti dia la stessa sensazione?

Al momento penso di no, ma quando smetterò di correre sicuramente cercherò qualcosa che possa regalarmela perché ne ho bisogno. Quando sono in vacanza, ad esempio, mi piace cimentarmi in attività adrenaliniche come il rafting, andare sul quad e simili…Trovo sia sempre bello”.

Che futuro vedi per gli sprinter? Si parla del fatto che le corse a tappe, ad esempio, possano diventare sempre più “mosse” e con meno tappe completamente piatte…

Ritengo che ci sarà sempre spazio per le volate nel ciclismo, anche se forse un po’ meno rispetto al passato. Dipenderà dagli organizzatori, ma credo che anche in futuro ci saranno molte gare destinate a concludersi con delle volate di gruppo”.

Il cambiamento dell’ultima tappa del Tour, con il nuovo percorso e Montmartre più lontano dal traguardo, è una buona notizia per voi, no?

Penso che A.S.O. cerchi sempre di rendere la corsa più avvincente per i tifosi e questo cambiamento permetterà di tenere aperto ogni scenario, dalla volata di gruppo a qualche attacco nel finale, rendendo la tappa più emozionante e consentendo a più corridori di essere in lizza per la vittoria”.

Sulla carta, sembra un percorso migliore per te.

Sì, ma dipende da come starò nel finale di Tour. Se, ad esempio, sarò ancora in lotta per la maglia verde nella terza settimana, risulterà impegnativo essere della partita perché lottare per quell’obiettivo tutto il tempo porta via tantissime energie, è molto stressante e certamente non ti mette nella stessa condizione di chi affronta il Tour puntando solo alcune tappe senza pensare troppo alla classifica a punti”.

Alla Vuelta hai disputato la tua prima gara assieme a Luca Vergallito: che impressione ti ha fatto?

È un bravo ragazzo. Finora non ho corso molto con lui e anche alla Vuelta purtroppo si è dovuto ritirare prematuramente ma è un buon corridore, sa cosa significa correre in bici e penso che sicuramente abbia ancora molto potenziale perché non è passato professionista da tanto. Ha un buon futuro davanti a sé? Sì, penso di sì. Non sarà un secondo Pogacar o qualcosa del genere, ma credo che al suo livello potrà ottenere sicuramente dei bei risultati perché non c’è dubbio che in salita vada”.


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