STORIA | 21/09/2017 | 07:03 La cupola, con due pizzicotti e una calotta. La fascia, di seta. E la tesa, sagomata, quasi a forma di velodromo. Un cappello di feltro soffice. Un classico, un simbolo, un’icona. Un Borsalino. Il Borsalino.
Duecentouno anni di bicicletta, centosessanta di Borsalino. La prima bicicletta – la draisina, dal tedesco Karl Drais – era una novità, non aveva pedali, e rappresentava l’anticavallo, il primo Borsalino giunse dopo millenni dal primo copricapo, era fatto di feltro di pelo di coniglio, e divenne subito il massimo dell’eleganza.
La bicicletta costruì la sua capitale ad Alessandria, tra imprenditori e fabbriche, corse e corridori, e di Alessandria era anche Giuseppe Borsalino, che all’inizio del Novecento elevò la produzione a 750 mila cappelli l’anno, e alla vigilia della Prima guerra mondiale addirittura a due milioni. E’ per questa comune cittadinanza che il Museo dei Campionissimi, a Novi Ligure, ospita una mostra dedicata “Storie di bici e dintorni” (fino al 29 ottobre).
Biciclette e Borsalini: il filo conduttore è il design, la creatività. Anche lo stile. Anche il fascino e la seduzione. Anche l’origine: le prime biciclette venivano cavalcate da ricchi e nobili, aristocratici e borghesi, un po’ per divertimento, un po’ per esibizione, e solo più tardi per sport, e così anche i Borsalino fecero perdere la testa ai più snob dei britannici e degli americani, e poi si imposero dovunque – grazie a due impostori, Jean-Paul Belmondo e Alain Delon – anche al cinema.
La bicicletta ha avuto i suoi alti e bassi, sia nelle dimensioni delle ruote, sia negli impulsi dei mercati, e così anche i Borsalino, più soggetti alle mode e alle tendenze. Ma se la bicicletta si è frammentata fra migliaia di fabbricanti, il Borsalino ha custodito e protetto la sua originalità, tanto che il marchio – omen nomen - è diventato un prodotto, come la Nutella, come lo Scottex.
Il Museo dei Campionissimi pedala fra la gente, si apre a ventaglio, insegue i fuggitivi. Venerdì scorso ospitava un gruppo di bambini per “Una notte al museo”, con un laboratorio su Alfonsina Strada con Fernanda Pessolano, la cena e poi il sonno, fra Girardengo e Coppi, fra il Diavolo Rosso (Gerbi) e la Maglia Nera (Malabrocca), anche fra quel discolo di Venturelli e quello scalatore di Massignan. Fra biciclette e Borsalino.
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