STORIA | 02/07/2017 | 07:41 Il Tour di Ezio è cominciato prima. Prima che i corridori preparassero i loro trolley, prima che all’aeroporto di Düsseldorf comparissero i cartelli dell’organizzazione, prima che agenti e uomini della sicurezza blindassero le strade della corsa. Prima di tutto quanto, Ezio aveva lucidato il pullman che sembra un aeroplano, e poi era andato nella sede Uae di Magnago a riempirlo con tutto quello che serve nelle tre settimane della corsa delle corse. «Acqua, barrette, ciucciotti, sali minerali. Poi le bibite gassate: coca, fanta, chinotto. E il caffè, tantissimo caffè. Quello serve sempre, e soprattutto in Francia. Anche se non bisogna dirglielo, perché i francesi pensano di fare tutto meglio di noi, anche il caffè».
Non diciamoglielo, ma Ezio ha caricato quindici cartoni, e ogni cartone sono cento capsule, per cui millecinquecento caffè sono assicurati. «Non è detto che bastino. Ho sempre una piccola scorta per le emergenze». Piccola quanto? «Diciamo qualche cartone in più». Ringrazio anche da parte della stampa: una sosta al pullman per sentire che aria tira e intanto bere un caffè come si deve è quasi obbligatoria la mattina alla partenza. E le squadre italiane (la Uae fa parte delle squadre con capitale straniero e anima italiana che assicurano al ciclismo un legame con la sua storia e la sua tradizione) sanno sempre come coccolarti quando senti un po’ di nostalgia.
Ezio Bozzolo è di Parre, in Val Seriana. Ma da qualche anno vive a Besozzo, in provincia di Varese, con Gloria Saronni. Poco più di tre anni fa hanno avuto Edoardo, quando Ezio era ancora l’autista della Lampre. «Ho cominciato lavorando per la Mapei con Giacomo Carminati, ma il ciclismo non c’entrava: Squinzi aveva costruito dei pullman itineranti, andavamo per fiere, si vendevano i prodotti Mapei. Poi un giorno, nel 2007, Fabio Della Torre e Fabrizio Bontempi mi dissero che alla Lampre avevano bisogno di un autista perché Federico Borselli era andato via, e così cominciò un’altra vita. Questa». Dieci anni a portare in giro per il mondo il pullman fuxia della Lampre, poi anche l’ultima squadra italiana ha lasciato il World Tour e adesso parte di quel patrimonio si è trasferito nel nuovo team degli Emirati. Compreso Ezio, con un pullman nuovo che sembra un jet. «Però lasciare il mio pullman dopo otto anni mi è dispiaciuto proprio. L’avevo disegnato io, l’avevo tenuto come un bambino. Adesso lo utilizza un altro ragazzo per la seconda attività del team: col calendario attuale serve il doppio di tutto». Trecentosettamila chilometri, «e li avevo fatti quasi tutti io», ma la guida è soltanto una parte del lavoro.
«Tutti i giorni metto a posto, perché vedere robe in giro mi agita. E tutti i giorni lo pulisco dentro e fuori, sono un po’ maniaco forse, ma la pulizia è tutto. E quando si è in tanti è una necessità». Mentre parla Ezio lucida il pullman per i corridori nuovi, quelli che divideranno con lui vittorie e sconfitte. Il pullman è un’astronave. «Saronni ha fatto veramente una roba fuori dal normale». Sedili singoli e girevoli che sembrano quella di una business class, prese Usb per caricare radioline e cellulari, tutti i confort per accogliere i corridori a fine corsa. Comprese due lavasciuga. «Appena la tappa finisce i massaggiatori mettono in macchina le divise dei corridori e tutto il materiale, e durante il trasferimento c’è il tempo di lavare e asciugare tutto. Quando arriviamo in albergo è già tutto pronto, piegato».
Ezio viaggia spesso da solo. Per il Tour è partito il giorno prima dei corridori, così quando sono sbarcati in Germania hanno subito trovato la loro casa ad aspettarli. Via da Besozzo alle otto del mattino, ottocentosessanta chilometri fino a Düsseldorf, dieci ore con una sosta per mangiare qualcosa e sgranchirsi un po’. «Ai chilometri non penso, ho smesso di contarli. Ne farò 40-50 mila ogni stagione. Quest’anno c’è un altro autista, alla Vuelta andrà lui. Mi fa compagnia la musica. Ho quella dei corridori ma quando sono da solo non la metto mai: rock duro, roba che fa rumore, loro hanno bisogno di arrivare già carichi alla partenza. Io invece ascolto soltanto musica italiana: Vasco, Emma, roba così».
Ezio ha provato a fare il corridore, ha smesso quando era fra gli juniores, «ero scarso, meglio lasciar perdere». E allora i corridori li porta in giro. «Nel cuore ho Ballan, forse perché erano i primi anni. L’ho visto vincere un Fiandre, Amburgo, il Mondiale perché Bàllero mi aveva chiamato in Nazionale, sono giorni che non si dimenticano. E’ un po’ come se avessi vinto anch’io con lui. E poi Bruseghin: anche se non ha vinto tantissimo era un signore, e poi parlavamo di tutto, gli interessava tutto, la natura, l’arte. Per certi corridori non fai mai abbastanza: se mi chiedessero di buttarmi sotto una macchina per loro lo farei». Scherza. Meglio non metterlo alla prova comunque.
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