
Lo fermano ogni due passi, lo riconoscono o pensano che sia lui, ma non ne sono sicuri. Franco Polti è qui al Giro dall’inizio, dal via da Tirana in Albania «doveva stare qui qualche giorno, ma è felice come un ragazzino e ha deciso di fare almeno tutta la settimana», ci racconta Francesca Polti, amministratrice delegata di Polti Spa e figlia del patron, di quella Polti che sul finire degli Anni Novanta lasciò un segno profondo nella storia del ciclismo.
Lo fermano ogni due passi: chi gli chiede di mostrare il pass, chi lo fa passare perché è sufficiente riconoscere il suo sorriso, i suoi occhi luminosi e brillanti, a dispetto di un’età matura, che contrasta con lo spirito eterno del ragazzino. «È troppo bello stare qui, mi piace un sacco – mi racconta -. Ritrovo qualche amico, ma amo anche incontrare facce nuove. È bellissimo anche stare con la squadra, con i ragazzi che potrebbero essere miei nipoti e sono qui per tenere alto il nome di Polti che ha sempre creduto nello sport e nel ciclismo in particolare».
«Ah, ma lei è il signor Polti… quello della Vaporella…». È un coro, è colonna sonora che si fa cantilena e musica per le orecchie dell’anziano patron… «Non solo, ora c’è anche Solo, il caffè, il nostro caffè, venga a provarlo, venga ad assaggiarlo: è buonissimo», risponde al volo Franco, che nella storia dello sport ci è entrato di diritto, con un giovanissimo Michael Schumacher ai tempi della Benetton (con cui il tedesco vinse i Mondiali 1994 e 1995), oltre alla canotta della gloriosa squadra di basket indossata tra gli altri da Antonello Riva. Oltre a una sfilata di maglie di ciclismo che ti portano indietro di 25/30 anni, come la rosa di Ivan Gotti.
Dopo ventiquattro anni è rinato il Team Polti, quello di Ivan Basso e Alberto Contador, insieme al fratello di quest’ultimo, Fran. «Quando ho chiesto a mio padre – mi racconta Francesca – a quale sport fosse rimasto più legato, non ha avuto dubbi nel rispondermi ciclismo». Franco annuisce, conferma, non potrebbe fare altrimenti. «Il ciclismo ha un’umanità potente. Abbiamo vissuto tanti anni da protagonisti e sono legato a tutti i miei corridori. Ma le emozioni assaporate insieme a Richard Virenque saranno sempre parte di me. Venne da noi nel 1999, dopo lo scandalo Festina, e vinse la maglia a pois al Tour, dopo che Jean Marie Leblanc non lo voleva neppure al via. La gente veniva da me urlando “lei ha salvato la Francia” e io “Esagerati, non sono mica Napoleone...”».
Oggi è una Polti formato Como: bellissima immagine e buonissimo “gioco”. «Siamo consapevoli di essere in mezzo a degli squadroni – aggiunge Franco -, ma la cosa bella è che non sfiguriamo, facciamo il nostro, con grande volontà, intensità, alla ricerca del buono. Siamo squadra concreta, presente e riconoscibile. Da questo Giro usciremo più forti di prima. Siamo consapevoli che in questi 24 anni il mondo è cambiato: noi vogliamo essere un punto di riferimento per tutti i ragazzini che sognano un grande futuro nel ciclismo».
Lei è il signor Polti, quello della Vaporella? «Sì, sono io, venga al nostro motorhome, le offro Solo un caffè, sentirà che buono…».