Sastre: il sogno della mia vita, lo dedico a Jimenez
| 26/07/2008 | 18:46 Carlos Sastre sa di non essere un personaggio e lo dimostra anche nella conferenza stampa di Saint Amand Montrond: calmo e timido, spiega le sue emozioni e le sue sensazioni. E spiega subito: «Di solito preferisco non parlare, ma ascoltare. Ascolto molto anche i miei compagni»
Come ha vissuto questa crono? Ha fatto lei una grande performance o ha deluso Evans?
«Non lo so, ma io avevo tutto dalla mia parte. Avevo i tempi di riferimento del mio compagno Fabian Cancellara e quelli dei corridori partiti prima di me. Ero concentrato su quel che dovevo fare, sapevo di avere una opportunità unica e l'ho sfruttata».
Ha realizzato il suo sogno...
«Sono contento e sereno. Ho sofferto molto nella mia vita per raggiungere gli obiettivi prefissati. Ora sono tranquillo, anche se forse non realizzo quel che ho fatto. Il Tour de France era un sogno da bambino, lo è stato anche da adulto. E mi piace sognare, lo farò finché avrò anima».
Quali i momenti chiave della vittoria in questo Tour?
«La cosa più importante è stato godere della fiducia di Bjarne Riis e di tutta la squadra. Poi, è stato importantee fare le scelte giuste. Cancellara ha fatto un lavoro eccezionale come O'Grady e Arvesen. Cancellara, per esempio, ha sacrificato le suee chance nella crono per lavorare peer me. Il segreto è stato questo: la nostra unità».
Nel corso della sua carriera, quale corridore vi ha ispirato di più?
«Credo che il più importante sia stato Laurent Jalabert, un corridore impressionante, sportivamente e umanamente. A sorprendermi maggiormente era la sua tranquillità. Sapeva sempre quello che voleva».
Ha ancora contatti con Manolo Saiz, suo primo diesse, poi implicato nell'Operacion Puerto?
«La verità è che non ci siamo parlati spesso da quando io ho lasciato la Once. Non avevamo di che discurtere visto che abbiamo preso strade diverse e abbiamo punti di vista differenti. Malgrado tutto, voglio approfittare per parlare di lui: mi ha insegnato le basi del mestiere, ha fatto di me un corridore professionista. Aveva dieci anni di vantaggio sul mondo. Ma ho dovuto lasciare la Once per avere delle opportunità. Una sola volta, allora, la squadra aveva lavorato per me e io ho vinto la Vuelta a Burgos».
Dopo tutto questi casi di doping, dobbiamo credere che lei sia un corridore pulito?
«Certo. Io so chi sono e come sono. Ho lavorato molto, ho fatto sacrifici ogni giorno per arrivare a questi obiettivi, in maniera onestà e laboriosa. Nel cicliosmo c'è gente che vuol vincere ed è disposta a barare e gente che crede nel lavoro che fa. E sarà sempre così».
Un'ultima domanda: parlaci di quel tuo gesto all'arrivo.
«Io credo. Oggi qualcuno era vicino a me e mi ha aiutato. Ho dedicato la vittoria a « El Chava » Jimenez, che mi ha insegnato cos'è lo sport e cos'è la vita. Siamo cresciuti insieme, abbiamo condiviso tutto. La sua morte è stata molto difficile da affrontare. Ho vinto per lui: avevamo gli stessi sogni. Stasera questi sogni sono realtà. Per entrambi».
da www.lequipe.fr
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