
Antonio Tiberi arriva al Giro d’Italia 2025 con poche certezze. Se l’anno scorso il terzo posto al Tour of the Alps lo aveva lanciato verso una grande Corsa Rosa, quest’anno un virus gastrointestinale lo ha costretto al ritiro dopo una tappa e mezzo della corsa euroregionale. Un intoppo spiacevole, che cambia leggermente i piani, ma che certamente non muta l’ottimismo in casa Bahrain Victorious, convinta di avere in squadra un pretendente al podio finale di Roma. La Maglia Bianca e il quinto posto finale del 2024, d’altronde, non sono arrivati per caso, ma per un grande lavoro di programmazione e crescita.
«Mentalmente è forte, non ha accusato il colpo - ha detto il suo direttore sportivo Franco Pellizotti -. Certo, non ci voleva, ma ce ne siamo fatti una ragione. Stava talmente bene che siamo convinti che, appena avrà smaltito questo malanno, potrà tornare ad andare molto forte. Prima del Giro non farà nessuna corsa, andrà direttamente in Albania».
«Per sdrammatizzare gli ho detto “meglio al TotA che tra 2-3 settimane al Giro” - ha invece commentato il suo fidato compagno di squadra, e ombra per le tappe di montagna, Damiano Caruso -. E in effetti è così, deve stare tranquillo, il ciclismo è questo, capita a tutti e tutti i giorni, non ci sono sostituzioni e ce ne facciamo una ragione. Deve solo smaltire questo malanno e poi ripartire da dove aveva lasciato, come se niente fosse successo. Se non è nulla di serio come sembra, non bisogna preoccuparsi».
Nessun allarme, quindi, per Antonio Tiberi, che al Giro andrà a caccia del podio.
Antonio, il ritiro al Tour of the Alps non ci voleva.
«È vero, ma la condizione è buona. Certo non corro dalla Tirreno Adriatico quindi ci sarà bisogno di avere qualche conferma in gara. Non avendo potuto fare il Tour of the Alps, le risposte le avrò direttamente al Giro d’Italia. Sono stato due settimane sul Teide, ho affinato la forma e la gamba dovrebbe girare. Speriamo sia così, ne avremo certezza tra un po’ di giorni».
Quanto è stato importante il podio conquistato alla Tirreno Adriatico contro avversari di grande valore?
«Mi ha dato tanto morale soprattutto perché arrivava in un periodo di carico in cui le sensazioni erano buone ma non straordinarie. Il picco di condizione era ancora in fase di crescita e fare un podio contro quegli avversari è stato il modo giusto per approcciare il lavoro delle settimane seguenti».
Tolto l’intoppo del TotA, l’avvicinamento al Giro è stato pressoché identico a quello del 2024?
«La preparazione è stata speculare. L’anno scorso avevo lottato per la vittoria del Tour of the Alps fino alla fine e poi avevo fatto un Giro in crescendo. Quest’anno purtroppo non abbiamo avuto il TotA, ma la speranza è quella di fare una Corsa Rosa sulla stessa falsariga dello scorso anno».
Una cosa che i tifosi apprezzano di te è il non volersi nascondere, dichiarando apertamente i propri obiettivi.
«Io credo che quando si ha la consapevolezza di ciò che si sta facendo, se si è convinti della bontà del proprio lavoro, allora non ci sia niente di male nel voler esporre i propri obiettivi. Se l’anno scorso ho fatto quinto al Giro, penso sia normale voler provare a migliorarsi, magari centrando un podio. Poi certo, siamo umani e non abbiamo il motore, tutto può succedere anche all’ultimo secondo, come d’altronde ha dimostrato il problema che ho avuto al TotA».
Rispetto allo scorso anno, però, c’è una grande differenza: non c’è Pogacar. Che Giro prevedi?
«Senza Pogacar mi aspetto un Giro un po’ più aperto e anche un po’ più tattico. Non essendoci un corridore sulla carta nettamente più forte degli altri, dato per vincitore in partenza, e di conseguenza una squadra chiamata a fare la gara dall’inizio alla fine, è chiaro che vengono a crearsi tanti scenari diversi in cui ognuno può provare a dire la propria. Poi, certo, si sono dei favoriti come Roglic e Ayuso, ma in 21 giorni di corsa può succedere di tutto e le gerarchie possono cambiare da un momento all’altro. Penso che lo spazio per inventarsi qualcosa potrebbe esserci».
Ecco, li hai citati. Quanto lontano ti senti da Roglic e Ayuso?
«Quest’anno mi sono confrontato solo con Ayuso alla Tirreno Adriatico. Non sono arrivato così lontano da lui e, come detto, non ero ancora la miglior versione possibile di me stesso. In queste settimane spero di aver limato ancora un po’ quel gap che mi separa da lui e, dalla mia parte, c’è anche il fatto che col passare dei giorni, in un Grande Giro, solitamente mi sento sempre meglio».
Il Giro sembra piuttosto sbilanciato sulla terza settimana. Si deciderà tutto lì?
«Sì, credo che la forza bruta dovremo tirarla fuori nella terza settimana. Prima sicuramente ci saranno delle schermaglie, magari già nella cronometro di Tirana del secondo giorno, anche se è breve e tecnica, e poi con le strade bianche di Siena e qualche altro arrivo insidioso. Però i giochi si faranno senz’altro negli ultimi giorni, prima mi aspetto un Giro un po’ più tattico».
Cosa vuol dire correre senza il dominatore Pogacar?
«Dà più morale, grinta e speranza. Ma quello che vale per me vale anche per tutti gli altri. Saremo in tanti a voler fare molto bene in questo Giro d’Italia».
da tuttoBICI di maggio
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