L'ORA DEL PASTO. GRAVEL, UN VECCHIO NUOVO MONDO

NEWS | 09/09/2022 | 08:05
di Marco Pastonesi

L’origine della parola è celtica, i francesi l’hanno codificata in gravele, gli inglesi l’hanno internazionalizzata in gravel, gli italiani l’hanno adottata leggendola così come si scrive, significa ghiaia – piccoli sassi rotondi -, e sempre gli italiani ospiteranno sabato e domenica, da Vicenza a Cittadella, i primi Mondiali della specialità organizzati da Pippo Pozzato (e poi domenica 18 settembre, ad Argenta, tra Ferrara e Ravenna, i primi campionati italiani allestiti da ExtraGiro).


Gravel: una via di mezzo fra strada e mountain bike, ma anche una via di fuga, una via di scampo, una via a metà fra asfaltata e sterrata, una via di fatto fra corsia e sentiero, una via di torno fra carreggiata e carrareccia. Con tutto quello che ne consegue: a cominciare dalla bici (pneumatici più larghi, manubri con curve più larghe, freni a disco, reggisella telescopico), a continuare con equipaggiamento e abbigliamento, ma dettando anche stile e moda e ispirando spirito e filosofia. Perciò: più da viaggio che da corsa, più dall’alba al tramonto che dalla partenza all’arrivo, più da settimana di vacanza che da pausa del pranzo, più da sosta al bar che da scia del treno (ciclistico, non ferroviario).


Quello gravel è un vecchio ma nuovo mondo, che poco grava e molto gravita. Volendo, si potrebbe organizzare un appuntamento gravel a Gravellona Toce, un festival gravel a Gravellona Lomellina, una gita gravel a Gravedona ed Uniti, una escursione gravel a Gravel (ops: Grave) del Friuli, sapendo che la concorrenza è forte, per dirne solo due, la Francia può contare su La Grave nella Provenza e l’Olanda su Grave nel Brabante.

E quando la situazione può sembrare così grave(l), l’importante è pedalare. Ce lo insegna Eva Lechner: sperimentata la strada, esaltata dalla mountain bike ed eletta nel cross, si cimenterà anche nel gravel, Mondiali compresi. Ma in fondo in fondo (e che fondo, così scabroso e scivoloso) ce lo avevano già insegnato tutti i corridori del Novecento, almeno quelli della prima metà, Bartali e Coppi compresi, costretti a pedalare su strade dissestate, sconquassate, addirittura bombardate, dribblando buche ed evitando crepacci, eroici anche senza dover transitare per Gaiole in Chianti.

La ghiaia non va confusa con il ghiaìno, piccolissimi sassi rotondi che, sparsi sull’asfalto, facilitano la caduta. Se la ghiaia sa di mamma, il ghiaìno è un figlioletto ribelle e birichino.

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COMMENTI
gravel ciclismo del futuro?
9 settembre 2022 11:02 italia
Con il gravel pedali nella campagna, nel silenzio, nella natura; secondo me avra' un eccellente futuro perche' praticare il ciclismo nelle strade piene di traffico, con automobilisti sempre più nervosi, sta diventando sempre più problematico e pericoloso.

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