Accpi: dopo il caso Di Luca, rivediamo il Codice Etico

| 17/04/2008 | 18:54
Il proscioglimento di Danilo Di Luca – che succede al ‘caso Caruso’ ed alla recente assoluzione di Ruggero Marzoli da parte della CAF – fa chiarezza, anche se tardiva, rispetto ad una vicenda emblematica. Il mix tra un’insidiosa propensione giustizialista (che talora appare condivisa tra Procura antidoping e parte della stampa) e le contraddizioni presenti nel cosiddetto “codice etico” a suo tempo voluto dai team Pro Tour, richiede oggi un confronto serio e responsabile. Secondo il presidente dell’Assocorridori italiana, Amedeo Colombo, «è positivo che il GUI, confermando la propria indipendenza ed autorevolezza, abbia finalmente risolto un caso che nel frattempo ha procurato enormi danni a Di Luca, al gruppo sportivo per cui era tesserato nel 2007, al suo team attuale e, più in generale, a tutto il mondo del ciclismo. L’auspicio è che ora si apra una fase nuova, che porti a stabilire regole equilibrate, fondate sul pieno rispetto della persona. Il codice etico, così come a suo tempo fu voluto dalle squadre, non ci è mai piaciuto». «Un’efficace ma equa lotta al doping non può prescindere dal rispetto, da parte di tutti gli interlocutori, dei princìpi fondamentali su cui si fonda l’ordinamento sportivo. Uno tra questi princìpi prevede che solo in caso di provvedimento assunto da un’autorità sportiva il corridore possa essere sospeso dalle corse. Non applicarlo significa, paradossalmente, indebolire la stessa lotta al doping. E questo sono i corridori, per primi, a non volerlo». «In una fase tanto delicata, desideriamo salutare con favore le prese di posizione assunte recentemente da RCS Sport (con la decisione di consentire la partenza di Di Luca alle proprie corse pur in attesa della sentenza, poi rivelatasi assolutoria) e da Liquigas Sport, che si è apertamente schierata per una revisione del codice etico. La guerra al doping dev’essere condotta entro i termini del rispetto di quel fondamentale principio di diritto denominato “presunzione d’innocenza”. L’ACCPI è motivata, oggi più che mai, ad intraprendere ogni iniziativa affinché tutti coloro che ricoprono posizioni di responsabilità nel movimento ciclistico si allineino a questo indirizzo».
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