IL TOUR, BERNAL E MILLE DOMANDE "ITALIANE"

LETTERA APERTA | 02/08/2019 | 07:50
di Gianluigi Stanga

Caro Direttore,


il Tour de France è finito da alcuni giorni e, dopo averlo seguito con una certa attenzione, mi permetto di inviarti qualche considerazione dettata non tanto dalla conoscenza diretta della corsa (ne ho disputati diciotto ma c’è chi ne ha fatti molti più di me), ma dalla passione che mi lega da sempre al ciclismo.


Ritengo sia stato uno dei più bei Tour degli ultimi anni. Una serie di circostanze, la caduta di Froome al Dauphiné Libéré e la non partecipazione di Dumoulin lo hanno reso sicuramente più aperto e battagliato. L’intuizione degli organizzatori nel disegnare le tappe ha fatto il resto. Come sempre i nostri cugini (perché poi cugini, non l’ho mai capito) transalpini sono riusciti a creare un evento di grande interesse. Ciliegina sulla torta, l’attraversamento del Louvre nell’ultima tappa. In Italia, lasciamelo dire, abbiamo ancora un po’ da imparare.

A parte un paio di tappe, che potremmo definire noiose, c’è sempre stato un gran movimento e questo nonostante le tanto criticate (da chi non ha mai gestito una gara dall’ammiraglia) radioline ricetrasmittenti. Quando la manifestazione è di livello, lo spettacolo è assicurato.

I risultati dei nostri corridori non sono stati eccezionali ma per la verità, con qualche eccezione, non lo sono stati neanche in passato. Meritata la vittoria di Viviani e sfortunato Ciccone. Bella qualche azione da parte dei vari Caruso, Trentin e via elencando. Premiata la tenacia e la generosità di Nibali. Qualcuno ha avuto da dire che in fin dei conti ha vinto una tappa di 60 chilometri. Tranquilli, al Tour non sarebbe facile vincere, nemmeno se ci fossero tappe anche di soli 10.

E veniamo a Bernal. Sicuramente un ottimo corridore, con un futuro assicurato. Misurato, calmo e più maturo dei suoi 22 anni. Forte in salita e bravo in discesa; sa mantenere le posizioni in gruppo, ma deve migliorarsi un po’ nelle cronometro, ma se le distanze delle prove contro il tempo saranno quelle viste quest’anno, anche li non avrà problemi. Dietro a lui c’è tanta Italia ed è questo che mi lascia un po’ perplesso. Il procuratore, lo scopritore, gli amici, la squadra che lo fa debuttare nel mondo professionistico. Mi chiedo: ma siamo sicuri che in Italia di Bernal non ne abbiamo? Non è che per caso ci concentriamo sui ragazzi stranieri e lasciamo perdere i nostri? Oppure: i nostri ragazzi hanno ancora voglia di fare fatica? Non saranno troppo coccolati da squadre giovanili meglio organizzate di quelle professionistiche? La ricerca smisurata del risultato nelle categorie giovanili non può rivelarsi controproducente per la continuità di una carriera?

Con affetto

Gianluigi Stanga

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COMMENTI
lettera aperta
2 agosto 2019 15:14 alpiere84
carissimo Gianluigi , la sua professionalità e la sua esperienza le hanno permesso di compiere un analisi pressoché perfetta sull'andamento del tour 2019 . tuttavia se posso permettermi avrei da integrare il mio modesto pensiero con alcune cose . a mio parere la corsa è stata avvincente e aempre in bilico , non dimentichiamo che Pinot senza il ritardo nel ventaglio era a 2 secondi dalla maglia gialla , ma l'esito finale è stato leggermente determinato dalla neutralizzazione della tappa con arrivo a val Thorens. ... mi spiego meglio dopo lo svalico dell'Iseran se pur Bernal era stato protagonista di un azione importante a parer mio le condizioni di corsa si stavano mettendo a favore di Thomas, ma sappiamo entrambi che con i se e con i ma non si fa la storia . l'assenza di Domulain a parer mio visto le caratteristiche del tour 2019 sarebbe stata ininfluente per la vittoria finale , quella di Froome invece è stata una grave perdita e ritengo che sia per il suo valore ma anche in base a logighe interne di squadra sarebbe stato il vero favorito alla vittoria . per il futuro bisognerà vedere cosa vorranno fare gli organizzatori sotto le pressioni degli sponsor , mi spiego meglio accetteranno un tracciato con poche cronometro e tants battaglia con distacchi limitati o si cederà alla logica dell'immagine televisiva dello sponsor di qualche squadra che mette costantemente 5 o 6 atleti in fila a controllare la corsa ? vedremo , intanto le faccio un saluto e non mancherò di seguirla nelle sue future disanime .

caro STANGA
2 agosto 2019 16:25 geom54
correvamo insieme da dilettanti tu U.C. BERGAMASCA e io BARBAIANA e altre prima e dopo:
concordo tutto, ma quanto ai 60 km. di NIBALI sui quali alcuni possono, come dici, sostenere che sono anche pochi, pure concordo per avere sottaciuto che comunque erano 60 km anche per tutti gli altri partecipanti.

io
2 agosto 2019 16:45 Fra74
ho già espresso il mio punto di vista, sicuramente sbagliato, in altro articolo, e comunque, lo ripropongo qui. A mio parere, VINCENZO NIBALI è il BERNAL della situazione, nel senso che in ITALIA non vi sono altri fenomeni come il SICILIANO NIBALI. I vari giovani che si sono susseguiti, saranno pure vincenti, ma non hanno "quel qualcosa in più" che appartiene a VINCENZO NIBALI oppure a BERNAL. Attenzione, la butto lì come provocazione sportiva: i vari MODOLO, MORENO MOSER, SONNY COLBRELLI, ALBERTO BETTIOL, SIMONE CONSONNI. FILIPPO GANNA (bravo e campione in pista, ma su strada?!), solo per fare degli esempi, sono SI, GIOVANI, magari pure vincenti, ma sono stati "super-elogiati" nelle categori minori che poi una volta arrivati tra i PROFESSIONISTI, non dico che abbiano deluso, ma sicuramente non hanno REALIZZATO, a livello sportivo, quanto magari qualcuno già preannunciava. Ripeto. sarò smentito, ma UN GIRO DELLE FIANDRE, VINTO MERITATAMENTE, magari Ti farà ricordare nella Storia, ma non Ti erge a CAMPIONE. VINCENZO NIBALI è tale per i GIRI VINTI e le CLASSICHE MONUMENTO. Bernal, ad oggi, è su quella strada, ma dovrà confermarsi con i RISULTATI. Per il ciclismo ITALIANO, la vedo dura, ripeto, non tanto per le VITTORIE di tappa, che non mancheranno, ma per la presenza di un futuro leader per la classifica finale: ad oggi, solo VINCENZO NIBALI, e magari FABIO ARU, possono aspirare a ciò. Ed il resto?! Sono "buoni" ciclisti, magari capaci di vincere delle tappe, ma per diventare come i vari MORENO ARGENTIN, GIANNI BUGNO, solo per fare due nomi, ce ne vuole.
Francesco Conti-Jesi (AN).

A proposito di giovani
2 agosto 2019 18:34 Budy95
Condivido in pieno il dubbio espresso con l'ultima frase:
"La ricerca smisurata del risultato nelle categorie giovanili non può rivelarsi controproducente per la continuità di una carriera ?"
Effettivamente noto con disappunto che la maggior parte delle squadre giovanili sono strutturate "scimmiottando" quelle professionistiche: uno o due capitani (super coccolati), i gregari ("testa bassa e pedalare") e poi medici, massaggiatori, bioomeccanici, ecc.
Forse a livello di under23 potrebbe avere un senso, ma ormai sono così la quasi totalità delle squadre juniores dove le poche eccezioni vengono snobbate ed etichettate come "squadrucce". Ancora più grave è che questa prassi sta via via contagiando anche le categorie minori.
Ho sentito dire in più occasioni da chi ne sa più di me (fra i quali il nostro c.t. Cassani) che fino a 18 anni ci dovrebbe essere puro divertimento, solo dagli under cominciare a fare sul serio: saggezza o ipocrisia ?

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