MARCO CECCHINI, UN PESARESE ALLA SANGEMINI

CONTINENTAL | 13/11/2018 | 07:21

Marco Cecchini è un passista veloce che sulle strade marchigiane e romagnole è stato capace di stagioni ciclistiche da vero protagonista. Dodici vittorie nei due anni da esordiente (tra cui il nono posto al tricolore su strada al secondo anno, nell’edizione vinta da Covi), sei affermazioni nel biennio da allievo, tre vittorie da juniores. Tanta gavetta al primo anno da under 23, replicata anche nella seconda stagione, quella appena conclusa, condita però da una affermazione ad Ornago, in Brianza.

Il 20enne pesarese, diplomato l’anno scorso al liceo scientifico “Marconi” di Pesaro, indirizzo sportivo, è figlio d’arte poiché il padre Fabrizio ha corso in bici nelle categorie giovanili, ottenendo però maggiori soddisfazioni in quasi venti anni da direttore sportivo delle categorie esordienti e allievi, tra le file della Società Ciclistica Pesarese. L’attività da diesse ha consentito la “trasmissione” del vizio ciclistico, che ha contagiato Marco sin dalla categoria G1: vittorie a ripetizione, alternando la bici al calcio. Nove anni nella Sc Pesarese, una stagione nell’Alma Juventus Fano, due anni da juniores alla Scap di Trodica di Morrovalle. Poi un anno alla Calzaturieri Montegranaro, e ad inizio 2018 il trasferimento in Lombardia alla Delio Gallina Colosio Eurofeed, alle dipendenze del general manager Cesare Turchetti. Nella bresciana Botticino, Cecchini ha fatto per la prima volta una full immersion completa a base di pane e ciclismo, potendosi dedicare solo all’attività sportiva.

Raccontaci la stagione appena conclusa.
«Se ripenso ad appena dodici mesi fa, la prima cosa che mi viene da dire è che ho imparato tanto. L’esperienza alla Delio Gallina è stata innanzitutto una palestra di vita, e poi un bel bagaglio che mi servirà nelle prossime stagioni in bici».

Siete partiti a razzo...
«Puntavamo a far bene alla Coppa San Geo, la prima gara stagionale a fine febbraio, che era anche la gara di casa. Per questo Turchetti ci ha portato a fare una decina di gare in Francia a metà febbraio. Corse molto dure, dove Tagliani ha alzato le braccia più volte, che ci sono servite per fare ritmo. Alla San Geo volavamo, ed infatti Tagliani ha vinto, con enorme soddisfazione per squadra e sponsor».

Per te tanto lavoro di gregariato.
«Fino a maggio non ho avuto una gamba super, quindi giustamente la squadra mi aveva chiesto di correre in supporto, aiutando prima Tagliani e poi Di Felice. La svolta c’è stata al ritorno dal ritiro in altura a cavallo tra maggio e giugno. Sono riuscito a finalizzare bene la mole di lavoro svolta in montagna, correndo da protagonista al tricolore di Taino e vincendo la settimana seguente ad Ornago, con un’azione in solitaria negli ultimi chilometri».

Un picco di forma durato circa un mese: poi cosa è successo?
«In bici è impossibile tenere la condizione molto a lungo: di solito la gamba può girare perfettamente per una quarantina di giorni, e così è stato. A luglio abbiamo fatto un’esperienza importante correndo due gare di livello in Francia, a sud di Parigi, dove sono riuscito a rimanere davanti nonostante la presenza di diverse formazioni Continental. Ma quella trasferta, e poi quella polacca, a Cracovia ai primi di agosto, mi hanno fiaccato irrimediabilmente».

Esperienze impegnative ma utili per il futuro.
«Infatti non ho rimpianti. Alla Delio Gallina ho fatto un’esperienza che mi porterò dietro per sempre, al di là della bici: sono stato per la prima volta stabilmente fuori casa, ho imparato a correre, ho fatto tanti chilometri e mi sono confrontato con una stagione dove la bici mi ha assorbito completamente. Sono tornato a casa, a Pesaro, ai primi di settembre, decidendo di chiudere la stagione con qualche settimana di anticipo. Ormai avevo dato...».

Nel 2019 proverai a salire un altro gradino.
«Conoscevo alcuni addetti dello staff della Sangemini, e non mi dispiaceva tornare a correre più vicino a casa. La Sangemini fa base nelle Marche, a Montappone, e fa un bel calendario con diverse corse all’estero, oltre alle gare italiane della Ciclismo Cup. Un’occasione imperdibile, che ho preso al volo. Approfitto per ringraziare il team manager Angelo Baldini e il diesse Maurizio Frizzo per l’interesse dimostrato nei miei confronti».

La stagione comincerà a metà febbraio, tra Laigueglia e Porec. Come hai impostato la preparazione?
«Ho staccato dalla bici per quarantacinque giorni, ricominciando a pedalare il 15 ottobre. Ho cercato di non prendere peso, facendo lunghe camminate di diversi chilometri. Adesso, fino a Natale, sto alternando bici e palestra. Tre ore in bici oppure due ore in palestra e un’ora di sintesi in bici. Il sabato e la domenica allungo le uscite in bici, a ritmo tranquillo e senza lavori specifici, arrivando a pedalare per quattro o cinque ore».

Quando ricomincerai a fare sul serio in bici?
«A Natale lascerò la palestra e riprenderò ad allenarmi soltanto in bici, cominciando i lavori specifici. La squadra ci darà l’opportunità di allenarci, per un periodo, anche in luoghi climaticamente più favorevoli rispetto a Pesaro, e ne approfitterò per fare molta base. Nell’ultimo mese prima del debutto, ricomincerò gli allenamenti dietro scooter, con l’aiuto di mio padre».

Raccontaci questi allenamenti.
«Mio padre ha avuto l’idea di montare un parabrezza sul retro dello scooter, per diminuire ulteriormente il mio impatto con l’aria. In questa maniera, riesco a pedalare anche per centoventi chilometri dietro scooter, a più di cinquanta orari, su percorsi vallonati. Sono sedute molto impegnative, che però mi danno il ritmo necessario in competizione. Poi, a fine allenamento, un bel messaggio, fatto ugualmente da mio padre, mi aiuta a recuperare più in fretta».

Quali saranno gli obiettivi per la prossima stagione?
«L’esperienza in una squadra di rango Continental mi darà l’opportunità di confrontarmi su un palcoscenico più importante. Nel 2019 sarà importante unire alla quantità dei piazzamenti, anche la qualità delle corse. Dovrei partecipare stabilmente alle corse del calendario nazionale ed internazionale under 23. Sperando nella possibilità di fare qualche esperienza nelle gare prof, magari alla Coppi&Bartali che si corre vicino a casa. Vorrei che le gare con i professionisti mi dessero il ritmo e la condizione necessaria per ben figurare nelle corse del calendario dilettantistico. In particolare il Gp Liberazione a Roma del 25 aprile, il Giro d’Italia Under 23 e il campionato italiano».

Chi ti darà una mano per impostare al meglio i picchi di forma?
«Ho deciso da qualche settimana di farmi seguire da Matteo Belli, un ex corridore della mia zona, che abita a Montemaggiore al Metauro e da qualche tempo ha aperto uno studio di preparazione atletica a Fano. L’anno scorso ho percorso 21mila chilometri, quest’anno vorrei ripetere la stessa mole di lavoro, ma con qualche accorgimento in più».

Marco Cecchini è diventato il simbolo della Pesaro che pedala. Infatti in questo periodo è il corridore pesarese che si confronta a più alto livello, anche se la città adriatica in un recente passato ha avuto diversi atleti professionisti (Massimo Giunti, Federico Canuti, Luca Pierfelici, Lorenzo Cardellini, ed altri). Pesaro è stata da qualche anno insignita del titolo di “città italiana della bicicletta”, insieme a centri più blasonati come Ferrara. Con i suoi quasi cento chilometri di piste ciclabili, è diventata oggetto di attenzione per cicloturisti e, quindi, bike hotel. Pesaro, nel 2019, sarà sede di arrivo dell’ottava tappa del Giro d’Italia, e siamo sicuri che se Cecchini pedalerà forte, avrà un ritorno di stima ed attenzione anche dai propri concittadini.

Nella foto, Marco Cecchini vittorioso a Ornago ad inizio luglio 2018.

 


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