La Gazzetta. Petrucci scrive all'Uci: «Più collaborazione»

| 23/06/2007 | 00:00
Il presidente del Coni, Gianni Petricci, scrive a Pat Mc Quaid, gran capo dell’Uci: «Collaboriamo meglio per combattere il doping». E manda la lettera anche alla Wada, l’agenzia mondiale dell’antidoping, chiedendo al più presto un incontro tecnico all’uci «per definire le modalità di collaborazione, al fine di ottimizzare in sinergia le risorse e le professionalità». PROCURA. E’ il secondo tempo della partita Coni-Uci, cominciata la sera del 30 maggio, giorno della tappa del Monte Zoncolan al Giro d’Italia. Allora, dopo la cena, la Procura antidoping del Coni (guidata da Ettore Torri) effettuò quattro controlli sangue-urine a sorpresa su Gilberto Simoni (vincitore di tappa), Danilo Di Luca (maglia rosa), Riccardo Riccò ed Eddy Mazzoleni, cioè i migliori italiani in graduatoria. I test sono stati tutti negativi, ma i tecnici dell’Acqua Acetosa di Roma hanno notato qualche anomalia nel profilo ormonale dei corridori. E allora, visto che l’Uci aveva effettutato i tradizionali controlli antidoping nel pomeriggio a fine tappa, il Coni ha chiesto di vedere quelle analisi. Per confrontare i parametri dei quattro corridori. PIU’ FORTI. Petrucci rivendica un ruolo più incisivo al Coni anche sul terreno che, finora, era esclusivo della federazione internazionale. «Nessun intervento ul doping ha possibilità di efficacia se non esiste una zona di convergenza tra le sfere d’interesse delle istituzioni coinvolte». «Occorre operare in una unica e condivisa direzione». «Il Coni intende avviare con l’Uci una collaborazione proficua – già in atto con la Federazione ciclistica italiana – che possa tutelare in maniera più efficace la credibilità e i valori insisti in questo sport». CERTTOFICATI. Petrucci sottolinea «il ricorso sempre più frequente e diffuso alle esenzioni a fini terapeutici, che dà ormai l’immagine del ciclismo come un popolo di malati. In ordine ai controlli antidoping, consideriamo altamente utile la creazione di task force comune, almeno negli eventi che si tengono sul nostro territorio nazionale, in considerazione che l’attuale sistema è insostenibilmente limitativo se non addirittura ostativo alla nostra riconosciuta capacità di disporre sessioni di prelievo, qualitativamente e quantitativamente apprezzabili». «Riteniamo inoltre basilare incidere sulla gestione dei risultati di laboratorio, condividendo che almeno i presunti esiti diversi dell’ultimo Giro – sui quali si impone un approfondimento unitamente agli altri valori riscontrati dai test italiani – qualora non fossero violazioni delle normative antidoping appaiono quanto meno come indici di preoccupanti anomalie. Bisogna condividere tutti i dati disponibili e le valutazioni ultime, anche con la Wada». da «La Gazzetta dello Sport» del 23 giugno 2007
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