| 10/05/2007 | 00:00 da Repubblica del 10 maggio 2007
Limare, capire, approfondire, cercare riscontri e verifiche. Tutt’altro che conclusa, come annunciava l’altro giorno speranzoso Ivan Basso nell’affollata conferenza stampa di Milano, la vicenda dei suoi rapporti con il “dottor sangue”, al secolo Eufemiano Fuentes, il medico spagnolo al centro di un’organizzazione specializzata nel doping ematico, annuncia nuovi capitoli. Alla Procura antidoping del Coni non è piaciuta la marcia indietro fatta pubblicamente dal vincitore del Giro 2006. E in particolare quel precisare che lui ha parlato solo dei suoi casi personali e che si è pentito di quello che ha fatto, ma non è un “pentito” come generalmente si intende.
La sua deposizione - a quanto si conosce - lascerebbe ampie zone grigie tutte da chiarire. È credibile un Basso che dice di aver avuto a disposizione sette sacche di sangue per doparsi senza averne mai fatto uso in almeno due stagioni di frequentazione del laboratorio spagnolo? Il varesino ha parlato di debolezza. Ma per quante volte è stato un debole? Sette o più? In una intervista per la televisione tedesca Ettore Torri spiega di avere seri dubbi: «Non posso dire se abbia fatto o meno uso di doping». Le sacche erano tante e questo lascerebbe intendere che probabilmente non siano state usate. Ma non ci sarebbero prove in questo senso. Basso dovrà spiegare meglio. Per questo sarà ancora sentito. Se vorrà davvero usufruire degli sconti di pena, dovrà essere più concreto. Per esempio spiegare meglio chi gli ha consigliato il famigerato medico spagnolo. «Un medico italiano» avrebbe risposto Ivan. Ma non si è spinto più in là. Un nome che dovrà uscire, anche perché tanti indizi portano verso un personaggio toscano molto noto nell’ambiente delle due ruote. E tacendo Basso potrebbe addirittura in falsa testimonianza.
Perché Basso non avrebbe usato le sacche preparate e messe da parte? Al momento di farne uso - avrebbe risposto il varesino a Torri - un medico glielo avrebbe sconsigliato. «Troppo pericoloso per la salute». Anche qui c’è da approfondire e precisare i particolari. Torri si aspetta una collaborazione più concreta, anche se tiene in giusto conto la paura del corridore, che teme pericolose ritorsioni.
Anche Michele Scarponi, l’altro corridore coinvolto nell’Operacion Puerto, sarà risentito dalla Procura del Coni. Scarponi-Zapatero (così lo definiva Fuentes nel suo personalissimo linguaggio cifrato), dopo essersi autosospeso dalla sua attuale formazione, l’Acqua&Sapone, obbedendo ad una precisa strategia dei suoi avvocati e al consiglio del suo attuale direttore sportivo, Palmiro Masciarelli, avrebbe fatto importanti ammissioni davanti a Torri. Da Fuentes lo avrebbe portato all’inizio Manolo Saiz, il manager della Liberty Seguros, la squadra per la quale correva nella stagione 2005.
Saiz è un membro del consiglio dell’Uci, per questo, forse (tardivamente), la federazione internazionale ha chiesto al Coni gli atti dell’inchiesta di Torri su Scarponi. Anche il marchigiano non avrebbe fatto uso del sangue conservato. Quanto meno dopo una certa data. «Negli atti c’è la registrazione di una telefonata risalente a fine 2005 - racconta Masciarelli - nella quale Saiz dice a Fuentes che Zapatero non deve più essere seguito. La prova che il suo ripensamento viene ben prima dello scoppio dello scandalo, avvenuto nel maggio del 2006. Di Fuentes sapevano tutti in giro. Ne sentii parlare già 4-5 anni fa. Davanti alla sua porta era un viavai continuo di atleti del ciclismo, si parlava anche di Pantani e di altri campioni, a quanto mi riferivano. Mi domando come sia stato possibile che enti importanti come la Wada, l’agenzia di antidoping mondiale, siano stati all’oscuro di tutto e non abbiano fatto nulla per tanto tempo».
Intanto oggi Torri sentirà il “terzo uomo” coinvolto nella vicenda, Alessandro Kalc, il dirigente friulano di una piccola squadra giovanile di mountain bike che nell’inchiesta spagnola è accusato di fare da corriere per conto di Fuentes. A lui è indirizzato un fax (pubblicato per la prima volta da Repubblica nel giugno scorso) che è in buona sostanza il programma esteso per dopare una “squadra” e “due corridori” da identificare.
Eugenio Capodacqua
da Repubblica del 10 maggio 2007
E TRE PROCURE VOGLIONO SAPERE
Qualcuno, ieri, lo ha definito il «primo caso di inchiesta globalizzata». Perché dopo il pentimento di Ivan Basso e Michele Scarponi, mezza Europa ha contattato i vertici giudiziari del Coni per avere aa disposizione i verbali degli interrogatori svolti nei giorni scorsi al Foro Italico. La richiesta è arrivata al comitato olimpico dal pm di Bergamo, da quelli di Brescia e ovviamente da quelli di Roma. Non solo: alla porta hanno bussato anche i magistrati tedeschi, la procura di Goettingen ha aperto un’indagine su uno dei medici complici di Fuentes e ha chiesto perciò di interrogare Basso. Ma gli sviluppi dell’inchiesta interessano anche gli organizzatori del Tour che potrebbero decidere di chiedere ragione del comportamento di Basso alla giustizia francese. E, in Spagna, gli organizzatori della Vuelta che hanno chiesto ai ciclisti coinvolti nell’indagine di seguire l’esempio del corridore varesino e di collaborare.
Alle varie procure, le carte verranno inviate a partire dai prossimi giorni. Ma il pallino, almeno per il momento, rimarrà nelle mani della procura antidoping del Coni. Il procuratore Ettore Torri vede concreta la possibilità di risalire dalle dichiarazioni di Basso e Scarponi fino ai vertici dell’universo Fuentes e non vuole lasciarsi scappare l’occasione. E così nelle prossime ore procederà con una serie di interrogatori. Ai primi posti della lista stilata da Torri ci sono i «corrieri del sangue», quei personaggi che erano incaricati di consegnare le sacche conservate a Madrid. L’obiettivo di questi interrogatori è quello di dare un nome e un cognome a tutte le pedine della scacchiera del medico spagnolo.
Dai corrieri ci si muoverà dunque in due direzioni: verso l’alto, e cioè gli ematologi, gli addetti alla “banca del sangue” e i medici italiani che “indirizzavano” gli atleti da Fuentes; e verso il basso, in direzione degli altri corridori, dei quali, a quanto pare, la procura antidoping ha già un lungo elenco di nomi. Contrariamentee a quanto ci si potrebbe aspettare, l’obiettivo di Torri non sono questi ultimi. Ma i medici. «È lì - continua a ripetere da giorni l’ex procuratore capo di Roma - che bisogna colpire».
ma.me.
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