ARCHISTAR

TUTTOBICI | 25/11/2017 | 07:08
Allora, proprio in questo brevissimo periodo sen­za biciclette militanti, mi sembra il caso di ricapitolare tutto l’essenziale che la stagione 2017 ci ha insegnato e consegnato. Do­ven­do estrarre il succo da questa gigantesca ma­cedonia di fatti e misfatti (mica li combina solo il Gatti, sia ben chiaro), io posso dire d’aver ca­pito soprattutto che le corse italiane non valgono più niente, che così co­me sono vanno subito rottamate, che volendo proprio salvarle bisogna intervenire drasticamente. Non con un’aspirina: proprio con una vera cura da cavallo.

Se dico scemenze sono qui a risponderne. Ma non mi pa­re di inventare nulla di nul­la. Provo a riassumere brevemente, perché non mi va di sbrodolare su un’idea essenziale. Mi fermo agli appuntamenti di storia e di prestigio.

Numero uno: la San­re­mo. Non mi invento io che continua a ingrossarsi il partito del “troppo facile”, del partito che vorrebbe inserire una o più salite, per renderla più dura e più selettiva, così che a vincerla non sia più un Kwiatkowski o un Sa­gan (corridorini del cavolo), ma magari Quin­tana o Bernal.

Numero due: il Giro d’I­ta­lia.
Non ne parliamo. Così proprio non sta in piedi. Sulla nostra grande corsa a tappe si concentra lo sferragliare di cervelli. Chi vuole tappe più corte e più facili, chi non vuole mai più la partenza all’estero, chi più draconianamente arriva a dire che bisogna spostarlo a dopo l’estate, perché se continua co­sì morirà di desolazione, gli spagnoli sì che han­no capito tutto, guarda nella Vuelta negli ultimi anni il cast d’alto bordo. E pazienza se la Vuel­ta continua sostanzialmente a restare un esame di riparazione per chi ha fallito prima (fermi tutti, lo so, Froome ave­va appena vinto il Tour, però mi permetterete di dire che resta un’eccezionale eccezione).

Numero tre: il Lom­bar­dia. Ce l’abbiamo ancora nelle orecchie. No­no­stante resti il vero Mondiale in linea, nonostante abbia il percorso più completo del mondo (più della Liegi perché ha an­che salite lunghette), nonostante gli spettacoli offerti dai Gil­bert e dai Nibali, dunque da una varietà completa di campioni, siamo al punto che il vicedirettore della Gazzetta, prima firma del ciclismo, cioè un pezzo grossissimo del giornale organizzatore, in altre pa­role Pier Bergonzi, ha lanciato la proposta di sbaraccarlo completamente dalle foglie morte per ricollocarlo tra i germogli di primavera, assieme alle altre superclassiche.

Finisco qui la ricognizione. Spero davvero che tutti ab­biano ascoltato e percepito quello che ho riportato qui. Non mi va di passare per manipolatore e mi­stificatore. In Italia sembra di muoverci tra ruderi e detriti, con un sac­co di architetti in fila per firmare i nuovi progetti di restauro. Ma a me, lo dico apertamente, è un gioco che piace poco. Mi scuso per l’eufemismo, sempre viva la chiarezza: non mi piace proprio per niente.

In mezzo a questo raduno di archistar voglio dire chiaro e tondo che a me le grandi corse italiane continuano a piacere così come sono e così dove stanno. C’è molto da ritoccare nelle rifiniture, ma gli edifici sono ben solidi e an­cora piacenti. Tanto che mezzo mon­do ce li invidia. Se poi consideriamo che ultimamente abbiamo aggiunto al nostro patrimonio pure le Strade Bianche, a mio avviso la vera novità assoluta del calendario mondiale, per originalità del tracciato e per bellezza (mozzafiato) della cornice, mi sento di concludere in un modo solo: al lavoro per valorizzarle, queste corse, non certo per demolirle e rifarle in un altro modo. Se non sei capace di vendere questo ben di Dio, non sarai mai capace di vendere neppure un cerino. Di questo dovremmo parlare, di noi, del nostro lavoro e della nostra fantasia, non delle corse. Torno a ri­petere un luogo comunque ben noto nel ciclismo, e non solo: prendi i francesi, di una cosa qualunque san­no fare un avvenimento roboante e un business corposo. Chiudo restando lì in zona: qualcuno mi spiega perché Tour e Roubaix vanno sempre bene così come sono, anzi guai a chi tocca qualcosa? Per le nostre ab­biamo sempre una ricetta pronta, per le loro abbassiamo il capino e prendiamo tutto a scatola chiusa. È penoso. Prima di cambiare le corse, proviamo a cambiare un po’ la testa.

Cristiano Gatti, da tuttoBICI di novembre
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COMMENTI
caro Gatti,
25 novembre 2017 10:26 canepari
Archistar è un Architetto famoso, cosciente di tenere il centro dell’attenzione grazie alla capacità di sorprendere con le sue idee e le proprie opere. Non è detto che tutte le fantasie e realizzazioni delle archistar siano eccezionali (ci sono anche tanti obbrobri…). Ciclisticamente parlando Le Strade Bianche, che hai opportunamente citato, sono un vero prodotto di ARCHISTAR, per le altre corse si tratta soltanto di restauri o interventi di manutenzione ordinari e straordinari su manufatti già esistenti a cui provvedono gli artigiani validi o meno: gli infissi sono alla fine, il tetto fa acqua, c’è da cambiare l’impianto elettrico o tinteggiare il salotto… Pertanto a mio modo di vedere, non ci troviamo, Strade Bianche a parte, di fronte a realizzazioni sorprendenti ex novo, ma soltanto di fronte a modesti ritocchi e “riparazioni” che il tempo rende indispensabili e che possono facilmente essere rivisti a posteriori nel caso non piacciano…). Ricordiamoci che Torriani è stato il principale artigiano (e che artigiano!!!..) del ciclismo del dopoguerra. Le archistar erigono nuove “corse monumento” (e qui sappiamo che c’è un bel contenzioso sulla primogenitura dell’Eroica/Strade Bianche), i buoni artigiani devono soltanto impedire l’invecchiamento di ciò che c’era già e che “mamma Gazzetta”, o chi per lei, ha inventato nel secolo scorso.
con l'amicizia e la stima di sempre....

Lasciamo le classifiche italiane come sono....
25 novembre 2017 12:23 Luas
Penso che le tre corse di cui si parla nell articolo abbiamo bisogno di ben pochi ritocchi... tutti vorrebbero una Sanremo o un Lombardia... il nostro problema è più su le corse un tempo in gran voga ed ora un po\' decadute molte corse vengono cancellate ad anni alterni oppure vengono corse con corridori e squadre di seconda fascia. Penso che i soldi contano.. ma alcune delle nostre corse andrebbero valorizzate ... molti Team vanno a correre in Cina o paesi lontani solo per soldi ma il nocciolo del ciclismo è in Europa. Ma non per campanilismo ma perché è in Europa idove il ciclismo ha le sue tradizioni abbiamo visto mondiali in paesi lontani senza spettatori.. il ciclismo è lo sport dove gli spettatori sono anima dello sport quanto i corridori

Questione di Denaro
25 novembre 2017 15:00 TOPGUN
Caro sig. Gatti io personalmete ritengo che le scelte degli organizzatori in primi l'UCI ormai siano legate soprattutto all'aspetto economico trascurando quello tecnico e quello degli spettatori a bordo strada altrimenti non mi spiegherei la scelta di correre un mondiale come quello del 2016 in Asia oppure di privilegiare gare come Abu Dhabi tour o tour of Oman tour of Quatar le varie corse in Cina a scapito di gare come ad esempio Trofeo Laigueglia Giro dell'appennino ecc..ecc.. per quanto riguarda il lombardia e la corsa delle foglie morte e tale deve restare la Sanremo dovrebbe invece riproporre la salita delle Manie ed aggiungere Pompeiana per aumentare il tasso di spettacolo e tecnica.

un piccolo particolare
25 novembre 2017 15:45 pickett
Che la Vuelta sia solo "un esame di riparazione per chi ha fallito prima",é una cretinata che viene ripetuta solo ed esclusivamente in Italia.Con Internet,caro Gatti,le bugie hanno le gambe corte;chiunque può leggere i siti stranieri di ciclismo,e rendersi conto che la corsa spagnola gode di una considerazione assai superiore a quella della nostra corsa.E questo non da oggi,ma da vent'anni.Comunque,Caro Gatti,stia tranquillo;il Giro,dal mese di Maggio,non lo sposterà + nessuno,perchè gli spagnoli non sono fessi,e se ne guardano bene da accettare uno spostamento di date.E cara grazia che nel 2004 è nato il tanto vituperato World Tour,altrimenti il Giro sarebbe morto.

Sagan corridorino del cavolo ??
25 novembre 2017 16:55 sterorema
Buonasera sig Gatti, il suo articolo può essere condiviso a grandi linee, ma non so se Lei ha una personale antipatia a riguardo di Peter Sagan ( e lo stesso Kiawthowski) ma definire corridorino un atleta del genere, riduttivo é dir poco...
Certo non potrà mai vincere un grande giro o classiche monumento com%u2019è Liegi e Lombardia, ma ci troviamo dinanzi ad un campione dalla classe purissima !

Sterorema.....
25 novembre 2017 20:41 Pinuccio25
Non hai colto l\'ironia provocatoria del bravo Gatti.

Pinuccio25..
26 novembre 2017 10:20 sterorema
Hai ragione, tra l%u2019altro Bernal chi é ??...
Mi é sfuggita la sua provocazione ma rendere più dura la Sanremo aggiungendo un ulteriore salita sul finale sarebbe sicuramente uno spettacolo assicurato, dove
« corridorini » come Sagan capaci di tenere su salite di media lunghezza, potrebbero ancora vincere !.

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