L'avvocato di Basso: siamo di fronte a una discriminazione

| 24/04/2007 | 00:00
L'avvocato di Ivan Basso, Massimo Martelli, ha preso posizione oggi: «Abbiamo preso visione di Interviu: conosciamo che tipo di giornale è e che giornalismo fa. Al momento attuale quello che è scritto non è confortato da nessun riscontro, si tratta solo di illazioni giornalistiche e tali rimarranno finchè non ci saranno comunicazioni defintive. Certo è singolare la ricorrenza di questi scandali, sempre alla vigilia di corse targate Aso. È singolare la coincidenza con le dichiarazioini di Prudhomme che lancia il sasso e poi nasconde la mano delegando le squadre all’applicazione del codice etico. A questo si sovrappone l’Uci che invita alla prudenza e sottolinea l’impossibilità di fermare i corridori, ma è chiaro che tutto questo è il preludio allo scoppio del caso Basso. Ma di una cosa sono convinto: se Basso si fosse chiamato Bassò, la vicenda sarebbe già stata chiusa». E Martelli poi ricorda: «Ivan è già stato giudicato e, oltre a questo, io sono anche in possesso di un documento importantissimo datato 29 marzo 2007 a firma del giudice Serrano che dice: tutto quanto io avevo è già stato trasferito con la rogatoria internazionale. È la conferma che non ci sono elementi nuovi ed il dossier è quello per il quale Ivan è già stato giudicato. E il documento conferma che le sacche di sangue sono nel laboratorio di Barcellona e li rimarranno». Martelli parla poi dell’aspetto umano: «Basso è stato massacrato, come mai. Pensate che oggi non si è allenato e questo per lui è un fatto straordinario: quando mai finirà tutto questo? In vista della convocazione della Procura io non ho prospettato nulla: il 2 maggio andrò a Roma e sentirò le contestazioni che ci verranno mosse. Se ci sarà qualcosa di nuovo ne prenderò atto e verificherò se questo sia stato acquisito legittimamente. So però che la Procura sta lavorando su una base che lei stessa definisce “anonima”». E ancora: «Ci sono 223 di sangue e plasma, ci è dato sapere che nove sono state identificaate come di Ullrich, sappiamo che ci sono coinvolti 58 corridori: se l’Uci e le istituzioni vogliono trasformare questa inchiesta nel caposaldo dell’antidoping, dobbiamo dare un’identità ad almeno 150 sacche. Se vogliamo che il problema doping venga risolto, dobbiamo chiedere a tutti i corridori di prestarsi a questo esame. Non possiamo pretendere che sia solo Basso ad essere inquisito».
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