MARTINELLI, INCONTRO AD ALTA QUOTA

PROFESSIONISTI | 12/07/2017 | 09:43
Davide Martinelli è appena rientrato da un lungo allenamento in bici con i suoi compagni di squadra della Quick Step Floors. Tanta salita e 4 ore in sella a buonissima andatura. Sulla sua mano e sul braccio sono ancora evidenti i segni della caduta che gli ha impedito di partecipare al Campionato Italiano crono. Dopo il massaggio si gode il fresco dell’altura all'Alpen Village di Livigno ed è il momento migliore per scambiare alcune considerazioni.

Come procede con gli allenamenti?
«Direi bene, sto programmando la seconda parte di stagione che prevede il Giro di Polonia, alcune corse in Belgio e poi vedremo se il CT Cassani mi convocherà per il Campionato Europeo che si tiene in Danimarca. In questo caso dovremo fare delle valutazioni per capire come arrivare al meglio perché la prova continentale si disputa solo due giorni dopo la conclusione della corsa polacca».

Chi sono i tuoi favoriti per quella gara che ad oggi vede la sua maglia nascosta sotto quella iridata?
«Bisognerà vedere chi saranno gli atleti al via. Ma potrei fare un nome solo, quello di Marcel Kittel, visto che il percorso è pianeggiante».
 
Una cosa te la voglio domandare subito. Ti chiedono spesso del rapporto con tuo padre?
«A volte. Ma devo dire che non è una persona che si intromette. Però quando glieli chiedo, lui i consigli me li da volentieri. Ci siamo sentiti durante il giorno di riposo del Tour, mi ha chiamato per sapere se mi stavo allenando. Ma sa che non sgarro, che sono uno che segue i programmi. Devo però aggiungere che nella mia crescita è stato fondamentale. Quando sei Junior o Under 23 certe nozioni non sono scontate ed io sono cresciuto con tanti concetti già assimilati, perché li ho masticati fin da piccolo. Comunque per continuare a rispondere alla domanda, papà da atleta ha corso vinto tappe a Giro e Vuelta, sa di cosa parliamo. Il ciclismo è cambiato, è molto più specializzato ma la base è sempre quella».
 
Come hai gestito questa stagione ad alto livello in cui è stato inserito il Giro d’Italia?
«Innanzitutto sono partito in modo più regolare, il Giro è una corsa che va gestita bene. Ad Abu Dabi e Dubai ho cercato di essere utile per il team anche se la condizione non era super. Poi ho svolto un blocco di lavoro in altura prima del Giro, a Passo Maniva, e ho gareggiato al Romandia. Probabilmente verso metà Giro gli altri hanno iniziato a crescere, io sono rimasto stabile ma era normale che fosse così. Comunque ora ho recuperato al 100% e mi manca un po’ di brillantezza. Rispetto a quando ero dilettante, sono i dettagli che fanno la differenza. Facciamo un esempio con i numeri. Nel mio caso, se riesco ad esprimere 420 Watt per 10 minuti so che posso stare davanti. Se invece vado a 405 allora scivolo indiero. Da dilettante questo non succedeva: in salita mi staccavano 10 corridori, ora in salita mi stacca metà gruppo. Tutti hanno un ruolo preciso ed è inutile andare a competere su terreni non tuo, alla luce della specializzazione esasperata».
 
A proposito di specializzazione, le crono non le fai più?
«Per ora è meglio di no perché non sono convinto che il mio livello sia così alto in questo momento. Potrei essere ad ottimo livello nei prologhi, sui 5-10 minuti penso di poter fare un’ottima prestazione. Sulla mezz’ora, invece, un passista di 80 chili mi può battere perché esprime un potenza maggiore. Io ne peso 72».
 
Sei uno tecnologico?
«Abbastanza. La tecnologia nel ciclismo ti permette di sapere se ti sei allenato bene o no. Esci convinto di aver fatto bene, poi controlli i tuoi dati e scopri che l’allenamento non è stato così proficuo».
 
Sono tutti ossessionati dai watt? Sono così importanti?
 «Torno all’esempio della specializzazione. Prima bastavano 6,2 watt per chilo ad uno scalatore per stare davanti, ora ne servono 6,5 e quindi anche un campione deve essere sempre pronto. Si parla di inezie: un chilogrammo di peso o una piccola percentuale di potenza. Poi sono concetti che a volte generano anche confusione. Quello che conta è saper mantenere il wattaggio nel tempo. Sono dettagli su cui magari lavori per un anno. Per quello che mi riguarda, durante la corsa rosa sono dovuto scendere a 70 chili per essere più competitivo in un Giro così duro, anche se quando sono a 72 mi sento più forte e potente. E’ tutta una questione di equilibri».
 
Chi vince il Tour?
«Certo che Froome con la crono finale è sempre avvantaggiato, invece Aru in questo momento è uno dei pochi ad avere la sparata sui 2 chilometri».
 
Altre novità?
«Sto lavorando con una società che sviluppa una piattaforma molto innovativa. Oggi alle 13 faremo una diretta facebook sulla mia pagina e su quella di Sportplustechnology dove sarà possibile seguire in real time e scoprire tutti i miei dati durante la sessione di allenamento, in questo ciclismo non c’è nulla da nascondere, ma sveleremo di più a breve».

Pietro Illarietti

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