DILETTANTI. Tagliani ora fa paura
di Paolo Broggi

Ha ventidue anni ma per le logiche distorte del nostro ciclismo è già vecchio. Ma Filippo Tagliani non ci sta e prova a ribellarsi a questa situazione che riguarda tutti i corridori che passano ad essere Élite. E a suon di risultati sta provando ad invertire la tendenza.
«So che questo, per me, è l’anno decisivo. Ci arrivo con la coscienza serena di chi ha sempre dato il massimo per la Delio Gallina Colosio Eurofeed, la mia squadra da sempre. Ho scelto serenamente di non scendere a compromessi e di non cambiare mai team. Pre­ferisco raccogliere con questa ma­glia...».
E la raccolta è iniziata bene: quest’anno hai già vinto sei corse.
«Volevo partire forte, ma di fare così bene certo non me lo aspettavo. Ho vinto due tappe della Boucles Haut Var e poi il Grand Prix Puyloubier in Fran­cia, ho conquistato la Coppa San Geo - che era uno dei miei grandi obiettivi anche perché l’arrivo era davanti all’azienda di patron Delio Gallina -, l’internazionale Gp San Giuseppe e poi mi sono imposto a Corridonia, sempre nelle Marche. Sono sorpreso e felice del mio rendimento».
Cos’è cambiato rispetto al passato?
«Dal punto di vista della preparazione ho curato di più il fondo e i primi fuori giri della stagione li ho fatti in gara. Ma forse è cambiato qualcosa a livello psicologico: prima di queste vittorie avevo magari paura degli avversari, adesso sono loro che mi temono e io sono molto più consapevole dei miei mezzi e delle mie possibilità».
Un passo indietro: da quando pedali?
«Ho iniziato da G1, nel 2002, per caso mi sono trovato in sella ma cos’altro poteva fare un bambino nato a So­pra­zocco di Gavardo dove si vive di pane e ciclismo? Fin quando sono andato a scuola, mi sono diplomato al liceo sportivo, il ciclismo è stato soprattutto un divertimento e solo dopo mi sono dedicato completamente alla bicicletta, in pratica la mia vita è casa e ciclismo. Mamma Mara e papà Imerio gestiscono la Trattoria alle Trote, che da sempre è un punto di riferimento per i ciclisti del­la zona, sono fidanzato con Va­len­tina che è la nipote del mio team manager Cesare Turchetti. Più casa e bici di così...».
Quali sono le tue caratteristiche tecniche?
«Sono un passista scalatore ma quest’anno due le ho vinte anche in volata: tanto alla San Geo quanto a Monte­cas­siano ho provato più volte ad attaccare, ma non c’è stato modo di an­darsene e quindi ci ho provato allo sprint ed è andata bene. In Francia si sono complimentati con me per il mio modo di correre, ma oltralpe la vita per i corridori della mia età è più semplice, là i dilettanti son dilettanti e gli anni non contano. In Italia, invece, non è co­sì ed è per questo che quest’anno ho deciso di dare il massimo, nella speranza che arrivi la chiamata di qualche squadra professionistica. Non penso al domani, per ora preferisco restare concentrato sul dare il massimo in questa stagione, sul Città di Brescia, sui traguardo più importanti...».
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