E alla fine, a forza di implorarlo in ginocchio, a forza di fargli presente che dopo Tour e Vuelta deve necessariamente centrare il tris se vuole una suite tra i grandissimi, o magari a forza dei due milioni di euro che secondo gli olandesi la Rcs gli ha scucito per aiutarlo nei ragionamenti, comunque sia il Giro avrà il numero uno: Froome.
La prima cosa che mi viene da dire è patti chiari amicizia lunga. Al signor Froome bisogna chiedere una presenza vera e seria, non una presenza-assenza, o magari part-time. Chiaro il concetto: è perfetto avere il big al via, ma se è big di nome e di fatto. Se invece viene per intascare il gettone, o per allenarsi in vista di altro, magari ricorrendo al ritiro premeditato, allora possiamo farne a meno. Un big col braccino non fa bene a nessuno. Men che meno al Giro, che anziché beneficiare di cotanto blasone viene brutalmente sfregiato e umiliato.
Detto questo, chiariti i patti, sto cominciando a chiedermi se l’euforia per la prestigiosa iscrizione non debba anche lasciare il posto a un ragionamento magari più fastidioso, però molto fondato. E cioè se l’arrivo di Froome, di per sé un colpo del secolo, non possa alla lunga rivelarsi anche un po’ un colpo di boomerang, cioè togliere anziché aggiungere.
Non la faccio lunga. Dico semplicemente che l’effetto Froome potrà certo fare da autentica calamita sugli avversari, perché comunque scatenerà la tentazione di vincere un Giro d’Italia straordinariamente vero e attendibile, sul percorso più duro del mondo contro il rivale più forte del mondo. Ma proprio per questo mi chiedo: quanti, dei campioni e delle squadre attuali, sentono ancora il fascino di certe sfide, quanti hanno il coraggio di mettersi in gioco fino in fondo, anche a costo di cocenti delusioni? Non siamo piuttosto in presenza di un gruppo molto calcolatore e molto ragioniere, che da anni pesa sul bilancino vantaggi e svantaggi di certe operazioni, il più delle volte scantonando le grane serie, a favore del traguardo facile e finto?
Lo chiedo senza avere una risposta. Ma mi sembra doveroso porcela, questa domanda. Non è una paranoia, è un timore giustificato. Dirò di più: da anni ormai si armano congiure - in senso buono - per battere Froome al Tour, peraltro senza grossi risultati. L’idea che proprio questa volta il despota possa arrivare in Francia un po’ spompato, comunque meno fresco e meno determinato per via del massacro rosa, proprio questo potrebbe essere il migliore stimolo per concentrarsi tutti quanti soltanto sul Tour, sperando sia la volta buona. Chi non è mai riuscito a battere un Froome intero può umanamente pensare di battere un mezzo Froome. In questo caso, che lui sia prima al Giro può fungere da vero sfollagente proprio sul Giro.
E allora aspettiamoci di tutto. Nelle prossime settimane, nei prossimi mesi invernali, sarà curioso il gioco dei sì e dei no. Del Giro e del Tour. Meglio: del Giro o del Tour, escludendo a priori che qualcuno scelga di fare come Froome, Giro e Tour. Penso per esempio a Nibali, che sente il tempo sfuggirgli di mano, e con esso tante possibilità di rivincere il Tour: mi giocherei almeno un mignolo che stavolta al Giro non ci sarà, nonostante meno cronometro, nonostante le tappe nella sua Sicilia, l’Etna e tutte quelle belle robine romantiche tanto care alla Zia Lacrima sul palco Rai. Ma lo stesso Dumoulin, parliamo dell’ultimo vincitore: davvero è così scontato che verrà ancora? L’idea di avere meno chilometri a crono (che gli hanno regalato la vittoria dell’anno scorso), l’idea di doversi poi sciroppare chilometri e chilometri di alta montagna, dallo Zoncolan al Colle delle Finestre, proprio queste idee mattonate potrebbero indurlo presto alla più umana delle conclusioni: chi me lo fa fare, good-bye Italy, ci vediamo un’altra volta.
Ecco, già l’ipotesi di un Giro con Froome, ma senza Nibali e Dumoulin, non è il massimo delle prospettive. Mamma, mi si è ristretto il sogno. Ma per fortuna siamo ancora ai preliminari. I cervelli sferragliano e presto enunceranno le loro decisioni. Al momento, Froome dominatore di un Giro svuotato, con tutto il battaglione dei rivali che lo aspetta dietro l’angolo del Tour, è e resta un semplice incubo. Lasciamolo lì, senza evocarlo in anticipo. Prendiamoci e teniamoci Froome, il nome certo. Il colpaccio. Conviene considerarlo ancora come calamita, non come sfollagente. Fino a prova contraria.
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