Editoriale
SCELTE ROSA. Non amo ripetere ciò che è stato già detto, in particolare da altri. Non mi piace riproporre il già detto ricorrendo ad una funzione veridittiva, ma se a ribadire un mio concetto è il sottoscritto, ebbene, faccio volentieri un’eccezione. In occasione della Vuelta avevo sottolineato come la corsa spagnola avesse un cast di prim’ordine (di questo se ne era occupato in verità più Cristiano Gatti), ma che nella sostanza l’organizzazione della «corsa rosa» non avesse nulla da invidiare e imparare dai colleghi ispanici: anzi. Questo concetto lo ribadisco con forza in una fase della stagione che è fondamentale, perché in queste settimane si stilano i programmi 2016. Si fanno scelte importanti e alla luce delle corse che sono state presentate - Giro e Tour - è bene che le squadre si ricordino di quanto accaduto. Intanto non tutti posso vincere la Grande Boucle e questa sarebbe già una buona ragione per virare verso l’Italia. Poi per chi mira alle olimpiadi di Rio avrebbe più senso correre il Giro per vincerlo e casomai affrontare il Tour in funzione Giochi Olimpici. Per non parlare di come le squadre e gli atleti vengono trattati nel Belpaese rispetto anche alla Francia (quest’anno molte sono state le squadre che si sono lamentate della sistemazione alberghiera) e alla Spagna, che quest’anno ha battuto tutti i record in materia di chilometri di trasferimento sostenuti in tre settimane. Ecco, se la Vuelta un record l’ha battuto, oltre alla sciatteria, è proprio sui trasferimenti. E questa è una buona ragione, il prossimo anno, per trasferirsi altrove.

UN UOMO GIUSTO. Claudio Corti getta la spugna o alza bandiera bianca. Scegliete voi l’immagine che più vi aggrada, l’immagine che può racchiudere il gesto del tecnico bergamasco. Una cosa è comunque certa: Corti ha deciso di non andare più avanti. E l’ha deciso e fatto come lui ci ha abituato in questi anni: senza isterismi. Senza piangersi addosso. Senza sparare contro il sistema.
Con lo stesso aplomb aveva accettato a gennaio il verdetto-mannaia di non essere stato selezionato per correre il Giro d’Italia. «Non è la morte di nessuno, se non corro il Giro correrò la Vuelta», disse con assoluta serenità, anche se a veder salire sulla sua testa le volute di fumo tanto sereno non doveva essere. Ora, però, una scelta più dura e dolorosa: sia da prendere che da comunicare. Fine delle trasmissioni. E perché? Senza tanti giri di parole è lo stesso Corti a renderlo noto tramite il suo ufficio stampa - la Vitesse di Maurizio e David Evangelista -: «A seguito dell’impossibilità manifestata dalla sua prima fonte di sostegno, il Ministero dello Sport Colombiano “Coldeportes”, di confermare il budget necessario alla prosecuzione dell’attività agonistica ai massimi livelli», si legge nella nota di commiato. In soldoni, lascia il ciclismo per mancanza di soldi. Un manager che non disponendo del budget necessario decide di non andare oltre ha davvero dell’incredibile. Corti decide di non prendere per i fondelli nessuno e toglie il disturbo. Ma prima, con assoluta trasparenza fa la cosa che meno avrebbe voluto fare con una correttezza che gli fa onore. Lui, Claudio Corti, forse non apprezzerà queste poche righe che ho deciso di scrivere e dedicargli, perché gli è naturale fare quello che ha fatto, ma io che da anni ne vedo di tutti i colori, so che quello che il tecnico di Curno ha fatto ha pochi riscontri nel gruppo. E con altrettanta lealtà lo saluto augurandomi che il suo sia soltanto un “pit stop” per un veloce cambio gomme. Il mio non vuole essere un pietoso pat-pat sulla spalla, e nemmeno un commiato strappalacrime. Ma il giusto riconoscimento ad un uomo giusto questo sì.

AUGURI. Tra qualche giorno ci saranno i tradizionali Oscar tuttoBICI. Non più a Verona, ma a Milano, la città nella quale tuttoBICI è nato nel maggio del 1995. Sono trascorsi la bellezza di vent’anni. Sono volati via come il gruppo fila via davanti agli occhi dei suoi tifosi. In un amen, eccoci qui. Di cose ne sono state fatte, e anche tante. Dalla carta siamo volati nell’era digitale e con essa nell’etere. Oggi tuttoBICI ha anche due fratelli, tuttobiciweb, che è il nostro orgoglio, ma anche tuttobicitech, l’ultimo nato che sta bruciando letteralmente le tappe.
Il 25 novembre prossimo, nelle sale del Principe di Savoia a Milano, in una cena esclusiva, consegneremo i nostri tradizionali riconoscimenti. Sono premi che vanno alla meglio gioventù del ciclismo italiano, all’eccellenza del nostro movimento. Iniziammo nel lontano ’95 con l’assegnazione di un solo Oscar, quello riservato alla categoria juniores, quella che io da sempre ho amato di più. Poi forse negli anni è anche diventata la categoria più problematica, perché ad un certo punto anche troppo esasperata, ma la crisi, in questi ultimi sette anni, ha riportato un po’ tutti con i piedi per terra e anche nel ciclismo minore si è tornati a ragionare più sul talento dei ragazzi che sui soldi da destinare loro. In ogni caso il 25 novembre vogliamo festeggiare i nostri primi 20 anni assieme al futuro del nostro movimento: da Aru a Moscon, passando per Elisa Longo Borghini. Un brindisi con chi nel ciclismo ha saputo eccellere, senza dimenticare però che le classifiche premiano sì i primi, ma che senza tutti gli altri non ci sarebbero graduatorie. Chi vi scrive è uno che da ragazzino di corse ne ha fatte tante e ha imparato a conoscere da vicino la fatica. Ma ho anche imparato che dietro ad ogni vincitore ci sono tanti sconfitti, che hanno contribuito ad esaltare le doti di chi è arrivato prima di loro. Per questo anche chi arriva nelle retrovie va rispettato. Se non altro perché un giorno potrebbe anche ricomparire in gruppo sotto altre vesti: magari come direttore. Auguri quindi a tutti quelli che hanno la forza di arrivare per primi. Ma auguri anche a tutti quelli che hanno la tenacia in ogni caso di arrivare.

Pier Augusto Stagi
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