Ci manca quasi tutto, per appassionarci al Giro d’Italia che partirà dall’Irlanda il 9 maggio. Ci manca la parzialità personale di un coinvolgimento meridionale del percorso nazionale, ci manca Nibali, non ci manca peraltro Contador, probabilmente ci manca più Rebellin di Gasparotto, non basterà a consolarci Petacchi, ci manca un senso che non sia quello iberico di Rodriguez e quello azteco di Quintana ed Uran.
Ci manca il gusto dell’attesa. O della sorpresa, do you remember Menchov? Non riusciamo a costruirla, difetto nostro per eccesso di declino, nel 2014, questa epifania sentimentale.
Ma nessuno ci manca, neppure Pantani, estrema unzione di un amore che non è stato riamato, quanto ci manca straordinariamente uno come Merckx, uno che lo ha vinto 5 volte: e l’ultimo, quaranta anni fa, nel ’74. Ed il suo ritorno dagli anni, un Eddy Merckx, all’orizzonte. Alla vigilia di ogni Giro d’Italia che abbia o abbia avuto o avrà dignità di questo nome.
«Tanto d’estate tornerà, come si augura mia madre tanto antica ormai che riaprano le finestre sbarrate del suo palazzo ancestrale sul Corso Lucilio di Sessa Aurunca, dove non abita invece più nessuno. Tanto d’estate tornerà, come l’estate. Così presto, di maggio, quando ricomincia il Giro un’altra volta e noi torneremo nella casa di campagna a Carano, e spazzeremo via con un soffio più lungo di un sospiro l’umido penetrante dell’inverno, quanto lungo, lungo quasi un anno. E ridaremo luce ed altri giorni insieme ai giornali stipati nei cassetti sicuri che parlano ancora tenacemente di Merckx. Quei giornali, in città, anche a Napoli, non possono abitarci, sai. Le città sanno di stagioni morte. Torneranno, d’estate, i giorni di Merckx, ogni estate. In quella camera da letto, all’ombra di un solo amore. I giornali rosa, rosa antico. Torneranno d’estate, lo sai, lo so...
Tornerai, ad ogni Giro di maggio che non correrai, perché sei stato la risposta ad ogni perché. Fin quando un bambino chiederà una prima bicicletta per andare lontano da sé. Tornerai, Merckx, senza canzoni amare, senza fine. Ad ogni Giro iniziato e finito sempre troppo spesso. Dall’altra parte dell’età, con te. “E la tua immagine sui muri delle case, come il glicine fioriva”. Rosa».
E se resistiamo ancora qui, intanto, a parlare in-vanamente di ruote senza motore ed in debito di cuore, è per Merckx e per quelli come lui.
(Il testo in corsivo è tratto da “Chiedimi chi era Merckx”, Gian Paolo Porreca, UltraLit edizioni, 2013)
Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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