C erto, siamo qui, su questa pagina, su questa rubrica, di mese in mese. Ma il Giro d' Italia non vive mica in noi solo di anno in anno. Siamo di quelli, come voi, che vanno in astinenza quando l’indomani di una domenica ultima di maggio vi accorgete che non c’è una tappa in più da seguire, o intuire. Quando un lunedì si sveglia più lunedì ancora. E che d’improvviso diventa sinistramente attuale quel congedo letterario di un De Zan d’antan, dopo la conclusione di un Giro a Milano, al Vigorelli. Sillabato, scandito quasi da cantante da night, Fred Bongusto o Bruno Martino, “arrivederci, cari amici, non a domani, ma chissà, se ci saremo, ad un altro anno”...
Siamo di quelli che per tre settimane tre hanno predisposto lo scacchiere degli impegni di lavoro e dei turni di guardia e di sala operatoria - Buona Sanità lo stesso, no problem, boys -, facendo salvi gli arrivi quantomeno in salita. Al di là del dovere giornalistico incombente.
E restiamo di quelli che un anno intero senza Giro ci vivono appunto a stento. Vivere desvivendo undici mesi, in attesa del nuovo Giro. “Next to me”, come dice un refrain di questi tempi, idealmente il Giro.
Non ci parliamo addosso di più, ma non abbiamo pudore a confessare ancora che ogni tanto le raccolte di un paio di vecchi Giri, “rosea” obvious, ce le andiamo a sfogliare, nelle stagioni morte. Rosa antico, ma sempre giovani Merckx e Gimondi. Eppure uno che sembrava sempre vecchio, anche da neofita, lo spagnolo Gandarias.
Non ci parliamo addosso più, ma oggi e per tanto tempo ancora ci sentiremo fortunati, noi del partito del Giro, perchè è arrivato a consolarci per il Resto del Tempo, come strenna inattesa, “Giro d' Italia - Fight for pink. Giro d’Italia 1909-2011. Storia e Statistiche”, a cura di Carmine Castellano, pag. 330, ed. RCS Sport, prezzo non indicato.
Un librone che non racconta, ma squaderna su grandi pagine la sacralità di una storia. Che non usa le parole effimere, ma affida la musica ai nomi, alle cifre: dal 1909 al 2011. Gli ordini di arrivo, le squadre partecipanti, le maglie di merito, i primi e gli ultimi. I numeri. E l’incredibile evoluzione dei tempi. Non solo nelle distanze e nei distacchi, ma nella sua umanità, corretta da guerre e dopoguerre, sul filo di fantasia di una bici da condurre avanti era la squadra degli Aspiranti, al Giro del ’14. E quella dei Diseredati, manco fosse un complesso musicale anni ’70, nel ’19. Ed una volta, ’57, la Francia nobile di Bobet avrebbe corso con il patrocinio del Velo Club Bustese...
È il Giro visto dal direttore di corsa, quello che Carmine Castellano è stato dal ’92 al 2005, dopo aver già collaborato sin dal ’76 con Vincenzo Torriani nella guida della corsa rosa. È il Giro nel nome del padre, e non del poeta, che si affida al suo immenso repertorio. Ed è strepitosamente bello, da solo.
Non c’è bisogno, lo vediamo, ed è incredibile, dell’imbonimento della Bella Scrittura.
Questa guida storica è un libro sacro. Vive di luce propria. Parlano a suon di chilometri e numeri romani, lasciando a noi il superfluo commento, Ganna, Girardengo, Oriani, Belloni Binda, Guerra. Parlano, lasciando a noi le immagini, Bartali Coppi Anquetil Nencini Adorni Gimondi Hinault Merckx.
Forse parla ancora, lui che unico ci ha lasciato il silenzio, e la sua dimissione dal Tempio, Pantani. “Next to me”.
Sport di destino, Castellano ne illumina anche le sventure: da Santiesteban a Fanticini, che non era un corridore, ma era Giro lo stesso, da Ravasio a Weylandt. Ne ricorda i bambini vittime innocenti di un entusiasmo mal predisposto dai grandi: come Giancarlo Manzi, che morì a Terracina, 1969, nel crollo della tribuna di arrivo. “Next to me”, il Giro. Sport di confronto e sfida, Castellano ci affida infine il riscontro delle scorrettezze romantiche in volata e delle nefandezze squallide in farmacia. Noi gli siamo grati infinitamente anche per questo. Per la lezione, trasmessa con una paterna sobrietà, del non dimenticare equamente nulla. “Next to me”. Da Gerben Karstens ad Eugeni Berzin, molto diversamente squalificati, al Giro. Questo Giro d’Italia in tutte le stagioni, come il buon giorno o la buona notte di una persona cara, next to me.
Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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