Editoriale
ARIDATECE COLLINELLI. Qualcosa è successo a Faenza, il 19 novembre scorso. Se il 5 ottobre del 2010 Ettore Torri, il capo della Procura Antidoping del Coni, era balzato agli onori delle cronache per aver detto a chiare lettere che «i ciclisti sono tutti dopati», a Faenza il magistrato romano ha rivisto la sua posizione ammettendo davanti ad una foltissima platea che «il ciclismo oggi è da prendere ad esempio». Musica per le nostre orecchie. Musica per tutti gli astanti. In verità parole dolci e soavi sono fuoriuscite anche dalle labbra morbide e gentili di Francesca Rossi, membro Wada, che ha chiaramente detto che «nel ciclismo si riescono a fare test antidoping d’avanguardia che in nessun’altra disciplina è possibile solo proporre». Insomma, parole lievi che hanno avuto l’effetto benefico e salvifico per uno sport che da anni vive solo di scandali e tormenti.
E dire che eravamo proprio messi male. Da decenni descritti come sport di drogati, da almeno un anno malvisti anche dal papà dello sport italiano: Gianni Petrucci, presidente del Coni. A dire il vero Petrucci, questa primavera ci aveva letteralmente tritato: «Questo sport non vuole assolutamente cambiare...», aveva tuonato. Il perché di quelle sue parole è presto detto: il numero uno dello sport italiano si aspettava dal nostro presidente Di Rocco una presa di posizione sul caso Rebellin e dal corridore veneto una presa di coscienza. Né l’uno né l’altro hanno saputo accontentare il presidentissimo. Petrucci tuona, Di Rocco corre ai ripari convocando in fretta e furia “gli stati generali” in assoluto stato confusionale. Il risultato? Leggi retroattive che puniscono chi in passato ha avuto pene superiori a sei mesi: per loro niente maglia azzurra e niente tricolori. Il ciclismo è KO. La credibilità ridotta a quella di un borseggiatore della stazione Centrale. Poi ecco l’idea dell’Accpi (il sindacato dei corridori): organizzare qualcosa che possa servire al ciclismo a rialzare la testa. Ecco l’Aimec (l’Associazione dei medici del ciclismo) che si rende disponibile. Ecco Amedeo Colombo e Federico Scaglia che assieme a Roberto Corsetti organizzano l’incontro di Faenza: tutte le componenti attorno ad un tavolo per parlare, per parlarsi. È una vera novità. È soprattutto la prima volta. Di Rocco lascia il ciclismo in una discarica, Corsetti e Scaglia lo riportano nel salotto buono dello sport italiano. Tutto questo lontano dagli occhi di Di Rocco e del prode Simonetto: sì, sempre lui... Uffa che barba, che barba che noia, direte voi. Posso capirvi e comprendo il disagio: è lo stesso che provo io. Però è difficile ignorare quello che non è propriamente un dettaglio in tutta questa vicenda. Presente a denti stretti al convegno dell’Aimec, Simonetto si eclissa poco prima dell’inizio della tavola rotonda sui dieci anni di lotta al doping. Roberti dice che il vero problema del doping è tra gli amatori e nelle categorie giovanili: Simonetto non c’è. Torri riconosce che il ciclismo ha fatto molto in questi anni: il responsabile sanitario della Federciclismo nonché componente della Commissione di Vigilanza del ministero della Salute, non si fa vedere. Ma ancor più pesante è l’assenza di Renato Di Rocco. I motivi? A noi sconosciuti. Problemi con i medici del ciclismo o con l’associazione corridori professionisti? Non ci è dato sapere. Di Rocco tace. Noi non capiamo e ci domandiamo: perché il presidente dovrebbe avere qualcosa contro la categoria dei medici delle squadre professionistiche e dilettantistiche o con l’associazione dei corridori che, peraltro, ci sembra non annoverino tra i propri associati personaggi scomodi (se sa, dica e faccia nomi e cognomi)? Perché tanto rancore se poi lo stesso Di Rocco non sembra preoccuparsi di chi allena corridori azzurri pur avendo nel proprio passato una squalifica di due anni (poi condonata a uno) e percepisce un contributo sostanzioso messo a disposizione dalla Federciclismo? Insomma, o la linea Collinelli - per noi semplicemente ingiusta e iniqua - vale per tutti, oppure aridatece Collinelli.

DUECENTO! È tempo di feste e di ricorrenze. Per noi di tuttoBICI, che di feste ne organizziamo da qualche anno e il nostro Natale l’abbiamo celebrato il 10 novembre scorso alla Gran Guardia di Verona grazie al fondamentale aiuto di Silvano, Paolo e Fabio Rodella, senza i quali non riusciremmo a fare ciò che facciamo, questo mese celebriamo anche una importante ricorrenza: i nostri primi 200 numeri. tuttoBICI raggiunge con dicembre la considerevole cifra dei 200 numeri, usciti in questi diciassette anni, dal quel lontano maggio 1995. Quindi tanti auguri a noi, per i nostri primi 200 numeri. Tanti auguri a voi di Buon Natale e di un Felice Anno prosperoso ma soprattutto sereno. Tanti auguri a voi tutti, per un buon anno di ciclismo: ricco e divertente. Un buon anno al nostro fianco e al fianco vostro, per altri 200 numeri e qualcosa di più. E soprattutto speriamo per qualcosa di meglio e di diverso.

Pier Augusto Stagi
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