Editoriale
TUTTO NORMALE. Voglio Paolo Dal Lago presidente della Liquigas e della Federazione Ciclistica Italiana. Mi andrebbe benone anche Emanuele Galbusera. Sì, lo voglio fortemente. Penso che Dal Lago o Galbusera siano le persone giuste al posto giusto. Non me ne voglia il presidente Renato Di Rocco, ma a ben vedere anche lui potrebbe mantenere la sua carica di Presidentissimo ed essere cooptato alla guida di Liquigas o Lampre. Sì, ora che ci penso bene potrebbe continuare a fare il presidente della Federciclismo e andare ad occupare anche il posto di presidente di uno dei due team più forti del mondo. Se il presidente della compagnia di Olio e Gas Itera Igor Makarov, nonché principale sponsor dell’intero progetto di sviluppo del ciclismo russo che prende il nome di Katusha, può fare il Presidente della federazione di ciclismo russa senza alcun problema e senza il minimo imbarazzo (sarà divertente quando dovrà giudicare un corridore Katusha con passaporto biologico non in ordine), perché io non posso sperare di vedere un giorno Dal Lago o Galbusera a capo della Federciclismo, per non dire Di Rocco sulla tolda di comando di uno di questi due team? Pat McQuaid, il grande burattinaio del ciclismo mondiale, penso che non avrebbe nulla da eccepire, proprio come per Makarov: tanto per lui è normale avere un figlio che fa il procuratore di ciclisti ed è altrettanto normale prendere donazioni da un corridore in attività.

UN SOSPETTO IN PIU’. Franco Pellizotti resta fermo in attesa di giudizio. È bloccato «sulla fiducia» dal maggio scorso, per un reato tutto ancora da dimostrare, visto e considerato che l’udienza al Tribunale Nazionale dell’Antidoping (TNA) è stato spostata dal 15 settembre al 21 ottobre. Che io non sia assolutamente d’accordo sui metodi adottati è noto. Sostengo «il passaporto biologico», che ritengo strumento utile e indispensabile per la lotta al doping, ma resto convinto che non possa essere un mezzo per condannare un corridore, ma uno strumento induttivo per scovare i bari. Detto questo, passo ad altro. Su Cycling Pro ho letto un dettagliato articolo a firma Marco Bonarrigo sul caso Pellizotti & C. Non entro nel merito del servizio, ricco di considerazioni e tabelle, curve e oscillazioni, ma ne riporto fedelmente un passo: «Ogni due o tre settimane, un gruppo di nove esperti nominati dall’Uci (ematologi, endocrinologi, medici…) viene avvertito via mail dell’inserimento di nuovi profili sospetti o dell’aggiornamento dei dati di vecchi profili già sotto osservazione. Gli esperti entrano nel sistema utilizzando una serie di password e un software specifico, esaminano i profili e i singoli controlli e inviano delle note all’Uci, in base alle quali l’ente che governa il ciclismo mondiale decide come procedere». Insomma l’Uci, o meglio qualcuno delegato dal governo mondiale della bicicletta, ha il compito di tenere monitorati tutti gli esami e quelli sospetti, inviarli alla commissione dei «nove saggi». Trovo che tale procedura sia a dir poco aberrante. Chi controlla chi? Un vero e autentico conflitto d’interessi in perfetto stile Uci. Da anni invochiamo un organo superpartes, che garantisca trasparenza, eticità e uguaglianza. Non chiedo molto, ma che almeno i «nove saggi» abbiano la possibilità di controllare liberamente tutti gli esami, a campione. Invece niente, quello che noi sospettiamo da tempo è avvalorato da quanto ha scritto Bonarrigo: qualcuno dell’Uci, a propria discrezione, invia i passaporti biologici sospetti. Ma come possiamo essere sicuri che non ci siano figli e figliastri, che non si faccia un uso «politico» dell’antidoping? Da tempo noi abbiamo sospetti, da oggi uno in più.

CAVALCA L’HONDA. Tutto felice e soddisfatto, Davide Boifava appare sulle pagine della Gazzetta dello Sport con la “sua” bicicletta elettrica. Scriviamo “sua” tra virgolette perché di fatto la Podium non fa nulla, se non assemblare un motorino che è in commercio da tempo sul mercato mondiale. Mostra la “sua” bicicletta che va anche a 90 all’ora e sul sito Gazzetta.it il noto costruttore di Calcinato spiega che con questa bici non si fa fatica e si può andare anche a 90 all’ora, alla faccia della sicurezza e di un ciclismo che è ormai al collasso. Siamo al delirio: dal borraccino chimico, al borraccino elettrico. «Tra poco ci saranno sul mercato motori molto più potenti e leggeri, che oggi sono nascosti nei portaborraccia, domani chissà…», assicura soddisfatto e garrulo Boifava. Così, dopo aver navigato nel ciclismo degli anni Novanta - quello dell’epo -, con assoluta disinvoltura, si appresta a cavalcare l’Honda, intesa come moto. Visto che ultimamente del ciclismo gli interessa poco, spera d’ora in poi di fare concorrenza alla Piaggio. Un vero genio. Un genio che da anni non prende più parte alla fiera di Milano - quella del Motociclo -, perché «non ha senso presentare le biciclette assieme alle moto». Che dire di più?

Pier Augusto Stagi
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