Editoriale
LA LEGA SLEGATA. La data limite era il 16 luglio. Il Coni aveva chiesto che entro quel giorno fosse reso noto il nome del presidente della nuova Lega del Ciclismo professionistico (si era fatto nientemeno quello del Ministro degli Interni Roberto Maroni) e quant’altro. Tante riunioni, tanti incontri, qualche lettera anche congiunta (organizzatori, corridori, direttori sportivi e team) e nessuna risposta. Silenzio più totale. La Lega resta un mistero. Il presidente federale Renato Di Rocco l’aveva promessa in fase di campagna elettorale. Poi si è limitato a dire: fatela. Non l’hanno fatta. Per lui, forse, la questione a questo punto è anche definitivamente chiusa.

REGOLE MANCANTI. È la Maratona di New York di chi pedala, con la differenza che invece di avere attorno degli imponenti grattacieli, hanno il cielo e l’imponenza delle Dolomiti: e scusate se è poco. Pordoi, Giau, Falzarego: è la Maratona delle Dolomiti, che si è corsa il 4 luglio scorso. Novemila partecipanti, anche se le richieste erano più di 25 mila. L’idea di Michil Costa, custode della cultura ladina, è diventata una fantastica realtà e oggi a tutti gli effetti è considerata la Maratona più famosa e importante del mondo. Rappresentate 31 nazioni e non mancano i corridori eccellenti, quelli che fanno del lavoro la loro eccellenza. Allora ecco al via Rodolfo De Benedetti, il signor Cir, Vittorio Colao, il signor Vodafone, Paolo Garimberti, il signor Rai, Antonio Marano e Gian Franco Comanducci che della Rai sono i signor vice, James Murdoch, il figlio del signor Sky e via via tanti altri. Una festa del ciclismo in un paradiso per il ciclismo. Vince tal Michele Maccanti, 31enne di Migliaro (Ferrara), ex professionista che riusciva a finire le gare (due anni con la Lpr e una vittoria: Giro del Mendrisiotto), risultato positivo alla famigerata eritropoietina ad un controllo eseguito dalla CVD, la commissione di vigilanza per la legge antidoping (376/2000), prima di questa gara e precisamente ai campionati mondiali a cronometro disputati il 15 maggio scorso ad Occhiobello. Per la serie: come rovinare una festa. Maccanti sulle Dolomiti; mancanti di regole.

EVVIVA, C’È LA CRISI. Bisogna tagliare, risparmiare, ridistribuire, ottimizzare, centralizzare: bene, in questo scenario tracciato dal Ministro Tremonti, dove la crisi è sempre più crisi e la necessità di risparmiare e ottimizzare è una priorità assoluta, c’è chi pensa di moltiplicare pani e pesci. In verità la moltiplicazione dei pani e dei pesci sarebbe anche ben accetta, non accettabile è la moltiplicazione dei costi, della burocrazia, dei controllori senza controllanti. Mi spiego. Da tempo sentiamo parlare di progetti, decreti, intenti politici volti a creare e legittimare nuovi laboratori antidoping regionali. In Italia, come tutti sappiamo, ce n’è già uno: quello di Roma accreditato dalla WADA. Ma sembra che la CVD (Commissione Vigilanza Doping), vedi ultima relazione al Parlamento del Marzo 2010 per l’anno 2008 (e il 2009?), sia molto interessata a creare nuovi “monumenti regionali” dell’antidoping. Non solo, già che ci sono hanno in mente anche di creare un nuovo «Passaporto Biologico degli Sportivi». Domanda: chi gestirà questi nuovi passaporti? Dove saranno effettuati gli esami? A fronte di quali garanzie? Chi si farà carico delle spese? Noi che ci battiamo da tempo per organi «super partes» che gestiscano l’intricata materia dell’antidoping, fatichiamo a capire il perché di questa sovrapposizione di competenze (in verità lo capiamo benissimo: l’antidoping è ormai un business ghiottissimo). Quindi, la CVD vuole aggiungere alla confusione altra confusione. Per fortuna non riesce a spiegare come fare a creare tutto questo visto che il Governo è impegnato in tagli radicali. La vera fortuna è che c’è la crisi. In verità c’è anche una legge del 26 novembre 2007, numero 230 che parla chiaro: in pratica lo Stato italiano recepisce la normativa comunitaria in materia e i laboratori Antidoping sono solo quelli riconosciuti dalla WADA rispondenti a specifici standard internazionali. C’è una legge, c’è la crisi, ci sono i tagli: forse siamo salvi.

SEDUTI IN POLTRONA. Vicenda Luca Paolini, Danilo Di Luca, Davide Rebellin. Inchiesta di Padova, Brescia e Mantova; Lampre, farmacista vicino alla Lampre e a tanti altri. Ballan fermato, Santambrogio anche, poi riabilitati entrambi, in attesa di sapere se si sono sbagliati prima o se si sono sbagliati dopo: a fermarli o a rimetterli in sella. Questione Pellizotti, ancora lì, ferma sul tavolo del capo della Procura del Coni Ettore Torri, al momento di scrivere in ferie pedalate (come fa sapere il sempre bene informato Eugenio Capodacqua). Petacchi avvisato, Bernucci fermato. Tante inchieste, tanti titoli, tanti strilli, poche conclusioni, soprattutto poca chiarezza. Tanto non c’è fretta: noi, loro, tutti, tranquillamente aspettiamo fiduciosi seduti in poltrona.

Pier Augusto Stagi
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